1.
Capitolo. La
mobilitazione generale.
La città è tappezzata
di manifesti, giganteschi coriandoli multicolori appiccicati ai muri dei
palazzi e delle fabbriche.
La gente si
ferma a crocchi alla vista di quei colori allegri che spiccano sul grigiore dei
muri.
Leggono
frettolosamente le accuse di ineffi-cienza nella lotta contro le mosche,
verificano che effettivamente di quegli antipatici animaletti ne circolano
ancora e conseguentemente approvano con un cenno di assenso le accuse,
lamentandosi dei soliti caporioni che non combinano mai nulla.
La mobilitazione
della base effettuata da Politicante è completamente riuscita.
Solo che ha
perso il suo obiettivo originario .
Non è più un
atto di accusa contro Presidente , ma un grande atto di democrazia teso a
coinvolgere tutti i cittadini nella percezione del fenomeno delle mosche per
procedere uniti alla lotta contro il comune nemico.
Un grande capo
deve avere la percezione del mutare delle situazioni e modificare il suo comportamento
senza per questo perdere la faccia .
Lui ha solo
consapevolmente cambiato idea dopo ampia e matura riflessione.
Gli attivisti
sono riusciti a mobilitare tutti gli enti che contano e le adesioni al proclama
suggellano il manifesto occupandone una buona parte.
Circoli,
assemblee di quartiere, di compren-sorio, di circoscrizione, di distretto,
associazioni di ogni condizione sociale, persino un gruppo di cinofili, hanno
dato la loro adesione.
Tutti hanno contribuito a questa grande manifestazione
per garantirne la riuscita.
Si è riunita una
grande folla multicolore incurante del continuo attacco delle mosche.
Oltre al
contrasto delle tinte dei vestiti dei partecipanti, offrono un grande
spettacolo di colori le variopinte bandiere che sventolano alla tiepida brezza.
Fanno spicco
grandi cartelli colorati recanti disegni e scritte.
Sembra più che
una manifestazione di protesta una grande sagra popolare.
La composizione
della folla è indubbiamente molto eterogenea.
Si vedono gruppi
di persone vestite ancora con le tute blu elettrico da lavoro.
I più giovani,
invece, indossano grandi casac-che colorate.
Altri infine
vestono normalmente, compassati, in colori tenui, molto sobri, sembrano appena
usciti da un qualsiasi ufficio della città.
Politicante è
indubbiamente soddisfatto, addirittura euforico, alla vista di quella massa di
folla, di quelle bandiere, di quei manifesti.
Gli occhi gli
brillano ed i muscoli del viso si contraggono in una smorfia di soddisfazione
per la sua grande capacità di mobilitazione.
Lui ha lavorato
effettivamente molto per organizzare tutto questo, ha anche molto speso in
cene e si è prodigato in mille promesse,
ma i risultati ci sono!
Il novello
capopopolo si sbraccia ed urla nell’impartire disposizioni circa la formazione
del corteo e la sua partenza.
La massa informe
di persone sotto la guida del servizio d’ordine tenuto saldamente in mano dai
suoi luogotenenti prende la forma ordinata di una processione e si mette in
moto.
Perché la
manifestazione sia il più possibile ordinata il corteo è preceduto da quelli
che devono fungere da battistrada e far trovare l'itinerario stabilito sgombro
da ogni possibile intralcio.
La lunga
processione sta già assumendo la sua forma naturale, enorme, imponente,
cominciando a srotolarsi come un serpente che dipani lentamente le sue spire.
La massa, prima
un po' ondeggiante, procede quasi subito ordinatamente prendendo il suo ritmo
cadenzato.
Politicante apre
la sfilata con un lungo seguito di bandiere e manifesti.
Seguono
nell'ordine tutti gli organizzatori delle varie zone della città con i
collaboratori più diretti.
Pochi se ne
accorgono del vero contenuto della manifestazione se sia un contestazione
dell’ope-rato del Consorzio o se sia una grande manifestazione di democrazia
per ricercare la strada giusta da seguire.
“Se trata de
un regolamento interno de conti.” dice Pietro un vecchio attivista che non
si scandalizza poi più di tanto se qualche compagno vuol rifilare dei colpi
bassi.
