1 Ambiente. Obbligo gestore discarica.
La responsabilità del gestore della discarica per
l'accettazione e la ricezione di rifiuti in violazione delle prescrizioni
autorizzative e dei requisiti d'ammissibilità previsti dal D.M. 3 agosto 2005
(recante "Definizione dei criteri d'ammissibilità dei rifiuti in
discarica"), emanato in attuazione D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, va
valutata con riferimento alle regole vigenti al momento del conferimento.Cassazione
penale, sez. III, 02/05/2013, n. 21146.
Il D.M. 3 agosto
2005, recante la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in
discarica, è stato emanato in attuazione di quanto disposto dal D.Lgs. n. 36
del 2003, art. 7, comma 5, (attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle
discariche di rifiuti) che demanda ad un apposito decreto la definizione dei
criteri di ammissibilità in discarica dei rifiuti ed era vigente all'epoca dei
fatti, essendo stato abrogato solo con l'entrata in vigore del D.M. 27
settembre 2010, secondo quanto stabilito dall'art. 11 del Decreto medesimo.
Il testo del provvedimento è inequivoco e contempla i
criteri e le procedure di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche,
prevedendo la caratterizzazione di base del rifiuto da eseguire prima del
conferimento in discarica, ovvero dopo l'ultimo trattamento effettuato e la
verifica del rifiuto al fine di stabilire il possesso delle caratteristiche
della relativa categoria ed il rispetto dei criteri di ammissibilità previsti.
Con specifico riferimento alle discariche di rifiuti
inerti, quale è quella gestita dal ricorrente, il D.M., art. 5 individua due
diverse tipologie di rifiuti. La prima è costituita dai rifiuti elencati nella
tabella 1, che non richiede alcun accertamento analitico, trattandosi di
rifiuti considerati già conformi ai criteri specificati nella definizione di
rifiuti inerti di cui al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, art. 2, comma 1, lett.
c) ed ai criteri di ammissibilità stabiliti dal decreto ministeriale. Si deve
tuttavia trattare di una singola tipologia di rifiuti, proveniente da un unico
processo produttivo, anche se sono ammesse, insieme, diverse tipologie di
rifiuti elencati nella tabella 1, purchè provenienti dallo stesso processo
produttivo, La seconda categoria contempla, invece, i rifiuti inerti che, a
seguito della caratterizzazione di base di cui all'art. 2, sottoposti a test di
cessione di cui all'allegato 3 al decreto, presentano un eluato conforme alle
concentrazioni fissate nella tabella 2 o che non contengono contaminanti
organici in concentrazioni superiori a quelle indicate nella tabella 3 del
Decreto.
Risulta pertanto evidente, come pure ritenuto dai giudici
del merito, che le disposizioni che individuano i criteri di ammissibilità dei rifiuti
In discarica hanno, come finalità esclusiva, quella di verificare la
conferibllità in discarica del singolo rifiuto previo accertamento delle
caratteristiche e della loro rispondenza ai requisiti normativamente fissati,
il che non consente di estenderne l'ambito di applicazione In momenti
successivi a quello del conferimento.
Del resto, anche il D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 7, comma
5 che prevede l'emanazione del decreto ministeriale, fa espresso ed esclusivo
riferimento ai criteri di ammissione in discarica dei rifiuti.
Tali disposizioni, peraltro, non prevedono alcuna
sanzione di nullità o inutilizzabilltà in caso di Inosservanza ed hanno
pertanto carattere ordinatorio.
Deve inoltre ritenersi possibile che la verifica circa
l'ammissione, in una discarica di inerti, di rifiuti che non soddisfano i
criteri normativamente individuati possa essere effettuata, dopo il
conferimento, non soltanto mediante accertamento analitico, ma anche attraverso
l'utilizzazione di ogni elemento di prova valutabile dal giudice.
Nella fattispecie, la Corte territoriale, dopo aver
proceduto all'individuazione dell'ambito di operatività del citato decreto
ministeriale in maniera che il Collegio ritiene giuridicamente corretta per le
ragioni appena esposte, ha puntualmente analizzato l'ulteriore, rilevante,
aspetto della rappresentatività dei campioni prelevati, con accertamento in
fatto ancora una volta assistito da tenuta logica e coerenza strutturale e
fondato sulle risultanze dell'istruzione dibattimentale e sulla verifica delle
metodiche utilizzate, ritenute corrette.
Tale verifica costituisce, peraltro, idonea, ancorchè
implicita, confutazione delle diverse considerazioni sviluppate dal consulente
di parte richiamate nel terzo motivo di ricorso attraverso l'inammissibile prospettazione
di una valutazione alternativa degli elementi già esaminati dai giudici del
merito.
La giurisprudenza di questa Corte abbia già avuto modo di
precisare che sul gestore della discarica grava l'obbligo di verificare la
caratterizzazione dei rifiuti effettuata dai produttori o dai detentori che li
conferiscono al fine di determinare l'ammissibilità dei rifiuti stessi (Sez. 3
n. 37559, 3 ottobre 2008) e che tale obbligo va assolto con tutti i mezzi
idonei, non potendo essere limitato ad una comparazione meramente visiva (Sez.
3 n. 36818, 12 ottobre 2011).
Si tratta, invero, di un obbligo chiaramente individuato
anche dal D.M. 3 agosto 2005 ripetutamente richiamato dal ricorrente, laddove
impone al gestore della discarica non soltanto un sommario esame documentale e
visivo come affermato in ricorso, quanto, piuttosto, un accertamento
sicuramente accurato, come emerge dal tenore complessivo delle disposizioni che
richiamano espressamente i doveri del gestore con riferimento ad attività di
"verifica" ed "ispezione".
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