1.
Capitolo. La
situazione precipita.
Si sa che le
disgrazie non vengono mai da sole ma sempre in compagnia: una di seguito
all’altra.
Il ripetuto
trillo del telefono sveglia Presidente all’alba.
A lui l’alba non
è mai piaciuta i colori sono tenui e il cielo è freddo anche d’estate.
A lui piace il
tramonto, quando il sole saluta con tutte le sfumature del rosso la terra.
L’alba lo rende
poi particolarmente nervoso specie se è svegliato mentre è immerso nei suoi
sogni di gloria.
La sua mano si
abbatte pesantemente, ancora intorpidita dal sonno, su quello squillare
fastidioso e lo fa zittire.
"Presidente”
esclama dall'altro capo del filo il Giovanni “xe successo un fato
gravissimo: quattro persone xe all'ospeal con strane mace sul corpo e con febre
alta.”
E’ stato Paolo,
quello che fa il portantino in ospedale, a comunicarlo.
Sembra che i
medici ritengano le mosche la causa della malattia.
I ricoverati
provengono tutti dalla zona sud della città, nella prima periferia. Lì dicono
vi siano alcuni vecchi allevamenti di suini.
“Ghe xe
pericolo, Presidente, xe già arrivada la stampa!"avvisa preoccupato
Filisteo.
Presidente in cuor suo si aspettava quella notizia
anche se con tutte le forze del ragionamento ha sempre cerca di esorcizzarla.
“No xe possibile che quei quatro inseti posa recar
dano!” si ripete “ xe quei che vol trovar sempre da lamentarse, che mena
gramo!”
Al telefono resta zitto.
"Cosa se
fa?" chiede Giovanni, scosso fortemente dalla notizia e, soprattutto,
preoccupato che il male, qualunque ne sia la causa, possa diffondersi
rapidamente.
"Sta
calmo, non ghe xe da preocuparse" risponde pacatamente Presidente e
dopo qualche altra frase di cortesia volta a tranquillizzarlo, mette giù la
cornetta.
Ci vuole un po'
di tempo prima che Presidente abbia modo di mettere a fuoco la notizia e di
rendersi conto della situazione.
In un primo
momento è quasi contento di quella catastrofe: pensa, infatti, al bel discorso
che avrebbe potuto fare contro quelli che non sono in grado di risolvere i
problemi.
Un bello
sproloquio di critiche e di improperi a chi, dal banco del governo, non è in
grado di fronteggiare le situazioni.
Un sollecito
accorato a fare qualcosa, a muoversi, per concludere con una generosa offerta
del suo contributo personale e dell'organizzazione per risolvere il problema.
Al massimo può
fare un'autocritica, ma non gli sembra, in quel momento e con quei precedenti,
la mossa giusta.
Gli altri, quelli
che siedono nei banchi dell'opposizione, come avrebbero reagito? Sicuramente
l'avrebbero attaccato duramente. Avrebbero messo in discussione il suo
programma di azione.
Rischia che
qualcuno della stessa Organizzazione metta in opera la sua stessa tecnica di
attacco per indurlo alle dimissioni dalla Presidenza. Forse uno dei consiglieri
di maggioranza aspira al suo posto e può utilizzare la notizia per cercare di
affossarlo.
Le masse, quelli
che credono in lui, nel suo operato, nella sua capacità di gestione, quelli che
sono sempre accorsi ad ogni mobilitazione da lui promossa, invece, come si
sarebbero comportati?
Certo sarebbe
riuscito a convincerli, ma non per molto.
Presidente si
rende conto che la situazione è seria, indubbiamente molto grave tale da
compromettere anni di lavoro che l’hanno finalmente portato alla vetta del
potere.
Deve
assolutamente inventare qualcosa ed in fretta. Altrimenti avrebbe dovuto
rinunciare, subito dopo averla assaporata, a quella sensazione inebriante che
gli dà il potere, a quella sua tanto desiderata carica di presidente.
Vede chiaramente che il malcontento provocato dalla
infezione può essere usato contro di lui, con la stessa logica con la quale
lui, anche lui, ha gestito nella prima fase l'affare delle mosche.
Tuttavia si
riprende subito da quella momentanea incertezza: l'abitudine al ragio-namento
secondo le logiche degli indottrinamenti avuti negli anni di formazione nell'Or-ganizzazione
ha il sopravvento e lo riporta subito all'impostazione del problema nella
maniera più corretta.
