Ambiente . Rifiuti materiali di demolizione.
I materiali inerti di composizione eterogenea
(nella specie, un miscuglio di cotto, cemento e calcestruzzo), sottoposti a
procedimento di macinatura e non destinati ad attività di recupero, non sono
assoggettati alla disciplina delle materie prime secondarie, ma costituiscono
veri e propri rifiuti. Cassazione penale, sez. III, 16/05/2012, n. 25206.
Ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art.
184, comma 3, lett. b), - sono rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle
attività di demolizione, costruzione .
Il fresato di asfalto proveniente dal
disfacimento del manto stradale rientra nella definizione dei materiale proveniente
da demolizioni e ricostruzioni, incluso nel novero dei rifiuti speciali non
pericolosi" (vedi Cass., Sez. 3, 12.1.2011, n. 16705, Manetta).
n relazione ai residui delle attività di
demolizioni edili e del loro reimpiego, la giurisprudenza ha ritenuto possibile il loro riutilizzo,
nello stesso od in diverso ciclo produttivo, solo quale attività di recupero
(così Cass., Sez. 3: 9.7.2004, n. 30127, Piacentino;
Con le sentenze 9.10.2006, n. 33882, Barbati; 12
la giurisprudenza ha rilevato che il materiale
proveniente da demolizioni non può qualificarsi "materia prima
secondaria", ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 181, commi 6 e 13;
Con la sentenza 7.4.2008, n. 14323, Coppa, la
giurisprudenza ha affermato il principio
secondo il quale i materiali di risulta da demolizione di edifici e scavi di
cantiere possono essere qualificati "sottoprodotti", ai sensi del
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. n), soltanto a condizione che:
- il loro utilizzo sia certo e avvenga
direttamente ad opera dell'azienda che li produce;
- gli stessi materiali non vengano sottoposti a
trasformazioni preliminari;
- l'utilizzazione non comporti condizioni
peggiorative per l'ambiente o la salute;
Con la sentenza 29.4.2011, n. 16727, Spinello, la
giurisprudenza ha ribadito che i
materiali provenienti da demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti in quanto
oggettivamente destinati all'abbandono; il recupero è condizionato a precisi
adempimenti, in mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque,
cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi. L'eventuale assoggettamento
di detti materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina
ordinaria implica la dimostrazione, da parte di chi io invoca, della
sussistenza di tutti presupposti previsti dalla legge.
Nella vicenda in esame i residui oggetto di
contestazione non possono essere considerati "materia prima
secondaria" secondo la disciplina progressivamente vigente a decorrere
dall'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006.
Nel caso che ci occupa la previsione normativa in
oggetto non è applicabile, poichè gli eterogenei materiali rinvenuti (laterizi,
pezzi di mattonelle e di asfalto), dei quali era in corso un'attività di
macinatura non costituivano il risultato di una operazione di recupero giunta
al suo completamento, come richiesto dal comma 12, originario art. 181.
Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 ha modificato
l'art. 181 (il cui testo è stato sostituito, da ultimo, dal D.Lgs. 3 dicembre
2010, n. 205, art. 7) e nell'art. 181-bis aveva fissato requisiti e condizioni
che dovevano sussistere perchè un materiale potesse essere considerato non un
rifiuto ma una materia prima secondaria.
Alla stregua di quella normativa:
- doveva trattarsi di materie e sostanze prodotte
da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;
- dovevano essere individuate la provenienza, la
tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si potessero produrre;
- dovevano essere individuate le operazioni di
riutilizzo, di riciclo o di recupero che le producevano, con particolare
riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse;
- dovevano essere precisati i criteri di qualità
ambientale, i requisiti merceologici e te altre condizioni necessarie per
l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per
l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla
salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto;
- le materie e sostanze dovevano avere un
effettivo valore economico di scambio sul mercato.
La sussistenza delle condizioni indicate doveva
essere contestuale e, in mancanza anche di una sola di esse, il residuo
rimaneva soggetto alle disposizioni sui rifiuti (vedi Cass., Sez. 3,
19.12.2008, n. 47085).
L'art. 181-bis è stato poi abrogato dal D.Lgs. 3
dicembre 2010, n. 205, art. 39, comma 3, che ha rinnovato ed innovato la
disposizione dell'art. 184-quater, restando superata la definizione di materia
prima secondaria a fronte di una chiara fissazione delle condizioni che, ove
sussistenti, fanno cessare, per un materiale sottoposto ad attività di
recupero, la qualità di rifiuto.
Presupposti essenziali sono da individuarsi, in
ogni caso:
- nella sottoposizione del rifiuto ad
un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il
riutilizzo;
- nella sussistenza di un mercato e di una
domanda del materiale recuperato (con conseguente attribuzione di un valore
economico) e nella riammissione dello stesso in un ciclo produttivo tipico;
- nella rispondenza del materiale recuperato a
requisiti tecnici e standard specifici;
- nella insussistenza di impatti negativi
sull'ambiente e sulla salute umana.
Anche In relazione al regime dianzi delineato non
risulta dimostrata la intervenuta effettuazione - nella vicenda che ci occupa -
di alcuna attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai
decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 162 e 17 novembre
2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative
operazioni. Cassazione penale, sez. III, 16/05/2012, n. 25206.
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