“No bisogna
fidarse neanca dei amici!” esclama.
2.
Capitolo. Il
confronto con Naturista.
Dopo la
mobilitazione il Consiglio d’ammi-nistrazione del Consorzio per il controllo
delle mosche è stato convocato in via d’urgenza per verificare quali
aggiustamenti si devono fare per procedere con vigore nella lotta contro le
mosche.
La tensione è
palpabile, la resa dei conti si avvicina.
Presidente è
tranquillo perché sa che il solo artefice dell’attacco alla sua posizione di
comando è diventato uno dei suoi più fidati sostenitori.
D’altronde chi
persuaso del suo errore non cambia idea?
Tutti si
aspettano l’affondo di Politicante che tranquillo se ne sta pronto a gettare
acqua sul fuoco che lui stesso ha provocato.
Il silenzio di
Politicante è d’oro per il Presi-dente.
Lui sa
interpretare i comportamenti finché quello che deve essere il più temibile
avversario tace tutto non può che andare per il meglio.
Gli altri
possono tutt’al più fare dello strepito alzare la voce ma i contenuti veri non si spostano di una virgola.
Il Presidente sa
che Politicante è tutto impe-gnato nel nuovo ruolo di presidente della banca.
Sa anche che le
parole di Politicante valgono per quanto non siano sconfessate da un nuovo
accordo anche se nutre una ragionevole fiducia che tutto vada per il meglio.
Le opposizioni,
però, sono state stuzzicate e quando si convoca un consiglio di ammini-strazione
non si sa mai dove si può andare a finire.
Se qualcuno ha
acceso qualche miccia l’incen-dio può esplodere improvviso.
Il primo a
chiedere la parola è Naturista
L'aspetto
volutamente trascurato, l'abbiglia-mento distratto, Naturista impersona nel
consesso un’Opposizione un po' particolare perché è dalla parte delle mosche.
“Le mosche
devono esser rispetate e i omeni no deve turbar i corsi dela natura” per
Naturista qualsiasi insetto ovvero qualsiasi appartenente al mondo animale o
vegetale fa parte dell’ambiente naturale e non deve essere disturbato.
Naturista
rappresenta l'altra cultura, quella soffocata dalla civiltà dei consumi, che
però riemerge come coscienza critica per evidenziare le storture di un sistema
che opera, di fatto, per la degradazione dell'ambiente.
Troppo viziato
dai piaceri del progresso, non si sbilancia troppo però nell'indicare delle
soluzioni che risolvano il problema in maniera radicale, abolendo la famigerata
civiltà delle macchine per ritornare ad un sistema forse troppo primitivo.
Per ora si
limita a predicare un ritorno, non ben precisato, alla natura.
L'inno alla
mosca che si accinge a pronunciare, è forse il massimo dello slancio riformista
di Naturista.
"Vardé"
esordisce "che sta lota ale mosche xe una lota contro noialtri. Volemo
copar, sterminar senza pietà un inseto così inocuo? Se ghe xe le mosche, vol
dir che le deve esserghe.”
Naturista è
fermamente convinto che scon-volgendo gli equilibri naturali l’uomo uccida
anche un po' di sé stesso.
Sfortunatamente Naturista parla ad un pubblico che non
condivide il suo sviscerato amore per la natura e per ogni creatura vivente e
che odia le mosche.
Forse ha esagerato un pochino nel difendere le sue
protette, per cui un brusio sempre più forte accompagna ormai la sua orazione.
"Per
cortesia stemo siti”" interviene il Presidente che, da buon
democratico è abituato ad ascoltare, senza battere ciglio, tutti gli inter-minabili
discorsi degli oratori.
Non hanno
seguito alcun corso di galateo i maestri dell'arte della politica e dell'ammini-strazione
e incominciano ad interrompere “Ma cosa ti disi? Ma va là balordo!”
Non tollerano la
posizione astratta e un po' utopica di Naturista.
Come al solito,
d'altronde, egli non riesce che a pronunciare le prime frasi dell'interminabile
discorso così diligentemente preparato.
Tutti ce l'hanno
con lui.
I consiglieri si
mettono a parlare tutti insieme, contestando le affermazioni di Naturista.