Qui se c'è
qualcosa che non va, è chiaro che non è solo lui che va a pallino, ma anche la
stessa Organizzazione può essere coinvolta: e ciò non può assolutamente
accadere.
Occorre dunque
serrare i ranghi, chiamare tutti a raccolta per elaborare una strategia comune
che possa contrastare lo smacco della infezione.
Qualcuno può pensare di convocare una riunione di
tecnici, di medici, professoroni espertissimi nell'arte di Ippocrate, no:
assolutamente questo a Presidente non frulla nemmeno nel cervello, perché
equivale ad una ammissione indiretta di sconfitta.
Non bisogna mai
affidare incarichi a terzi che possono indagare su fatti che mettano a nudo le
nostre responsabilità, senza una necessaria mediazione da parte degli amici.
Solo gli
accoliti possono mettere le cose nella giusta prospettiva ed indirizzarle verso
la migliore soluzione.
Bisogna
accelerare il programma, pronto da tempo per combattere finalmente le mosche,
dedicando ad esso tutte le risorse disponibili, magari convincendo qualche
boiardo ad aspettare l’ulteriore incarico e l’ennesima promozione.
E’ necessario,
inoltre, trovare un responsabile del peggioramento della situazione che non può
di certo imputarsi a lui e alla sua gestione.
Bisogna gestire
quell’aggravamento della situazione di modo che Presidente ne ricavi un
ulteriore prestigio per avere risolto una questione sempre più delicata.
Creare il
problema e poi attribuirsi il merito di averlo risolto: è questa la soluzione
più indicata.
“Come no
averghe pensà prima!” esclama Presidente che ha subito ritrovato, dopo un
breve momento di panico, la grinta di sempre.
2.
Capitolo. I
clientes.
Sono accorsi tutti gli esponenti periferici
dell’Organizzazione.
Gli infaticabili animatori della grandiosa
mobilitazione, gli artefici della straordinaria vittoria di Presidente hanno
mantenuto la loro grinta e la loro aggressività.
I clientes hanno ancora fiducia nelle sue idee
e nelle sue promesse nonostante la situazione sia del tutto identica alla
precedente gestione.
Pare impossibile, nulla è cambiato ma tutti i
sostenitori dell’Organizzazione ancora credono in tutto quello che Presidente
afferma.
Non sottopongono le loro meningi ad alcuno sforzo
critico, rinunciano a vagliare criticamente i fatti, si fidano ciecamente nella
validità di ogni direttiva del loro leader.
Forse credono perché non hanno altra possi-bilità.
Il loro lavoro, la loro carriera, la loro posizione
sociale e tutto il loro futuro sono intimamente uniti alle sua sorte. Se lui
crolla per loro è il disastro più completo.
Non vogliono neppure pensare che ciò possa accadere.
Antonio ha avuto un impiego in Comune, grazie al suo aiuto;
deve esimersi dal portargli il suo sostegno quando il suo capo lo chiede?
Paolo ha avuto una lettera di raccomandazione per
ottenere dopo due anni la pensione di invalidità, per via di una semplice
artrosi alla caviglia che non lo disturba minimamente; non deve essere
riconoscente?
Enrico ha un figlio disoccupato da due anni ed è
nell’attesa di un lavoro che Presidente gli ha assicurato e che si può
materializzare in breve tempo; non deve fare vedere che è in prima linea?
Francesco deve avere una consulenza; Riccardo vuole
diventare boiardo.
Non sono più abituati ad essere artefici del loro
destino, non distinguono più quelli che sono i loro diritti e quelli che sono i
loro doveri.
Si sono adagiati ad aspettare che qualcuno dell’alto
risolva nel modo più facile i loro problemi.
Senza sbattersi molto, senza impegnarsi pos-sono
soddisfare tranquillamente i loro bisogni economici, basta solo sostenere Presidente.
Hanno la speranza di ottenere qualche beneficio o
qualche privilegio. Tutti quelli che sono lì hanno delle aspirazioni latenti ma
non hanno l’orgoglio di realizzarle da soli perché sono stati oramai abituati a
ricorrere ad un interme-diario.
Presidente è il garante che quella speranza può
concretizzarsi. Lui è pronto a sostenerla natural-mente solo per gli attivisti
dell’Organizzazione.
E’ così che è diventato il genio benefico che
esaudisce tutti i desideri.
La logica non è un elemento indispensabile dei loro
ragionamenti, il sillogismo è un procedimento intellettuale del tutto
sconosciuto, non analizzano mai se le promesse si basano su fatti attendibili o
se sono solo parole al vento di quegli oratori inarrestabili.
