1 Codice ambiente. Parte II Titolo II VAS.
2 Ambiente. Piani paesaggistici. V.A.S. Obbligatorietà.
La
V.A.S. si realizza in fase di elaborazione del piano mediante la redazione di
un rapporto ambientale che deve considerare lo stato dell'ambiente attuale del
territorio interessato e le sue alterazioni in presenza e non del provvedimento
da valutare, confrontato anche con possibili alternative strategiche,
localizzative e tecnologiche.
L'art.
5 del D.Lgs. 152/2006 recante le definizioni rilevanti ai fini
dell'applicazione del codice dell'ambiente afferma che "si intende per
(...) piani e programmi: gli atti e provvedimenti di pianificazione e di
programmazione, comunque denominati, compresi quelli cofinanziati dalla
Comunità' europea, nonché le loro modifiche" ( comma 1°, lettera e); il
successivo art. 6 dispone: "1. La valutazione ambientale strategica riguarda
i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e
sul patrimonio culturale. 2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene
effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi: a) che sono
elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente,
(...), della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli
(...)"; il comma 4°, inoltre, elenca espressamente i piani e programmi
esclusi dal campo di applicazione delle norme del codice dell'ambiente (e quindi
anche della V.A.S.), e tra questi non rientrano i piani paesaggistici: il solo
dato letterale sarebbe quindi già sufficiente per ritenere il piano in
questione sottoposto a V.A.S. È, in ogni caso determinante la circostanza che
la valutazione ambientale strategica, quale strumento di tutela dell'ambiente,
va effettuata in tutti i casi in cui i piani abbiano "impatti
significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale". Invero,
contrariamente a quanto sostenuto dalle associazioni ambientaliste,
"l'impatto significativo" non è quello caratterizzato da connotazioni
negative in termini di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello
ricavabile dalla definizione di impatto ambientale contenuto alla lettera c)
del'art. 5 citato quale " alterazione qualitativa e/o quantitativa,
diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea,
singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di
relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, (...)", per cui la valutazione
ambientale strategica va eseguita in tutti i casi di interazione (anche
positiva) tra l'attività pianificatoria e le componenti ambientali. Del resto,
la V.A.S. è solo uno strumento rispetto al fine che è la sostenibilità
ambientale delle scelte contenute negli atti di pianificazione ed indirizzo che
guidano la trasformazione del territorio. In particolare la valutazione di tipo
strategico si propone di verificare che gli obiettivi individuati nei piani
siano coerenti con quelli propri dello sviluppo sostenibile, e che le azioni
previste nella struttura degli stessi siano idonee al loro raggiungimento.
Pertanto, a prescindere dalla qualificazione dell'atto di pianificazione in
termini di piano urbanistico -territoriale o di piano paesaggistico, esso va comunque
previamente assoggettato a valutazione ambientale strategica. Infine, la tesi
difensiva sostenuta dall'amministrazione regionale secondo la quale il piano in
questione non determina alcun impatto significativo sull'ambiente e sul
patrimonio culturale essendo "preordinato a dettare un quadro conoscitivo
e una normativa di riferimento per l'attività di tutela, eminentemente
conservativa dei valori paesaggistici", non appare condivisibile alla luce
di un provvedimento che è invece imperniato sulla rivisitazione critica del
rapporto tra pianificazione paesistica e governo del territorio, sul parziale
superamento della concezione solo conservativa del paesaggio e sul
riconoscimento del paesaggio come risorsa per lo sviluppo (cfr. relazione
generale e relazioni tematiche allegate al piano).Peraltro, ammettere che un
piano preordinato alla tutela e allo sviluppo dei valori dell'ambiente del
paesaggio (e che quindi necessariamente impone forme di tutela che incidono
sull'assetto del territorio) non debba essere preceduto dalla verifica
ambientale finirebbe per vanificare la finalità della disciplina sulla V.A.S. e
di conseguenza di pregiudicare la corretta applicazione delle norme
comunitarie, frustrando così gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la
direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e promozione dello
"sviluppo sostenibile", espressamente enunciato all'art. 1 della
direttiva.