“Ti xe fora
de testa! ” tuona Virgineo.
“Basta cole
ciaciare!” grida Consenso.
“No ste sigar
tuti!” implora Speraindio.
L’unico imperturbabile è Politicante che confida che
il crescente bailamme cessi sponta-neamente al fine di addormentare il
dibattito e fare in modo che le sue accuse cadono in un profondo oblio.
E’ vero, come
tutti i sognatori, Naturista non tiene conto della realtà.
Le sue idee sono
contrarie a quelle dei benpensanti, non sono costruttive e portano alla fine
del progresso anche se contengono l’affer-mazione di una verità indubbia.
Siamo noi i
violentatori di un assetto naturale che è lì da migliaia di anni a garantire un
equilibrio che, se alterato, non si sa quali conseguenze ne derivano.
Naturista
ascolta con palese disappunto le critiche mossegli, gli occhi assenti, i
muscoli maxillofacciali tesi in una smorfia di commi-serazione per i presenti
che non capiscono o non vogliono capire che la verità è dalla sua parte.
Ben diversa è
stata l'accoglienza nei raduni ecologici, nelle battaglie contro gli
insediamenti industriali o contro la costruzione di centrali nucleari.
Allora sì che i
suoi discorsi finiscono in una acclamazione collettiva!
Allora sì che si
prova soddisfazione a lottare contro i manganelli, contro gli idranti, contro i
caroselli delle auto blindate della polizia.
Quelli sì sono
veri momenti di lotta, ed invece si è fatto incastrare dalla nomina in questo
consiglio di amministrazione sia pure nell’Op-posizione dove deve constatare
che neanche quest’ultima è minimamente interessata ai suoi discorsi naturisti.
All’Opposizione
preme solo che si formi una coalizione che porti all'ormai atteso confronto con
il Presidente.
La resa dei
conti comporta un rigido calcolo aritmetico per verificare come si può
costituire una nuova maggioranza.
E’ un vero
duello dove le armi sono sostituite dai voti.
Naturista non ha
voluto partecipare ad alcuna riunione preparatoria ed ha confermato la sua
volontà di porsi contro qualsiasi linea che non dia la massima garanzia
riguardo alla sorte delle mosche.
3.
Capitolo. La
contestazione di De Contrari.
L'ideologo dell’Opposizione
è De Contrari.
Lui è portato,
per natura, a lamentarsi e a protestare sempre.
I maligni
raccontano che abbia cominciato a contestare il latte materno, mordicchiando,
invece di succhiare i capezzoli della puerpera.
Crescendo,
continua a contraddire, partecipan-do a tutti i movimenti di rottura,
alternativi, pas-sando disinvoltamente da uno all'altro, purché gli sia
garantito un alto quoziente di manifestazioni settimanali.
Finalmente entra
nell'Opposizione e può mette-re a frutto la precedente esperienza nel modo più
consono: diviene l'addetto alla predisposizione dei documenti ufficiali.
Basta dargli uno
spunto, un minimo motivo che giustifichi una protesta.
E’ sufficiente
un brontolio che De Contrari si scatena in un'orgia di parole.
La sua
specialità è scrivere documenti di denuncia ed anche in questa occasione non è
venuto meno al suo compito istituzionale.
Il suo è un atto
di accusa contro il governo dell'ente, giudicato completamente incapace a far
fronte alla gravità dei problemi.
“Caro
Presidente, lei non capisce le istanze sociali dei cittadini che vogliono
finalmente una linea chiara di condotta e mezzi veramente utili per la
battaglia contro le mosche.
I mezzi proposti fin ora sono inadeguati alle esigenze
drammatiche del momento.
Non esiste una programmazione veramente valida .
Non sono neanche stati compiuti studi, analisi o
dibattiti accurati e approfonditi per garantire sia la metodologia di
intervento sia la sicurezza che i mezzi usati saranno efficaci.”
Il documento continua imperterrito fra analisi di
situazioni e citazioni di fonti statistiche e di prese di posizione nelle varie
assemblee e consigli di amministrazione.
“Il cambiamento xe
proprio una necessità per tuti e non un tradimento de accordi o de fiducia nei
confronti del Presidente.
