Ambiente Bonifica. Intesa amministrazioni interessate.
Il raggiungimento dell'intesa debba essere formalmente espresso nel
contesto del provvedimento emanato in esito alla conferenza, mentre nei decreti
impugnati non emerge il raggiungimento del concerto con tutte le
amministrazioni alle quali spettava esprimersi in merito alla bonifica del sito
indicato.
L'argomento presuppone che sia necessario il raggiungimento di una
intesa o di un concerto tra Amministrazioni pubbliche
Per quanto riguarda specificamente la bonifica di aree che, quale
quella di Piombino, rientrano tra i siti inquinati dichiarati di interesse
nazionale, occorre invece fare specifico riferimento all'art. 252 d.lgs n. 152
citato, che, al comma 242, attribuisce la competenza per la procedura di
bonifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, non più di
concerto, ma sentito il Ministero delle attività produttive.
Anche il decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, recante il
regolamento per i criteri, le procedure e le modalità per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino dei siti inquinati, tuttora parzialmente
in vigore, affida al Ministro dell'ambiente l'istruttoria circa gli elaborati
progettuali presentati dal responsabile della situazione di inquinamento, e
prevede il concerto e l'intesa solo per l'approvazione del progetto definitivo.
Nella fattispecie in esame, nella quale non si tratta della
approvazione (o della mancata approvazione) di un progetto, ma delle misure di
messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda delle quali era emersa, in
corso dei lavori, la contaminazione, a contenere la quale la conferenza aveva
messo in mora la società, risulta dalla documentazione in atti che il Ministero
delle attività produttive non ha volontariamente preso parte ai lavori della
conferenza, e tale circostanza, ai sensi dell'art. 14 comma 3 legge 7 agosto
1990, n. 241 vale a realizzare il coinvolgimento dell'Amministrazione assente,
la quale, si ripete, doveva essere semplicemente sentita.
L'esito della conferenza è quindi coerente con il modulo procedimentale
legislativamente previsto.
La presenza delle Amministrazioni nella persona degli incaricati
indicati nominativamente, equivale a legittimazione, che in mancanza di prova
contraria, deve essere presunta.
La circostanza che il piano di bonifica presentato dalla s.p.a. Dalmine
sia stato o meno approvato dalla conferenza di servizi costituisce circostanza
irrilevante ai fini dell'indagine sulla legittimità dei provvedimenti impugnati
in primo grado, concernenti, come si è più volte sottolineato, l'imposizione di
misure di sicurezza d'emergenza in relazione al notevole grado di inquinamento
riscontrato nel corso dei lavori della conferenza indetta per la messa a punto
degli interventi necessari per la bonifica del sito di Piombino, ha costituito
oggetto di esame, nell'ambito del progetto generale di ripristino ambientale
per il quale la conferenza era stata indetta.
A tale proposito, vale ricordare che l'art. 240 d.lgs. n. 152 del 2006
definisce la messa in sicurezza d'emergenza come "ogni intervento
immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di
emergenza... in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura,
atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione,
impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in
attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza
operativa o permanente".
Anche dalle definizioni contenute nell'art. 2 del decreto ministeriale
25 ottobre 1999, n. 471 emerge la differenza tra la misura straordinaria della
messa in sicurezza d'emergenza, relativa ad "ogni intervento necessario ed
urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli
inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in
attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi
di messa in sicurezza permanente" e le ordinarie forme di bonifica e
ripristino ambientale.
Solo per queste ultime gli artt. 5 e 10 del medesimo decreto
ministeriale prescrivono che le misure di sicurezza ed i piani di monitoraggio
e controllo debbano essere contenuti nei provvedimenti che approvano i progetti
preliminare e definitivo ed autorizzano gli interventi, così subordinando la
legittimità delle prescrizioni alla previa approvazione del progetto: nessuna
attinenza può, invece, essere attribuita ad una tale approvazione al caso di
disposizioni urgenti, che prescindono, data la natura dell'emergenza alla quale
devono fare fronte, da qualsiasi progetto o adempimento procedimentale al di fuori
di quanto prescritto dagli artt. 7 e 8 del decreto citato. Erra pertanto, la
sentenza impugnata anche nella parte in cui ha ritenuto la mancata previa
approvazione del piano presentato dalla società ricorrente causa di
illegittimità dei provvedimenti impugnati.
Dal richiamo operato dall'art. 240 lettera m) d.lgs. citato alla
condizioni di emergenza di cui alla precedente lettera t) quali circostanze che
legittimano le misure di emergenza, il Tribunale amministrativo deduce
l'illegittimità dei provvedimenti impugnati, nessuna di tali circostanze
essendosi riscontrata nel caso di specie.
Emerge dai verbali della conferenza che,dalle indagini effettuate
nell'area risultava una "evidente contaminazione delle acque di falda
dovuta prevalentemente a metalli pesanti, BTXES e composti organici
clorurati" e l'esigenza urgente di evitarne la diffusione fino al mare
antistante l'area industriale. Consiglio di Stato, sez. VI, 21/06/2011, n. 3721.
Nessun commento:
Posta un commento