Per
le ragioni che precedono e in applicazione della disposizione dell'art. 11,
comma 5° del D.Lgs. 152/2006 (" La V.A.S. costituisce per i piani e
programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte
integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti
amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale
strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge"),
l'omessa preventiva sottoposizione a V.A.S. del piano paesaggistico rende
illegittimo il provvedimento di adozione impugnato con il ricorso in esame.
Sono
illegittimi i piani paesaggistici per i quali non è stata svolta una previa
valutazione ambientale strategica. Il comma 4 dell'art. 6 d.lg. n. 152 del
2006, infatti, nell'elencare espressamente i piani e i programmi esclusi dal
campo di applicazione delle norme del codice dell'ambiente (e quindi anche
dalla v.a.s.) non vi fa rientrare anche i piani paesaggistici. Inoltre,
"l'impatto significativo" rilevante ai fini della sottoponibilità a
v.a.s. di un piano non è quello caratterizzato da connotazioni negative in termini
di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello ricavabile dalla
definizione di impatto ambientale contenuta alla lett. c) dell'art. 5 d.lg. n.
152 del 2006, per cui la v.a.s. va eseguita in tutti I casi di interazione
anche positiva tra l'attività pianificatoria e le componenti ambientali. T.A.R.
Sicilia Catania, sez. I, 01/09/2011, n. 2152.
3 Ambiente. Piano cave. V.A.S. Obbligatorietà.
L'art.
13 della direttiva 2001/42/Ce - norme transitorie - precisa che l'obbligo di
v.a.s. si applica sia ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio
formale è successivo al 21 luglio 2004, sia a quelli il cui primo atto
preparatorio formale è precedente a tale data ma sono stati approvati più di
ventiquattro mesi dopo, a meno che gli stati membri decidano caso per caso che
ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione. Ne consegue che
il piano cave della provincia di Bergamo, con "iter" avviato nel 2003
ed approvazione conclusa nel 2008, doveva essere assoggettato a v.a.s., tanto
più che né Stato né Regione sono intervenuti per evitare motivatamente la sua
applicazione. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 21/10/2011, n. 1447.
Nella
fattispecie il Comune lamenta la violazione dei principi dettati dalla
direttiva 2001/42/CE in materia di valutazione ambientale strategica (VAS),
poiché questa doveva essere compiuta inderogabilmente e con riguardo all'intero
Piano.
Sostiene
l'Ente locale che la norma comunitaria è stata recepita nel nostro ordinamento
con il D. Lgs. 152/2006 e riguarda tutti i piani e programmi per il settore
industriale e della pianificazione territoriale (i quali definiscono il quadro
per l'approvazione o l'autorizzazione di progetti), e tra essi sono comprese le
cave con superficie superiore a 25 ettari .
La
Regione invoca i precedenti di questa Sezione ed in particolare le sentenze
della sez. I n. 893/2009 e n. 618/2010. La Regione aggiunge altresì che l'art.
3 paragrafo 3 della direttiva disciplina i Piani aventi ad oggetto una porzione
limitata e locale, come quello di cui si discorre, i quali sono sottoposti a
VAS soltanto se gli Stati membri ritengono che possano avere effetti
significativi sull'ambiente, e l'Italia non si è pronunciata in questo senso
con determinazione espressa.
Osserva
anzitutto il Collegio che la sentenza di questo Tribunale 4/5/2009 n. 893 è
stata annullata dal Consiglio di Stato per lesione del principio del
contraddittorio, con rinvio della causa al giudice di primo grado. La seconda
pronuncia (n. 618 in data 8/2/2010) è stata appellata.
Non
è condivisibile la posizione espressa dal ricorrente.
Il
Collegio ritiene di disattendere tale percorso interprettivo in virtù delle
considerazioni che seguono.
L'art.
3 paragrafo 2 della direttiva statuisce che "Fatto salvo il paragrafo 3,
viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i
programmi" i quali (lett. a) "... sono elaborati per i settori
agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della
gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della
pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono
il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli
allegati I e II della direttiva 85/337/CEE". L'allegato I della predetta
direttiva 85/337/CE contempla, al punto 19, "Cave e attività minerarie a
cielo aperto, con superficie del sito superiore a 25 ettari, oppure torbiere,
con superficie del sito superiore a 150 ettari".