"Xe ora
de cambiar! Volemo le dimission del Presidente!" conclude solennemente
il docu-mento.
De Contrari ha
dato proprio anche l'anima nella lettura del documento, sforzandosi di
rappresen-tare nella voce rotta dall'emozione il proprio convincimento di
battersi per una causa giusta.
L’ordine ai
membri dell'Opposizione è chiaro.
Tutti devono
adeguarvisi tempestivamente.
Non sono,
infatti, ammessi tentennamenti, precisazioni, discussioni, si può solo obbedire
ciecamente perché De Contrari ha concordato la sua linea con il direttivo
dell’Opposizione.
Segue una breve
pausa di riflessione.
Un silenzio
innaturale se si pensa solo al brusio incessante che ha caratterizzato il
dibattito.
Politicante sa bene che i voti dell’opposizione non
sono sufficienti: Commendatore, Consenso, Speraindio e Virgineo.
Sono tutte persone
fidate.
Commendatore e
Consenso li ha conosciuti sui banchi delle elementari quando ne combinavano di
tutti i colori.
Erano tre pesti
scatenate. Il terrore delle giovani supplenti che si divertivano a fare
ammattire con gli scherzi più impensati.
Avevano
un’indubbia influenza sui loro compa-gni di scuola che non osavano commentare i
loro modi inurbani. Li avevano così plagiati che erano pronti a sostenere le
loro burle per paura di dovere essere a loro volta sottoposti alle vendicative
angherie.
Erano insomma
dei tipi da non toccare sin da allora.
Abituati a
comandare e a farsi obbedire.
Questi voti non
bastano anche se a loro si aggiunge quello di Naturista.
Politicante sa
bene che è meglio fare almeno finta di accontentare tutti, di tentare
impossibili mediazioni, dire la più evidente banalità, pur di tenere vivo un
filo di dialogo.
“Perché –
suole ripetere – se ghe xe contato una mediazion la se trova sempre.”
Odia, come tutti
i mediatori, le posizioni radicali, le verità troppo nette, i principi e i
ragionamenti troppo logici.
In questo caso
per dire il contrario di quello che ha sostenuto fino a quando non ha ottenuto
la presidenza della Banca non esistono possibili
mediazioni e invece di prendere la parola per la stoccata definitiva continua a
tacere.
4.
Capitolo. Le
dimissioni.
“Dimission...Dimission...”scandisce
l’Opposi-zione con Naturista, Falcidia e De Contrari.
Politicante con espressione
impassibile conti-nua a tacere.
Il grido di battaglia della minoranza aleggia nel
silenzio della sala e a poco a poco si spegne.
Non è alimentato dal fuoco attizzato poco prima da
Politicante che invece con suo silenzio getta acqua abbondante sulle fiamme.
Il Presidente sente che ormai è la lama affilata della
ghigliottina che deve decapitarlo del suo potere, del suo prestigio è lontana.
Il Presidente si
sente rinascere a nuova vita.
E’ ben saldo sulla
sua poltrona dirigenziale munita di due solidi braccioli mentre solo poco tempo
prima si vedeva piombato pesantemente sul pavimento lucido di cera.
E’
incredibilmente solido.
L’alleanza riconfermata
e pagata a prezzo pieno da Pattona regge alla grande.
La Waterloo annunciata
è stata scongiurata.
L’Opposizione ha,
invece, registrato una pesante sconfitta.
Chi resta
saldamente al comando del Consorzio è sempre l’Organizzazione.
Gli uscieri, non
usi a simili clamori, seguono, in verità con un sorriso ammiccante, l'intera
vicenda congratulandosi con Presidente per avere mantenuto la sua poltrona.
Essi non sanno
che non è farina del suo sacco e che l’operazione si è conclusa felicemente per
l’intervento esterno di Pattona.
5.
Capitolo. Il
gioco dei potenti.
E’ il solito gran gioco dei potenti.
Una volta si
giocava una battaglia vera che poteva provocare stragi per lungo tempo.
Per uno strano sentimento di onore e di fedeltà al
potente di turno gli eserciti si sgozzavano per anni; se le truppe si
rifiutavano finivano lo stesso al cimitero spediti dai loro stessi compagni.