Seguono solo gli slogan rinunciando ad
utilizzare la propria testa per riflettere e per assumersi qualche
responsabilità in più.
Vogliono abbattere nemici virtuali che rappresentano
una società ingiusta per costruirne una nuova, così come disegnata dai discorsi
di Presidente.
Non capiscono che solo pochi capipopolo possono
ottenere cambiamenti sostanziali nella loro posizione sociale.
Loro avrebbero in ogni modo arraffato una briciola di
favori. Quel poco, peraltro importante per il loro piccolo quotidiano,
giustifica gli enormi privilegi che consentono di mantenere col loro consenso
alla casta dei boiardi?
Non pensano che molti altri devono pagare a prezzo
pieno e con gli interessi il fatto che le leve del comando siano in mano ad una
classe dirigente incompetente.
Solo una palese sconfitta indiscussa, definitiva,
perentoria, globale forse può scuoterli, farli ragionare e determinarli a
mutare parere perché ormai l’Organizzazione li ha completamente plagiati.
Non vogliono che la gestione passi ad una classe di
persone competenti, forse perché sono abituati alla presenza di persone
supponenti che da sempre li intortano con mille discorsi privi di senso.
Sono certi di essere nel giusto che nessuno possa
guidarli se non Presidente e l’Organiz-zazione.
E’ necessaria una maggiore autocritica, ma è solo una
ristretta minoranza quella che ritiene siano necessario cambiare radicalmente.
Per la maggioranza l’Organizzazione è nel giusto.
Se ha espresso una linea di intervento nella lotta
alle mosche bisogna seguirla senza discutere.
Presidente li conosce bene i suoi polli, sa come la
pensano, sa come condurli per mano verso nuovi obiettivi.
Può con un po’ d’impegno portarli a conclu-sioni
opposte di quanto ha affermato fino ad un minuto prima.
I fondi che si è procurato attraverso l’affare gli
consentono ora di essere più potente nei confronti dei rappresentanti
periferici.
Il denaro può aiutare nell’opera di proselitismo,
finanziare i vari capipopolo, offrire delle gran cene di lavoro, fornire mezzi
per fare propaganda, per favorire la mobilitazione o il trasporto di attivisti
per la partecipazione a cortei, per sponsorizzare convegni, dibattiti,
finanziare studi da presentare nella sala grande, chiamando a raccolta amici
che avrebbero dato il giusto riconoscimento e la giusta diffusione ad ogni
iniziativa.
In più ha già
sistemato, per l’autorità che gli deriva dalla presidenza, gli attivisti più
rappresentativi.
Il Consorzio,
con l’avvento di Presidente, ha aumentato la sua struttura.
Gli organi di
gestione sono raddoppiati in quanto il consiglio è affiancato da una com-missione
nella quale trovano posto quasi tutti gli altri rappresentanti dell’Assemblea.
I dirigenti sono
triplicati.
E’ stato
semplicissimo; è bastato frazionare i servizi e porre a capo un dirigente per
ogni servizio.
In tal modo Presidente
ha potuto agevolmente assumere alcuni esponenti dell’Organizzazione che, in tal
modo, consolidano il controllo sull’ente.
Spezzettando le
mansioni è stato necessario triplicare il personale con gran soddisfazione di
tutti i dipendenti.
Il budget
non è un problema perché all’assem-blea che delibera i finanziamenti per il
Consorzio partecipa un buon numero di amici di Politicante e con l’appoggio del
Pattona è un gioco da ragazzi fare approvare il bilancio.
I buchi possono
essere coperti per un po’ di tempo con le risorse accumulate negli anni poi
qualcuno ci penserà.
“ Chi poderà
meter su la strada tuti qui che go asunto?” una ipotesi al di fuori del
buon senso per il nostro presidente.
Il non avere
ottenuto dei risultati concreti non lo preoccupa minimamente, poiché lui sa di
potere contare sul consenso dell’Organizzazione.
La linea seguita
dai dirigenti dell’Organiz-zazione è un atto di fede che non ammette alcuna
verifica.
I dirigenti sono
per definizione rappresentanti di tutti gli aderenti.
Con questa
delega di potere, se a livello periferico l’Organizzazione raccoglie capillar-mente
il consenso sul programma da seguire, chi può mettere in discussione una linea
di comportamento che ha contribuito a formare?
Di fatto, se i
vari aderenti ed attivisti dell’Or-ganizzazione avessero pensato un solo
istante, si sarebbero resi conto dell’equivoco insito nel ragionamento, poiché
essi non contribuiscono a determinare alcunché.