L'ATE
di cui si discorre rientrerebbe in astratto nel raggio di operatività della
norma, poiché la sua estensione supera i 40 ettari.
Peraltro
parte ricorrente osserva che la VAS avrebbe dovuto essere effettuata per
l'intero Piano cave, che interessa aree di ampiezza nettamente superiore.
Questo rilievo consente di escludere l'applicazione del paragrafo 3 - nella
parte in cui prevede la VAS soltanto previa indagine dello Stato membro sulla
possibile incidenza dell'intervento sull'ambiente - che si riferisce a piani e
programmi "che determinano l'uso di piccole aree a livello locale":
la vastità di un Piano cave di un'intera Provincia conduce ex se ad escludere la sua sussunzione
tra le aree di esigue dimensioni, raggiungendo un'estensione complessiva
consistente (le superfici totali coinvolte superano i 1.000 ettari) ed
interferendo con un territorio di oltre 2.700 Kmq.
Non
può essere invocato l'art. 11 comma 3 del D. Lgs. 152/2006 (nel testo in vigore
nel 2008) per escludere la procedura di VAS in ragione dello stato di
avanzamento della pianificazione. Oltre al chiaro dato letterale dell'art. 13
paragrafo 3 della direttiva (già illustrato al precedente paragrafo 2.3
dell'esposizione in diritto), la stessa disposizione invocata dalla Regione,
nel testo per tempo vigente, statuisce che "La fase di valutazione è effettuata
durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla
sua approvazione o all'avvio della relativa procedura legislativa". In
coerenza con le disposizioni comunitarie la locuzione "fase
preparatoria" deve intendersi correlata al complesso delle attività di
impulso ed istruttorie, che hanno caratterizzato il Piano cave fino al segmento
procedurale anteriore alla sua approvazione, tanto che è stato oggetto di
modifiche ed aggiustamenti (anche sensibili) persino nel passaggio tra VI
Commissione e Consiglio regionale.
4 Ambiente Intervento di social housing.V.A.S. Obbligatorietà.
I
comuni sono Autorità competenti per la v.a.s. dei rispettivi piani e
varianti. Tale valutazione di compatibilità ambientale ha finalità di garantire
un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione
di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione
di piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle
condizioni per uno sviluppo sostenibile. Né può prescindersi da tale v.a.s.,
visto che, ai sensi dell'art. 11 comma ultimo, d.lg. n. 152 del 2006 (come
modificato dal d.lg. n. 4 del 2008), « i provvedimenti amministrativi di
approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove
prescritta, sono annullabili per violazione di legge ». T.A.R. Campania Napoli,
sez. VIII, 07/02/2013, n. 772.
Nel
caso di specie la società proponeva un
programma di intervento di social housing da realizzarsi su suoli di proprietà
siti nel Comune e classificati come aree a destinazione agricola dal vigente
P.R.G..
La
Regione invitava il Comune e la s.r.l. presso i propri uffici per la
prosecuzione di tale procedura negoziata e per la determinazione dei contenuti
progettuali definitivi della proposta.
La
Regione rappresentava inoltre che avrebbe dovuto stipulare le intese con i
Comuni interessati per la definitiva approvazione dei progetti ed il tempestivo
avvio dei lavori.
Pertanto,
con la precitata nota la Regione invitava la ricorrente a trasmettere il
progetto definitivo entro 45 giorni aggiungendo altresì che "Nello stesso
termine andranno parimenti risolte eventuali problematiche di carattere
urbanistico e/o ambientale".
Tuttavia
il Comune esprimeva il proprio diniego sulle proposte di edilizia residenziale
presentate dalla società.