La soldataglia
guadagnava da vivere col mestiere delle armi, in più si spartiva una parte del
bottino di guerra, se andava bene, altrimenti si moriva senza una vera ragione.
I veri motivi di
perché si dovesse spargere tanto sangue li sapevano solo i potenti.
La sete di
dominio esige il suo contributo.
Ora questi
conflitti restano nei paesi poveri del mondo che ancora si scannano con guerre
etniche.
Il vicino di
casa diverso per razza o per religione diventa nel volgere di un mattino il
peggiore nemico, in forza di un odio mai sopito.
Lui deve essere
annientato fisicamente, non ci sono altre possibilità, per fare posto ad altre
etnie che semplicemente vogliono la sua casa e il territorio che ha occupato
fino al giorno prima.
Non ci può
essere mediazione, ma solo distruzione.
Nelle aree più
civilizzate del mondo le parole hanno sostituito le spade e le ferite non sono
corporali. Il business non consente spargimenti di sangue.
Se ci deve
essere uno scontro, questo deve essere giocato lontano in terre già bruciate
dal fuoco della guerra.
Il progresso ha
fatto chiaramente capire che nelle aree economicamente forti è inutile soppri-mere
fisicamente una persona: per togliere il potere basta, infatti, più
semplicemente fare perdere le maggioranze democratiche che reggono i potenti;
per fare questo tutti i mezzi sono leciti.
Chi arriva al
vertice deve rispettare precise direttive non scritte.
Non si devono
mai raggiungere situazioni di tensione che possano mettere in forse l’auto-revolezza
dell’Organizzazione.
Se le tensioni
esistono queste devono essere superate.
Bisogna lavorare
sodo acquisendo il consenso.
Creare posizioni
di potere e pagare profu-matamente le complicità che i raccoglitori di voti
sono in grado di mettere insieme per non fare saltare il sistema.
Se ci sono dei
problemi, questi devono essere risolti cercando e trovando scelte condivise.
Bisogna adeguarsi
come bisce ad indicazioni, sapere fare marcia indietro, coinvolgere la stampa,
addolcire le notizie, rilasciare interviste, smentire la verità di un secondo
prima, attaccare con durezza chi tenta di minare le tue capacità facendo
critiche vere ma inopportune.
Non è un gioco
semplice perché chi comanda non è chi detiene le cariche ufficiali; chi comanda
sono altri.
Il Presidente
deve solo fare finta di essere in grado di tenere sotto controllo la situazione.
Non importa se
non si raggiungono degli obiettivi, se si producono solo chiacchiere.
Bisogna
convincere che quella adottata è la migliorie soluzione possibile.
Il Presidente ha
saputo persuadere, ha superato un malcontento dilagante, ha creato - nuovi
consensi, ha sistemato il boiardo che contribuisce in via determinante a
formare la maggioranza.
La partita è rinviata
al prossimo Consiglio di amministrazione.
6.
Capitolo. La
conferma.
Il nuovo
consiglio di amministrazione è convocato a stretto giro di posta.
“No resta che
far na nova votazion dato che il
Presidente xe sta criticà.” suggerisce Politicante che non vuol chiudere subito
la partita godendo di essere il punto di equilibrio che può fare cadere
l’attuale maggioranza.
Questa non si è
disgregata proprio perché Politicante è rientrato nei ranghi.
Tutti i
consiglieri dell’Organizzazione atten-dono la dichiarazione di voto.
Politicante
chiede la parola.
“Caro Presidente” esordisce “so sodisfato de la grande mobilitasion ma no
se pol andar avanti cusì. Bisogna trovar strade nove per dar risposte
ai nostri amighi. Ghe vol na nova spinta”.
Politicante, il leader
più autorevole dei rappresentanti dell’Organizzazione conferma defi-nitivamente
il Presidente deludendo quelli che credevano in un suo ripensamento.
I membri
dell’Opposizione cominciano a chiedersi cosa ha significato il suo cambiamento
di posizioni.
Qualcuno mormora
che da quando Politicante ha avuto la presidenza della banca tutto è rientrato.