Non fanno altro
che ratificare decisioni già prese dalle oligarchie che reggono l’Organiz-zazione.
L’abilità di
quelle oligarchie sta proprio nel far credere che le loro decisioni sono le
aspirazioni, i bisogni, le necessità degli iscritti che contri-buiscono a
determinarle.
In realtà,
invece, tutto è deciso prima in ragione delle opportunità che il Comitato
dell’Organiz-zazione ha deliberato.
L’impressione
degli iscritti è quella di contare nelle decisioni da prendere anche se come
una buona madre, i dirigenti correggono, modificano i primi passi dei loro
bimbi; magari li sostengono sorreggendo il peso del corpo instabile sulle
gambe, ma il fanciullino crede di camminare autonomamente e con un sorriso
devoto compensa di tutto la buona madre.
Se l’invasione
delle mosche non è diminuita si può sempre tirare per le lunghe, fare
intravedere con statistiche alla mano che la presenza degli odiati insetti è
calata di un buona percentuale e che i risultati sarebbero arrivati.
Ci vuole
pazienza.
Si sono
verificati fatti eccezionali come il caldo e l’afa.
Adesso la
situazione sta veramente precipi-tando con fatti che non si possono più
commentare perché la malattia incute paura anche ai sostenitori più fanatici.
Se poi al
contagio e alla malattia può seguire la morte lo spauracchio è troppo grosso.
Esso è tale da
costringere anche i cervelli più restii a funzionare, stimolati dall’istinto di
sopravvivenza.
I membri
dell’Organizzazione sono perplessi, disorientati e incapaci di avere quel
sangue freddo, quella presenza di spirito che consente loro - nei tempi
migliori - di avere sempre l’ultima parola.
Cominciano a
temere che la gente possa a cominciare a considerarli solo come un apparato,
una burocrazia asfissiante, pletorica, priva di significato che è tesa solo a
perpetuarsi e ad ingi-gantirsi.
Una burocrazia
che mira solo a conservare le cospicue rendite di posizione che derivano dalla
gestione degli enti e delle cariche pubbliche.
I dirigenti in
media guadagnano almeno dieci volte il salario di un lavoratore, oltre a tutte
le altre agevolazioni che derivano dalla loro posizione.
I grandi
amministratori, senza la copertura della Organizzazione, non sono capaci di
trovare un lavoro.
Non hanno alcuna
professionalità sanno gestire solo se vengono esentati da ogni responsabilità .
Non conoscono
lavori che richiedano una preparazione professionale o manageriale né hanno
voglia di impegnarsi in lavori umili alla loro portata abituati come sono a
emolumenti da gran dirigente.
7
3.
Capitolo. Alla ricerca
di una grande idea.
Gli amici di Presidente
vogliono inventare qualcosa di nuovo, qualcosa che ricrei la fiducia in loro e
rinnovi l’entusiasmo dei sostenitori.
Chi meglio di lui
può dare loro nuovo impulso e vigore, chi più di lui può convincere,
persuadere, blandire?
Chi più di lui
può trovare nuovi scopi, nuovi obiettivi da raggiungere?
Chi più di lui
può complicare le cose e intrecciare i fili di un inestricabile nodo gordiano,
per poi con una semplice riunione trovare la soluzione più semplice, più
lapalissiana che accontenti tutti dando ad ognuno ciò che si attende, mettendo
tutti d’accordo?
I presenti
aspettano con ansia l’entrata di Presidente, nella saletta delle riunioni
dell’Orga-nizzazione, parlottando tra loro con grande foga.
La tensione
accumulata con l’arrivo di quelle notizie disastrose sul contagio è giunta
ormai al livello di guardia.
Lui è
perfettamente conscio della gravità della situazione; la sua lunga esperienza
gli ha inse-gnato che, più grosse sono le difficoltà, più eclatante deve essere
il rimedio per avere un ritorno di consenso.
I voti di
preferenza sono la sua linfa vitale, ci vuole una idea geniale per
rinvigorirla.
L’antidoto deve
essere almeno di pari forza della minaccia che avanza.
La mobilitazione
ed i cortei ora non hanno ovviamente senso; le riunioni e le discussioni hanno,
fino a quel momento, risolto la situazione, ma la furia della gente sta per
scoppiare, non bastano le semplici chiacchiere a placarla.
Presidente deve
a tutti i costi trovare una soluzione nuova.