In
particolare, trattandosi di interventi da realizzare in aree classificate come
agricole dal vigente strumento urbanistico, il Comune preferiva risolvere le
problematiche residenziali nell'ambito della pianificazione urbanistica
generale (avendo in corso la redazione del Piano Urbanistico Comunale - PUC)
ritenuta più idonea e più adeguata in relazione all'interesse pubblico al
corretto ed armonico utilizzo del territorio.
Con
un unico articolato motivo di diritto parte ricorrente lamenta che, con
l'impugnata delibera, il Comune avrebbe espresso un diniego illegittimo alla
prosecuzione dell'iter procedimentale di attuazione del programma di housing
sociale che aveva già registrato l'assenso dello Stato e della Regione
Campania.
Secondo
tale prospettazione, la motivazione ostativa opposta dall'amministrazione
locale non sarebbe condivisibile per due ragioni:
I)
in primo luogo, in quanto il carattere straordinario del piano nazionale
abitativo consentirebbe il ricorso alle procedure di variante urbanistica
semplificata, tenuto anche conto che i programmi integrati di social housing
assumono rilevanza strategica nazionale ai sensi dell'art. 11, undicesimo
comma, D.L. 112/2008;
II)
inoltre, vi sarebbe piena coerenza tra la soluzione localizzativa proposta
dalla società ricorrente e le scelte del PUC in corso di redazione, visto che
il Comune avrebbe destinato le aree de quibus a funzioni residenziali sociali.
Il
ricorso è infondato.Non è sostenibile la prima deduzione svolta dalla
ricorrente che, invero, tende a dequotare l'apporto procedimentale dei Comuni
nelle procedure di evidenza pubblica che hanno ad oggetto gli interventi di
social housing.
Secondo
tale impostazione, il Comune dovrebbe semplicemente prendere atto delle
determinazioni d'intesa Stato - Regione recependone le scelte quanto alla
localizzazione degli insediamenti edilizi, anche qualora la realizzazione di
tali programmi di edilizia comporti la necessità di procedere a varianti
urbanistiche.
Tuttavia,
tale opzione ermeneutica si pone in rapporto di insanabile contrasto con i
principi generali in materia di urbanistica e governo del territorio, oltre che
con il descritto quadro normativo in tema di social housing.
Con
riguardo al primo profilo, la giurisprudenza ( Consiglio di Stato, Sez. IV, 1
dicembre 2011 n. 6349) ha da tempo rilevato che nella redazione dello strumento
urbanistico generale il ruolo del Comune è, in linea di principio,
preponderante, in quanto ad esso spetta l'iniziativa e la formulazione di una
compiuta proposta, mediante l'adozione del progetto di piano, competendo alla
distinta autorità provinciale l'approvazione del medesimo (cfr. per il PUC,
l'art. 24 L. Reg. 22 dicembre 2004 n. 16).
Tale
conclusione è peraltro coerente con l'art. 13 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267,
laddove si dispone che "Spettano al comune tutte le funzioni
amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale,
precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità,
dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo
quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o
regionale, secondo le rispettive competenze".
Si
aggiunga che, nel caso in esame, l'apporto procedimentale del Comune si
appalesa necessario anche in considerazione delle implicazioni di carattere
ambientale conseguenti alla variante urbanistica richiesta dall'intervento di
social housing.
Come
noto, tale valutazione di compatibilità ambientale ha finalità di garantire un
elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di
considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e
approvazione di piani e programmi assicurando che siano coerenti e
contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.
Né
può prescindersi da tale V.A.S. (che, come si è visto, appartiene al Comune),
visto che, ai sensi dell'art. 11, ultimo comma, del D.Lgs. 152/2006 (come
modificato dal D.Lgs. 4/2008) "I provvedimenti amministrativi di
approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove
prescritta, sono annullabili per violazione di legge".
Sotto
altro aspetto, dall'analisi delle disposizioni di settore emerge che la scelta
delle proposte di social housing da ammettere a finanziamento non può
prescindere dall'assenso dei Comuni interessati, il cui apporto procedimentale
è indispensabile al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva
richiesta abitativa nei singoli contesti, rapportati alla dimensione fisica e
demografica del territorio di riferimento (art. 11, quarto comma, D.L.