Nessuno ha però
il coraggio di attaccarlo perché quando uno ha agganci così forti per diventare
presidente di una Banca bisogna cominciare a temerlo e a rispettarlo sul serio.
Nessuno si
stupisce di quanto sta accadendo, perché in politica non si può mai dire mai.
Tutto può
cambiare, non valgono valori assoluti ma solo relativi; le maggioranze possono
scio-gliersi come neve al sole o possono confermarsi.
Basta una
leggera brezza per fare spostare i voti che contano da una parte all’altra;
solo i navigatori più esperti riescono a stare sempre a galla evitando il
rischio di affondare.
L’Organizzazione,
comunque, mantiene salda-mente il timone.
I giochi sono
fatti e soprattutto il nuovo consiglio è certo della sua stabilità.
Non bisogna
cercare nessun altro per raffor-zarla.
“No volemo
inciuci con l’Opposizion!” ribadisce con vigore Politicante che reclama una
linea di azione lineare senza commistione di ruoli.
In realtà non ci
sono incarichi da dividere con qualche altro che si voglia aggregare a sostegno
del nuovo consiglio; con nuovi ingressi si scombinerebbero gli equilibri e le
mediazioni pesate col bilancino.
Quello che conta
è il consenso di Politicante: a lui si deve pagare il giusto tributo.
Su questo si può
essere certi, perché lui, da navigatore esperto, ha legato i fedeli seguaci con
un patto di ferro.
Un successo
risicato, ma che ha tutte le caratteristiche per durare perché il vincolo che
lega i suoi fautori si preannuncia duraturo.
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5.
Capitolo. Il
grande intrigo.
La crescente
ambizione di Presidente richiede la necessaria espansione del Consorzio.
L’ente non è più
in grado di assorbire le richieste di assunzioni che i clientes tutti i
giorni gli sottopongono.
Occorre
inventare una maggiore richiesta di servizi pubblici per creare occupazione.
Ogni emergenza
deve diventare occasione di impiego.
Naturalmente le
attività da svolgere devono essere le più elementari e poco faticose per essere
appetite dalla folla che tutti i giorni gravita nell’ufficio di Presidente.
L’economia reale
che crea beni e servizi viene affiancata dall’economia dei servizi fittizi,
retta sulle sovvenzioni.
Non è semplice
creare un intrigo immaginario inesistente.
Innanzitutto
occorre non avere alcuno scrupolo. Bisogna essere megalomani per credere che un
impero possa reggersi su fondamenta di carta e sprovveduti per ritenersi dei manager
nel creare strutture prive di un reale utilità che abbisognano di continue
iniezioni di fondi.
Il compenso è il
ringraziamento degli adulatori che per uno stipendio fisso venderebbero l’anima
al diavolo.
Il gioco ha
radici antiche e Presidente lo sa bene.
“Al Popolo
bisogna darghe panem et circenses”
Non erano gli
stessi Romani che garantivano al popolino pane e
giochi del circo, per ingraziarselo?
Lui
ha solo aggiornato la formula dando al popolo dei suoi elettori la possibilità
di campare senza ingegnarsi molto.
Bisogna essere
incoscienti per pensare che il meccanismo possa reggere all’infinito.
Finché il gioco
funziona c’è, però, il potere che dà la sensazione più inebriante.
Tutti ti
considerano un essere speciale.
Tutti ti
ossequiano e fanno a gara per mostrarsi disposti ad esaudire ogni tuo
desiderio.
Se si vuol
essere il nuovo amministratore vi è la necessità di trovare il meccanismo
perfetto, la formula che consenta di gestire al meglio l’occupazione per lavori
inesistenti.
Appesantire gli
organici non è così semplice.
Le attività
devono essere elementari e se c’è bisogno di tecnici specialisti nella
disinfestazione si possono benissimo assumere addetti stampa e alle pubbliche
relazioni o addetti alla pulizia delle aiuole
L’importante è
riuscire a soddisfare le esigenze dei possibili elettori.
Non bisogna
porsi troppi problemi ed in questo Presidente è un maestro.
La presidenza
della Commissione informa-tizzazione attribuita a Virgineo è stata un vero
colpo di genio.