“Se tuta sta storia la ga inventada l'Organizzazion,”
pensa il miglior cervello dell’Organizzazione “contro chi se pol protestar?”
Lui stesso oramai è dentro al grande gioco del potere.
Presidente, per confermare il suo prestigio di leader,
deve fare quadrare il cerchio con una soluzione credibile.
Lui che è stato fino a ieri abituato ad inveire contro
tutte le scelte, senza avere presentato nessuna proposta concreta, si trova ora
a dovere risolvere i problemi; deve dimostrare a sé stesso e agli altri che ne
ha le capacità.
Effettivamente è entrato in tempi brevi in un ruolo
tradizionalmente diverso dal suo: dalla protesta è passato alla proposta in un
tempo così breve che non sa più che pesci pigliare.
Si trova come chi indossa un paio di scarpe nuove,
magari quelle alla moda, con una forma non del tutto modellabile al piede, che
deve ancora adattarsi ad esso. Chi infila le calzature per la prima volta si
sente impacciato, quasi a disagio, e non si ritrova più persino a fare la cosa
più semplice e naturale come camminare.
Accusare l’Opposizione che sta in minoranza è una
mossa poco credibile e priva di ogni giustificazione; le alleanze nella
gestione del potere si fanno e si disfano ma vanno rispettate le regole per
evitare una rissa continua nella gestione quotidiana.
Di certo non si
può fare una campagna contro le mosche.
Il noioso
insetto è purtroppo insensibile ai discorsi anche ai più velenosi, alle urla,
alle invettive e alle mobilitazioni generali.
Basta agire con il metodo, collaudato da sempre, del
capro espiatorio.
Bisogna trovare qualcuno su cui fare ricadere le colpe
dell’Organizzazione di modo che attraverso questa catarsi, effettuata su di un
soggetto che è estraneo ad essa, il gruppo dirigente possa riprendere il
controllo della situazione.
La strategia è quella giusta, basta solo adattarla
alla situazione contingente.
Presidente è talmente sicuro di riuscire a controllare
la situazione che non prova alcun senso di insicurezza, non vede alcun
possibile contrasto: pensa che in ogni caso il suo controllo
sull’Organizzazione sarebbe cresciuto.
4.
Capitolo. L’untore.
Presidente
rimugina questi pensieri alla ricerca di una strategia vincente, non ode quasi
il mormorio che via via aumenta nella sala.
Quando però lui
prende posto sulla sedia a capotavola, per dirigere i lavori della riunione,
come per incanto il silenzio cala di colpo nella sala.
Tutti attendono.
Non è il caso di
iniziare il discorso dicendo “No se sente volar una mosca” poiché le
mosche sono persino riuscite a penetrare nella sala ed il loro ronzare
contribuisce a rendere più agitati gli animi.
Mentre gli
uscieri sono impegnati ad eliminare la presenza molesta degli insetti anche le
mani dei consiglieri si muovono convulsamente nel tenta-tivo di scacciarli,
sembrano un segno esteriore del nervosismo crescente.
Nei loro volti
c’è un interrogativo angoscioso ”non gavemo sbaglia tuto” pensano.
La fiducia cieca nel potere carismatico del loro capo
impedisce che quelle idee, che frullano in testa, possano prendere la
consistenza di un progetto.
Esse si limitano
a rincorrersi fra gli anfratti del cervello; questi pensieri non fanno dormire
di notte, riappaiono ad ogni ora della giornata costringendo il loro cervello
ad ogni tipo di con-gettura per ipotizzare lo scenario più plausibile.
Il dubbio che
una loro proposta possa essere intesa come un tradimento nei confronti dell’Or-ganizzazione
li blocca.
Sarebbe stato,
infatti, un tradimento mettere in discussione i vertici dell’Organizzazione
poiché essi interpretando il sentire di tutti i membri sono nel giusto.
L’Organizzazione
dà solo certezze ai suoi adepti: affermare che possa sbagliare vuole dire
mettere in discussione la sua stessa capacità di guida, il carisma dei suoi
capi.
E’ sicuramente
la peggiore soluzione.
Presidente lo sa
benissimo e non si è quindi meravigliato quando i vertici massimi dell’Or-ganizzazione
gli hanno comunicato l’ultimo ordine: “Provvedi a risolver come ti credi el
problema, trova subito chi ga colpa”.
E’ della massima
urgenza trovare un colpevole da dare in pasto agli iscritti per non perdere il
loro consenso.
Si è
meravigliato invece del fatto che gli ordini non siano più precisi.