112/2008; art. 4, primo comma, D.P.C.M. 16 luglio 2009), specie allorquando
tali programmi di intervento richiedano l'adeguamento degli strumenti
urbanistici vigenti (art. 8, terzo comma, D.P.C.M. 16 luglio 2009 che, come si
è visto, prevede apposita conferenza di servizi qualora sia necessaria la
contestuale definizione o variazione di atti di "pianificazione
territoriale di competenza di amministrazioni diverse").
Non
pare pertinente il richiamo all'art. 81 D.P.R. 616/1977 e all'art. 3 del D.P.R.
383/1994 in base ai quali, secondo la prospettazione di parte ricorrente,
l'accordo di programma Stato - Regione del 19 ottobre 2011 avrebbe
definitivamente superato la procedura ordinaria urbanistica e subordinato la
sottoscrizione della convenzione ad una semplice verifica di coerenza con il
progetto preliminare oggetto di finanziamento.
Parte
ricorrente trascura di considerare che, ai sensi dell'art. 4 del predetto
accordo di programma (versato agli atti di causa dall'amministrazione statale),
tale verifica di coerenza riguardava, a ben vedere, i "progetti
definitivi" ed il relativo quadro economico generale con le singole
proposte di intervento.
Nel
caso in esame, la mancata conclusione della conferenza di servizi e la mancata
ratifica del Comune impedisce di ritenere perfezionato l'iter procedimentale
delineato, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 8 menzionato decreto
regionale, la proposta di housing avanzata dalla ricorrente andava esclusa
dall'elenco degli interventi ammessi al programma regionale di edilizia
residenziale.
5 Ambiente. V.A.S. eventuale. Obbligatorietà. Tutela.
la
V.A.S. è stata introdotta nell'ordinamento comunitario dalla Direttiva
2001/42/CE del 27 giugno 2001, recepita in Italia con la Parte II, Titolo II
(artt. 11 e seguenti) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, c.d. Codice
dell'Ambiente, modificato e integrato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4 e dal
D.Lgs. 29 giugno 2010 n. 128.
Lo
scopo della V.A.S. consiste nella verifica degli impatti derivanti
sull'ambiente naturale da strumenti urbanistici generali: in particolare,
l'aggettivo "strategica" evidenzia l'aspetto caratterizzante
dell'istituto, costituito dalla significativa anticipazione della valutazione
delle possibili conseguenze ambientali negative dell'azione amministrativa conseguenti
alla progettazione ed adozione di piani e dei programmi.
La
V.A.S. si distingue dalla V.I.A. quanto all'oggetto e alla funzione.
Sotto
un primo profilo, la Valutazione Ambientale Strategica, a differenza della
Valutazione di Impatto Ambientale, non si riferisce ai progetti delle singole
opere, bensì agli strumenti di programmazione e di pianificazione nel loro
complesso (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2009 n. 7651).
Inoltre,
la V.A.S. trova la propria ragione giustificatrice nella inidoneità della V.I.A.
a cogliere le implicazioni sul sistema ambientale causate dal sommarsi sul
territorio di singoli interventi puntuali pur sottoposti a valutazione
ambientale positiva.
Tale
valutazione ha quindi la finalità di garantire un elevato livello di protezione
dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali
all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di piani e programmi
assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno
sviluppo sostenibile. Assicura inoltre che l'attività antropica sia compatibile
con le condizioni per uno sviluppo sostenibile, nel rispetto della capacità
rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della
biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività
economica.
La
V.A.S. costituisce parte integrante dei procedimenti di adozione ed
approvazione dei piani e programmi, come espressamente disposto dall'art. 11,
quinto comma, del Codice dell'Ambiente.
La,
norma che riproduce l'analoga formulazione dettata dall'art. 4, paragrafo 1
della Direttiva 2001/42/CE secondo cui "La valutazione ambientale di cui
all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o
del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa
procedura legislativa".
Tenuto
conto che l'iter di formazione degli strumenti urbanistici si articola, di
regola, nelle diverse fasi dell'adozione ed approvazione, si ritiene che il
giudizio di compatibilità ambientale debba essere compiuto nella fase
preparatoria dello strumento di pianificazione e, in ogni caso, prima della
relativa approvazione.