Virgineo,
infatti, crede in maniera esagerata alla informatizzazione: per lui non è uno
strumento per rendere più semplice il lavoro ma è proprio una filosofia di vita
secondo la quale la informatizzazione è la panacea di tutti i mali.
Chi meglio di
lui che ci crede può essere il presidente della Commissione?
Chi può spingere
in maniera esagerata lo sforzo di elaborare elettronicamente i dati in possesso
del Consorzio?
Gli occhi di
Politicante brillano di gioia quando Virgineo gli comunica che il suo piano di
assunzioni per dotare il consorzio del più moderno e completo ufficio è passato
all’unanimità.
Dalla Capitale è
arrivato l’assenso al piano compresi i finanziamenti per le attrezzature
necessarie.
La parola
modernizzazione ha un effetto magico: nessuno si sente in diritto di
combatterla.
Il piano e
smisurato prevede postazioni di rilevamento e monitoraggi continui.
Il flusso di
dati da gestire da parte del consorzio, per dare il maggior numero di
informazioni, è enorme.
Nessuno si è
posto la questione se in concreto il rilevamento consenta di combattere il
flagello delle mosche perché i problemi non si possono risolvere tutti in un
colpo solo!
“Intanto
rileviamo, poi si vedrà. Se non funziona cambieremo il piano!” commenta
Virgineo.
4 �?o i � ��( o di accollarsi quel lavoro in più di quello che
gli era stato affidato.
L’incompetente
forse voleva significare che in quell’ufficio era l’unico a lavorare, forse
voleva mettere in cattiva luce i colleghi o peggio voleva eliminare il lavoro
ed evitare di poter creare nuova occupazione?
E’ indubbio che
solo creando un maggior num-ero di uffici si possono avere migliori servizi pub-blici;
costituire più enti significa ottenere più posti per sistemare i boiardi e più
potere all’Organizza-zione.
La maggiore
spesa serve solo a creare un maggior giro di ricchezza a beneficio di tutti;
per questo gli ambienti più influenti apprezzano il movimentismo di Presidente
anche se devono pagare il prezzo di tenersi una schiera crescente di boiardi.
C’è sempre
qualcuno di cretino da sistemare e allora avere dei contatti giusti con
l’Organiz-zazione serve per trovargli un posto di tutto rispetto.
l’6 �@u i � ��( fabbricazione del prodotto naturale, non inqui-nante e
perfettamente compatibile con la tutela dell’ambiente.
Finalmente si sono verificati tutti i presupposti per
procedere ad una campagna d’appalto nelle condizioni più favorevoli.
La maggioranza è più salda.
Il rimedio non è stato contestato da nessuno.
Sotto il profilo finanziario, il budget è
illimitato perché la soluzione tanto desiderata adesso è lì a portata di mano
ed è noto che l’urgenza serve proprio per legittimare lo sforzo finanziario.
A Presidente non rimane che concordare con Pattona i
dettagli dell’operazione; essa deve essere faraonica.
Per avere successo l’Organizzazione non deve risolvere
i problemi con mezzi semplici con una spesa ridicola.
La soluzione sarebbe poco apprezzata.
Se il rimedio costa poco, se non c’è una mobilitazione
spropositata di persone e mezzi vuol dire che il problema è di facile soluzione
e tutti possono risolverlo con facilità.
Un dispiegamento di mezzi e di persone serve a dare il
segno dell’impegno profuso.
Potere disporre di somme ingenti di denari serve a
dare a tutti gli amici un segno tangibile di quello che la nuova coppia può
realizzare per loro.
“Tuto quelo che se deve far bisogna farlo spendendo
de più; bisogna trovar el nostro tornaconto.”
Questo è il motto di Presidente e su questi principi
sta creando la sua fortuna.
L’affare delle mosche deve ingigantirsi coinvolgendo
tutto e tutti.
La stampa e la televisione devono parlarne fino alla
nausea.
Le iniziative di Presidente devono essere sempre al
centro delle notizie.
Il Consorzio può così trovare l’occasione per
organizzare un’attività di informazione degli interventi da effettuare sul
territorio e un’attività di consulenza per ottenere il meglio di quello che il
mercato può offrire per risolvere il problema definitivamente.