Qualcosa gli
dice che deve fare presto, egli ha il presentimento che, se non trovasse un
capro espiatorio in breve tempo, sarebbe stato immolato lui stesso sull’altare
sacrificale per il bene dell’Organizzazione.
Il testo
dell’ordine è, infatti, chiaro.
Lui solo ha il compito di individuare il colpevole e
quindi, se non lo trova, il responsabile è lui.
Il ragionamento
non fa una grinza.
Il problema, in
ogni caso, non gli sembra di difficile soluzione: si tratta solo di trovare una
persona, la più debole, su cui infierire.
L’unica cosa
importante è fare presto.
Non bisogna dare
adito a qualcuno dei vertici di pensare che Presidente non è efficiente.
Non si deve
neppure pensare che lui non sia all’altezza di risolvere il problema.
L’importante è
organizzare bene la caccia al responsabile e dare direttive precise ai delegati
periferici di modo che lo individuino.
Se un
responsabile fisicamente non c’è, come si fa ad individuare il bersaglio
dell’ira che cresce?
Qualcuno
dell’Organizzazione?
No, non è
possibile, perché sono loro che lo sostengono e non possono essere i
responsabili, anche se non è scartabile l’idea di colpirne uno, magari il più
debole, il meno protetto.
Oppure il popolo
stesso che non collabora a sufficienza?
Questa idea è
nettamente più brillante e sicuramente più logica.
Chi non
collabora è sempre un potenziale nemico.
Soprattutto se
segnala a tutti il pericolo del contagio favorendo il suo espandersi.
Ma come non
averci pensato prima!
Bisogna dare la
caccia a questi nemici invisibili, alleati delle mosche che nascondono i loro
nidi, aiutano la loro proliferazione, le proteggono.
Basta dare in
pasto alla popolazione furente questi veri nemici per conservare all’Orga-nizzazione
il suo ruolo per aumentare il suo prestigio.
L’Organizzazione
sarebbe stata la principale accusatrice di questi potenziali nemici.
Tutti i suoi
dirigenti periferici avrebbero col-laborato attivamente ad individuarli e a
consegnarli alla giustizia.
Bisogna identificare
l’untore che diffonde il proliferarsi degli insetti.
E’ sua la colpa
degli insuccessi nella battaglia contro le mosche.
5.
Capitolo. La
ricerca dell’untore.
Presidente è giustamente soddisfatto: ha ottenuto la
Presidenza del Consorzio impedendo col suo tergiversare che la precedente
ammini-strazione avesse degli effettivi risultati già da tempo, è riuscito a
costruire una macchina di potere sistemando i suoi collaboratori nei posti di
governo, ha la possibilità di concludere un’ope-razione che si preannunciava
svantaggiosa per non dire catastrofica.
La nuova strategia che ha identificato i criteri con
cui individuare il colpevole della situazione promette un sicuro successo.
Chi ha la maggiore possibilità di trovare i
propagatori del contagio se non gli stessi contagiati?
“Bisogna inventarse una granda campagna de
informazion!” suggerisce Presidente ai suoi fidi boiardi riuniti in
conclave.
L’idea è salutata con un’esplosione di applausi,
liberatoria della paura di dovere soccombere di fronte all’emergenza sanitaria.
“Attenzione all’untore.” Grandi cartelli invi-tano
tutti al controllo e alla ricerca degli individui sospetti.
L’opinione pubblica deve avere in pasto a tutti i
costi un colpevole come ricompensa delle soffe-renze patite.
L’importante è sapere che c’è un nemico: ora si tratta
solo di individuarlo, con un nome ed una faccia.
Ha scarsa rilevanza anche il fatto che l’untore non
sia stato subito trovato; tutti, infatti, lo stanno cercando ed il fenomeno non
è più un oscuro flagello senza spiegazioni.
L’ipotesi di questo nemico del popolo che attenta alla
salute di tutti è rassicurante poiché individua una possibile spiegazione del
fenomeno e consente di porlo sotto controllo dell’autorità.
Presidente ha così ottenuto il massimo consenso per
gestire l’operazione e risolvere il problema, consentendo a chi lo ha sostenuto
di ottenere un enorme vantaggio.
Lui si mette subito all’opera convocando delle squadre
di volontari.
Sono tutti amici e aderenti all’Organizzazione che si
prestano a fare da cassa di risonanza.
Barbino è in prima fila a cercare adepti e ad
infervorare gli animi di chi, oramai avvezzo ad ogni invenzione atta a
mistificare la realtà, non ha una grande fiducia in quest’ultima scoperta.
