Consigliere comunale Accesso al
Procedimento amministrativo. Limiti.
L'art. 43 del TUEL prevede il diritto dei consiglieri comunali di
ottenere dagli uffici tutte le notizie e informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del loro mandato.
Pertanto, la ratio della norma è nel principio democratico dell'autonomia
locale e della rappresentanza esponenziale, sicchè tale diritto è direttamente
funzionale non tanto all'interesse del consigliere comunale (o provinciale) ma
alla cura dell'interesse pubblico connessa al mandato conferito, controllando
il comportamento degli organi decisionali del Comune.
Quanto ai presupposti, si è osservato come non sia necessaria una
connessione tra la conoscenza dei dati richiesti con l'attività espletata nel
mandato di consigliere.
Il diritto di accesso dei Consiglieri comunali non è soggetto ad alcun
onere motivazionale giacché diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta
di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato
del consigliere comunale. Gli unici limiti all'esercizio di tale diritto si
rinvengono nel fatto che l'esercizio di tale diritto deve avvenire in modo da
comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e che non deve
sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative,
fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e
approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre
surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso ( Consiglio di
Stato sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829).
I consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a
tutti gli atti che possano essere di utilità all'espletamento del loro mandato,
ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la
correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per
esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e
per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che
spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.
Sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di
motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando
sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri
uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale; dal termine
"utili", contenuto nell'articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n.
267, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei
consiglieri comunali, detto aggettivo garantendo in realtà l'estensione di tale
diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio del mandato
(Consiglio Stato sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963).
I consiglieri comunali hanno un diritto di accesso incondizionato -
purché non invada l'ambito riservato all'apparato amministrativo e non integri
però un abuso del diritto - a tutti gli atti che possano essere
"utili" all'espletamento del loro mandato, anche al fine di
permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l'efficacia
dell'operato dell'amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole
sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito
del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del
corpo elettorale locale; sul consigliere comunale.
Dette conclusioni si appalesano stringenti ove ad azionare l'istituto
siano consiglieri di minoranza, come nel caso di specie, cui i principi
fondanti delle democrazie e la legge attribuiscono compiti di controllo
dell'operato della maggioranza e, quindi, dell'esecutivo, qui inteso nella sua
più larga accezione di apparato politico ed apparato amministrativo, se pur, si
intende, da esplicarsi nel rispetto della legge, ovvero senza indebite
incursioni in ambiti riservati all'apparato amministrativo dalla legge stessa e
senza porre in essere atti e/o comportamenti qualificabili come abuso del
diritto.
Il diritto di accesso dei consiglieri comunali quindi si atteggia quale
latissimo diritto all'informazione al quale si contrappone l'obbligo degli
uffici di fornire ai richiedenti tutte le notizie e informazioni in loro
possesso, fermo il divieto di perseguire interessi personali o di tenere
condotte emulative.
Nella fattispecie il Comune lamenta l'abuso del diritto, rappresentando
come i tre istanti abbiano manifestato l'interesse alla conoscenza rispetto ad
una generalizzata serie di atti e avverso varie delibere in serie, di modo che
si debba dubitare della correttezza delle esigenze di informazione, dovendosi
invece ravvisarsi un generalizzato e strumentale esercizio del diritto di
informazione di cui all'art. 43 del TUEL.
In effetti, il Collegio osserva il riconoscimento da parte
dell'articolo 43 del d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico sugli Enti
Locali) di una particolare forma di accesso costituita dall'accesso del consigliere
comunale per l'esercizio del mandato di cui è attributario, non può portare
allo stravolgimento dei principi generali in materia di accesso ai documenti e
non può comportare che il primo, servendosi del baluardo del mandato politico,
ponga in essere strategie ostruzionistiche o di paralisi dell'attività
amministrativa con istanze che a causa della loro continuità e numerosità
determinino un aggravio notevole del lavoro negli uffici ai quali sono rivolte
e determinino un sindacato generale sull'attività dell'amministrazione oramai
vietato dall'art. 24, comma 3 della l. n. 241 del 1990.
Sulla base di tali considerazioni generali, l'appello
dell'amministrazione non può che ritenersi fondato.
Pertanto, è legittimo il diniego opposto dall'amministrazione comunale
alla richiesta rivolta dai consiglieri comunali diretta all'estrazione di copie
in assenza di motivazione in ordine all'esistenza dei presupposti del diritto
di accesso, soprattutto in presenza di numerose e reiterate istanze, che
tendono ad ottenere la documentazione di tutti i settori dell'Amministrazione,
apparendo così tendenti a compiere un sindacato generalizzato dell'attività
degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell'Ente che non
all'esercizio del mandato politico finalizzato ad un organico progetto
conoscitivo in relazione a singole problematiche che di volta in volta
l'elettorato.
Il Collegio osserva però che, nella fattispecie, al di là delle
valutazioni su una esagerata richiesta di conoscere e informarsi su tutti i settori
dell'attività amministrativa da parte dei consiglieri comunali, in ogni caso,
per l'accoglimento dell'appello è sufficiente prendere atto dell'attività
eseguita dal Comune in ottemperanza alla richiesta di accesso, espletatasi sia
nella trasmissione e ostensione dei documenti a disposizione, sia nell'apertura
di nuovi procedimenti, intesi ad acquisire maggiori conoscenze, allo stato non
disponibili.
Pertanto, in buona sostanza l'ostensione degli atti richiesti ed
esistenti è già avvenuta; per il resto, non si può pretendere, secondo costante
giurisprudenza di questo Consesso, che l'Amministrazione costruisca una
documentazione allo stato non ancora esistente.
Anche a voler ritenere che la nozione di "notizie e
informazioni" sia più lata della nozione di "documenti"
ravvisabile nell'art. 22 della l.n.241 del 1990 - e cioè ogni elemento
conoscitivo in possesso dell'amministrazione, anche non riferibile alle
competenze del Consiglio Comunale, perché sempre inerente al munus rivestito e
non solo i provvedimenti adottati, ma anche gli atti preparatori, anche di
provenienza privata -, anche in tale situazione soggettiva speciale non può non
valere il principio, affermato dalla Sezione (così Consiglio Stato sez. IV, 30
novembre 2010, n. 8359), secondo cui il rimedio dell' accesso non può essere
utilizzato per indurre o costringere l'Amministrazione a formare atti nuovi
rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere
un'attività di elaborazione di dati e documenti, potendo essere invocato esclusivamente
al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e
materialmente esistenti presso gli archivi dell'Amministrazione che li
possiede.
Nella specie l'amministrazione rappresentava che non vi erano ulteriori
documenti da esibire, fornendo le possibili informazioni .
In corso di giudizio, anche se quindi successivamente alla introduzione
del medesimo, il Comune ha anche depositato nota sindacale di impulso al
responsabile dell'UTc e dell'area tecnica di effettuare un dettagliato sopralluogo
al fine di censire i prefabbricati di proprietà del Comune, di verificare il
numero dei prefabbricati non occupati, di verificare chi ne detiene il
possesso.
E" evidente che pertanto il Comune ha soddisfatto le richieste di
accesso dei consiglieri comunali e che, sulla base del principio secondo cui
l'Amministrazione non può essere condannata a costruire documenti allo stato
non disponibili, debba essere accolto l'appello e, in conseguenza, respinto il
ricorso di primo grado, in riforma della appellata sentenza.
La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio
della soccombenza. Consiglio di Stato, sez. IV 12/02/2013 n. 846.
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