Solo realizzando questo percorso completo in tutti i
suoi pur minimi dettagli Presidente può avere il giusto riconoscimento del suo
impegno.
Gli amici dell’Organizzazione possono trovare lavoro e
successo personale.
Con l’attività di informazione e di consulenza Presidente
sa di avere la possibilità di accon-tentare i consiglieri e i supporter
più importanti.
L’attività principale che comporta la solu-zione del
problema consente di realizzare l’affidamento dell’appalto per la realizzazione
degli strumenti per combattere il fenomeno: le palette e il Moscfior.
Lui e Pattona possono in tal modo, tra il consenso
generale, gestire la parte più interessante dell’operazione: l’appalto delle
palette e della produzione e distribuzione del Moscfior.
ft:1.0� BDa g `p' 0�) :.0001pt;text-indent:12.75pt;line-height:normal'>I suoi proventi
sono tutti documentati.
E’ vero, ingenti
somme derivano da consulenze un po’ dubbie.
Effettivamente
non si capisce perché siano stati dati così tanti denari per prestazioni di
così poco conto.
Ogni
prestazione, però, è stata regolarmente fatturata.
Come può un
abile investigatore non accorgersi che è stato fatturato il fumo, il niente,
che sono stati dati dei soldi veri per delle bufale?
Fare i controlli
di sostanza è però difficile.
Ci vuole gente
preparata che magari è stata ri-mossa tanto tempo prima perché non possa dare
troppo fastidio.
E’ più facile
controllare i timbri, che siano stati messi tutti i visti necessari che la
fattura sia stata regolarmente annotata.
Verificare che
si è fatturato il nulla è più complicato, seguire il percorso tortuoso del
denaro è difficile e poi ci sono i cavilli procedurali.
La strada del
giusto è irta di difficoltà è molto più facile realizzare degli imbrogli che
provare che sono stati commessi.
Pattona non ha
commesso il più piccolo errore formale, non ha trascurato nessun dettaglio ed è
per questo che è lì a salutare gli altri che vanno verso il meritato castigo.
Lui forse che lo
merita più di loro, è lì pronto a ricominciare il gioco.
“Bisogna
rifondar un novissimo Movimento per i diritti de tuti” dice Pattona.
Guarda gli ultimi seguaci rimasti fuori dalla bufera
come per vedere se c'è qualcuno che possa rimpiazzare i suoi fidi oramai caduti
sul campo.
Fa un sorriso di
saluto a Giovanni.
“So pronto.”
gli risponde manifestando il suo impegno per ricominciare.
E’ necessario
trovare una nuova faccia pulita che non sia stata minimamente toccata dall’av-ventura
precedente.
Sta a lui
plasmare questo nuovo adepto ad immagine di Presidente o di Commendatore.
C’è sempre
qualcuno disposto a ricominciare il gioco dei potenti.
L'adrenalina che
ti dà il potere, il sottile piacere di comandare, di comprare col denaro quello
che vuoi è un sogno di onnipotenza che travolge e anima molti verso nuove
avventure.
A chi ha poco e
vuole avere di più non interessa il mezzo con cui può raggiungere una posizione
al sole.
6.
Capitolo. Alla
Capitale.
L’onda di piena
arriva, ma poi passa.
Il fiume cattivo
che tutto travolge e non trova nessun ostacolo in grado di fermarlo poi si
quieta perde il suo vigor giustizialista originario. Viene ammansito dagli
avvocati dai ricorsi dai gradi di giudizio.
Anche le più tremende
calamità naturali alla fine finiscono e la vita riprende il suo corso fra le
macerie.
L’importante è
non esser lì ma in una altro posto a godersi il frutto del proprio lavoro.
L’operazione è
talmente piaciuta a Pattona che Presidente dopo un breve periodo di domi-ciliari
è stato rilasciato con tante scuse perché le prove non erano sufficienti per
condannarlo e l’Appello ha confermato l’assoluzione per insufficienza di prove.
Lui, grazie alla
sua esperienza ha trovato subito un nuovo posto di Presidente in un ente della
Capitale che si occupa di niente ma che
garantisce un ottima indennità senza grandi preoccupazioni.
Da lì si possono
seguire altri affari in tutta tranquillità.
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