L’entusiasmo non è ancora obbligatorio per chi fa
parte dell’Organizzazione anche se a dimo-strarne poco si rischia di essere
emarginati.
Sono tutti pronti ad andare in giro per la città alla
ricerca dell’untore.
Non vogliono certo sostituirsi alle forze dell’ordine
della città ma, si sa, cento occhi vedono meglio di due e così su e giù per i
quartieri, alla ricerca di chi ha una faccia sospetta e può essere indiziato
per propagare il contagio.
Presidente guida personalmente le squadre, si fa
vedere dappertutto incurante delle mosche che continuano a ronzare imperterrite
per nulla disturbate dalla perlustrazione delle squadre.
Hanno consegnato alla polizia un paio di barboni che
sono stati trovati intenti a frugare nella spazzatura.
Il giornale locale ha dato una giusta rilevanza alla
notizia.
Il direttore fa parte dell’Organizzazione e non può
esimersi di mettere nel giusto rilievo le iniziative che, come in questo caso,
hanno subito dato i primi risultati.
La ricerca dell’untore è stata una delle idee più
geniali.
La formazione delle squadre e le iniziative da queste
messe in atto hanno consentito di allentare la tensione dovuta all’espandersi
delle infezioni.
Una pausa che ha dato modo all’Organiz-zazione di
disporre dei tempi necessari per porre un rimedio alle febbri stemperando l’iniziale
tensione.
I seguaci dell’Organizzazione hanno anche trovato la
possibilità di racimolare qualcosa prestando servizio nelle squadre.
Il volontario è più disponibile se è remunerato.
Non è detto poi che queste squadre non divengano a
servizio stabile della città.
Cosa può volere i più Presidente se non avviare
finalmente una soluzione dopo avere sistemato per bene alcuni amici dell’Orga-nizzazione?
6.
Capitolo. La
soluzione.
La soluzione è già pronta da tempo ma è necessario
dosarla nei tempi previsti per ottenere il massimo vantaggio.
Basta supportare l’azione meccanica dell’Eli-mina
Mosche con un insetticida confezionato con elementi naturali come il Moscfior.
La fabbricazione è iniziata da tempo.
La produzione è limitata e poco conosciuta.
Una campagna di informazione pilotata da Presidente ha
messo in guardia i consumatori dagli insetticidi con effetti tossici.
Stampa e televisione hanno continuato a mettente in
evidenza il pericolo.
“Per combattere il flagello delle mosche non usate
prodotti nocivi per l’ambiente” titolano.
Equiparando ad arte ogni tipo di insetticida si è
evitato che la calamità possa finire troppo alla svelta.
Pattona, che prevede l’evoluzione delle situa-zioni,
ha annusato le situazioni che gli possono portare degli utili. Lui ha già
l’esclusiva per la fabbricazione del prodotto naturale, non inqui-nante e
perfettamente compatibile con la tutela dell’ambiente.
Finalmente si sono verificati tutti i presupposti per
procedere ad una campagna d’appalto nelle condizioni più favorevoli.
La maggioranza è più salda.
Il rimedio non è stato contestato da nessuno.
Sotto il profilo finanziario, il budget è
illimitato perché la soluzione tanto desiderata adesso è lì a portata di mano
ed è noto che l’urgenza serve proprio per legittimare lo sforzo finanziario.
A Presidente non rimane che concordare con Pattona i
dettagli dell’operazione; essa deve essere faraonica.
Per avere successo l’Organizzazione non deve risolvere
i problemi con mezzi semplici con una spesa ridicola.
La soluzione sarebbe poco apprezzata.
Se il rimedio costa poco, se non c’è una mobilitazione
spropositata di persone e mezzi vuol dire che il problema è di facile soluzione
e tutti possono risolverlo con facilità.
Un dispiegamento di mezzi e di persone serve a dare il
segno dell’impegno profuso.
Potere disporre di somme ingenti di denari serve a
dare a tutti gli amici un segno tangibile di quello che la nuova coppia può
realizzare per loro.
“Tuto quelo che se deve far bisogna farlo spendendo
de più; bisogna trovar el nostro tornaconto.”
Questo è il motto di Presidente e su questi principi
sta creando la sua fortuna.
L’affare delle mosche deve ingigantirsi coinvolgendo
tutto e tutti.
La stampa e la televisione devono parlarne fino alla
nausea.