T.A.R.
Campania Napoli, sez. VIII, 19/12/2012, n. 5256 .
A
sostegno di tale opzione ermeneutica milita il disposto dell'art. 11, ultimo
comma, del Codice dell'Ambiente (come modificato dal D.Lgs. 4/2008) secondo cui
"I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa
valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per
violazione di legge".
Circa
l'ambito di applicazione del giudizio di compatibilità paesaggistica si
distingue tra V.A.S. obbligatoria e V.A.S. eventuale.
Nella
prima categoria rientrano i piani e i programmi (intesi come provvedimenti di
pianificazione e di programmazione comunque denominati ex art. 5 lett. 'e' del
D.Lgs. 152/2006) previsti dall'art. 6 secondo comma, del D.Lgs. 152/2006 e,
segnatamente quelli:
-
elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria, per i settori
agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, trasporti, della
gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, del turismo, della
pianificazione territoriale e della destinazione dei suoli e che definiscono il
quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione
o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV
del decreto;
-
per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di
conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la
conservazione degli uccelli selvatici (ZPS ai sensi della Direttiva c.d.
"Uccelli" 79/409/CEE) e quelli classificati come siti di importanza
comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della
fauna selvatica (SIC previsti dalla Direttiva c.d. "Habitat"
92/43/CEE), si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi
dell'articolo 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.
Viceversa,
si procede a "V.A.S. eventuale" (art. 6, commi 3 e 3 bis) se
sussistono congiuntamente le seguenti condizioni:
a)
si tratti di provvedimenti di pianificazione che riguardano l'uso di piccole
aree a livello locale ovvero hanno ad oggetto modifiche minori dei piani e dei
programmi di cui all'art. 6 secondo comma (soggetti a V.A.S. obbligatoria) o
che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti con
effetti significativi sull'ambiente;
b)
l'Autorità competente valuti all'esito di una specifica verifica preventiva
(c.d. "screening") che detti piani e programmi potrebbero avere
impatti significativi sull'ambiente secondo le disposizioni contenute nell'art.
12.
Tale
ultima disposizione disciplina la valutazione di assoggettabilità che è
definita dall'art. 5 lett. m bis) come la "verifica attivata allo scopo di
valutare, ove previsto, se piani, programmi ovvero le loro modifiche, possano
aver effetti significativi sull'ambiente e devono essere sottoposti alla fase
di valutazione secondo le disposizioni del presente decreto considerato il
diverso livello di sensibilità ambientale delle aree interessate".
Nella
fattispecie si controverte di V.A.S. eventuale e non obbligatoria, tanto che
oggetto del contenzioso è proprio il giudizio espresso dalla Regione Campania
(nella qualità di Autorità competente) ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. 152/2006
all'esito della procedura di "screening".
In
altri termini, pur non ricorrendo i presupposti per l'attivazione della
procedura di V.A.S. obbligatoria, l'Autorità competente ha ritenuto nel caso in
esame che sussistessero le ragioni per sottoporre ugualmente alla verifica di
compatibilità paesaggistica il piano attuativo presentato dalla Edil Strade.
Ritiene
tuttavia il Collegio che, fermi restando i profili di discrezionalità tecnica
connessi al giudizio di assoggettamento a V.A.S.. l'amministrazione non abbia
sufficientemente adempiuto l'onere motivazionale, con particolare riferimento
alla specificazione degli impatti significativi dell'ambiente conseguenti al
piano presentato dalla società ricorrente.
Orbene,
ritiene il Collegio che l'amministrazione non abbia compiutamente esternato le
ragioni logico - giuridiche occorrenti per ritenere applicabile la disciplina
di cui agli artt. 12 e seguenti del D.Lgs. 152/2006.
Tale
conclusione si impone tenuto conto sia della omessa specificazione dell'impatto
sull'ambiente derivante dal P.U.A., sia della mancata ponderazione dei criteri
appositamente individuati dal legislatore (Allegato I al Codice dell'Ambiente)
sia infine della mancata valutazione dei chiarimenti forniti dalla ricorrente
circa le concrete caratteristiche del piano.