Le iniziative di Presidente devono essere sempre al
centro delle notizie.
Il Consorzio può così trovare l’occasione per
organizzare un’attività di informazione degli interventi da effettuare sul
territorio e un’attività di consulenza per ottenere il meglio di quello che il
mercato può offrire per risolvere il problema definitivamente.
Solo realizzando questo percorso completo in tutti i
suoi pur minimi dettagli Presidente può avere il giusto riconoscimento del suo
impegno.
Gli amici dell’Organizzazione possono trovare lavoro e
successo personale.
Con l’attività di informazione e di consulenza Presidente
sa di avere la possibilità di accon-tentare i consiglieri e i supporter
più importanti.
L’attività principale che comporta la solu-zione del
problema consente di realizzare l’affidamento dell’appalto per la realizzazione
degli strumenti per combattere il fenomeno: le palette e il Moscfior.
Lui e Pattona possono in tal modo, tra il consenso
generale, gestire la parte più interessante dell’operazione: l’appalto delle
palette e della produzione e distribuzione del Moscfior.
ft:1.0� BDa g `p' 0�) :.0001pt;text-indent:12.75pt;line-height:normal'>I suoi proventi
sono tutti documentati.
E’ vero, ingenti
somme derivano da consulenze un po’ dubbie.
Effettivamente
non si capisce perché siano stati dati così tanti denari per prestazioni di
così poco conto.
Ogni
prestazione, però, è stata regolarmente fatturata.
Come può un
abile investigatore non accorgersi che è stato fatturato il fumo, il niente,
che sono stati dati dei soldi veri per delle bufale?
Fare i controlli
di sostanza è però difficile.
Ci vuole gente
preparata che magari è stata ri-mossa tanto tempo prima perché non possa dare
troppo fastidio.
E’ più facile
controllare i timbri, che siano stati messi tutti i visti necessari che la
fattura sia stata regolarmente annotata.
Verificare che
si è fatturato il nulla è più complicato, seguire il percorso tortuoso del
denaro è difficile e poi ci sono i cavilli procedurali.
La strada del
giusto è irta di difficoltà è molto più facile realizzare degli imbrogli che
provare che sono stati commessi.
Pattona non ha
commesso il più piccolo errore formale, non ha trascurato nessun dettaglio ed è
per questo che è lì a salutare gli altri che vanno verso il meritato castigo.
Lui forse che lo
merita più di loro, è lì pronto a ricominciare il gioco.
“Bisogna
rifondar un novissimo Movimento per i diritti de tuti” dice Pattona.
Guarda gli ultimi seguaci rimasti fuori dalla bufera
come per vedere se c'è qualcuno che possa rimpiazzare i suoi fidi oramai caduti
sul campo.
Fa un sorriso di
saluto a Giovanni.
“So pronto.”
gli risponde manifestando il suo impegno per ricominciare.
E’ necessario
trovare una nuova faccia pulita che non sia stata minimamente toccata dall’av-ventura
precedente.
Sta a lui
plasmare questo nuovo adepto ad immagine di Presidente o di Commendatore.
C’è sempre
qualcuno disposto a ricominciare il gioco dei potenti.
L'adrenalina che
ti dà il potere, il sottile piacere di comandare, di comprare col denaro quello
che vuoi è un sogno di onnipotenza che travolge e anima molti verso nuove
avventure.
A chi ha poco e
vuole avere di più non interessa il mezzo con cui può raggiungere una posizione
al sole.
6.
Capitolo. Alla
Capitale.
L’onda di piena
arriva, ma poi passa.
Il fiume cattivo
che tutto travolge e non trova nessun ostacolo in grado di fermarlo poi si
quieta perde il suo vigor giustizialista originario. Viene ammansito dagli
avvocati dai ricorsi dai gradi di giudizio.
Anche le più tremende
calamità naturali alla fine finiscono e la vita riprende il suo corso fra le
macerie.
L’importante è
non esser lì ma in una altro posto a godersi il frutto del proprio lavoro.
L’operazione è
talmente piaciuta a Pattona che Presidente dopo un breve periodo di domi-ciliari
è stato rilasciato con tante scuse perché le prove non erano sufficienti per
condannarlo e l’Appello ha confermato l’assoluzione per insufficienza di prove.
Lui, grazie alla
sua esperienza ha trovato subito un nuovo posto di Presidente in un ente della
Capitale che si occupa di niente ma che
garantisce un ottima indennità senza grandi preoccupazioni.
Da lì si possono
seguire altri affari in tutta tranquillità.
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