In
dettaglio, la decisione di assoggettare a V.A.S. il piano attuativo si è
fondata esclusivamente sulle caratteristiche del medesimo (es. superficie,
numero di lotti edificabili, vigenza di un Programma di Fabbricazione nel
Comune interessato, incongruenze documentali) ma non è stato svolto alcun
riferimento in ordine alla ricorrenza delle condizioni che giustificano
l'assoggettamento alla valutazione ambientale ai sensi dell'art. 6 del Codice
dell'Ambiente a tenore del quale "La valutazione ambientale strategica
riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi
sull'ambiente e sul patrimonio culturale" tenuto anche conto "del
livello di sensibilità ambientale" delle aree interessate ex art. 5, lett.
m-bis) del Codice dell'Ambiente.
Difatti,
l'atto non contiene alcuna valutazione circa l'impatto sull'ambiente e sul
patrimonio culturale del P.U.A. nonché alle caratteristiche dell'area oggetto
di intervento: non vi è infatti alcun riferimento ad eventuali problemi
ambientali pertinenti al piano o al programma, alla probabilità, durata,
frequenza e reversibilità degli impatti, al carattere cumulativo degli stessi e
ad eventuali rischi per la salute umana o per l'ambiente.
A
corroborare tali argomentazioni vi è pure l'ulteriore considerazione che, sui
suoli de quibus, non insiste alcun vincolo paesaggistico ed ambientale, così
come riferito nella perizia di parte .
Inoltre,
benché il Comune di Galluccio sia sottoposto a tutela SIC (sito di importanza
comunitaria), l'area oggetto del piano di lottizzazione non ricade all'interno
e, in ogni caso, non sono presenti ZPS (zone di protezione speciale - cfr.
perizia dell'Ing. Pe., pag. 6).
Al
fine di chiarire le nozioni di sito di importanza comunitaria e zona di
protezione speciale, occorre precisare che la Direttiva c.d.
"Uccelli" 79/409/CEE del 2 aprile 1979, concernente la conservazione
di tutte le specie di uccelli selvatici, impone agli Stati membri dell'Unione
Europea di adottare le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire
una varietà ed una superficie di habitat per tutte le specie di uccelli
tutelate (art. 3) anche mediante l'istituzione di aree tutelate denominate zone
di protezione speciale (c.d. ZPS). In Italia è stata data attuazione a tale
direttiva con la L. 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
La
Direttiva c.d. "Habitat" 92/43/CEE del 21 maggio 1992 relativa alla
conservazione degli ambienti naturali e seminaturali, della flora e della fauna
selvatiche, finalizzata alla tutela della diversità biologica, degli habitat e
di specie animali e vegetali particolarmente rare, prevede che gli Stati
dell´Unione Europea contribuiscano alla costituzione della rete ecologica
europea individuando aree di particolare pregio ambientale denominate siti di
importanza comunitaria (SIC) e zone speciali di conservazione, intese queste
ultime come SIC in cui sono applicate misure di conservazione necessarie al
mantenimento e al ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente degli
habitat naturali e delle specie animali.
6 Ambiente – Localizzazione impianto di termovalorizzazione
I
provvedimenti preliminari all'individuazione delle aree idonee alla
localizzazione di un impianto di termovalorizzazione, pur costituendo il
presupposto logico-giuridico degli atti di concreta localizzazione del sito e
dì realizzazione dell'impianto, non sono soggetti agli obblighi di
partecipazione di cui agli art. 7 e 8 l. n. 241 del 1990, in quanto hanno
carattere sostanzialmente programmatorio e, pertanto, troverà applicazione
l'art. 13 della medesima legge che lascia ferme le particolari norme che
regolano la formazione degli atti normativi, amministrativi generali, di
pianificazione e di programmazione.
Non
è illegittima la scelta operata dall'amministrazione provinciale di realizzare
un nuovo impianto di termovalorizzazione eccedente il fabbisogno regionale
indicato nel piano provinciale per la gestione dei rifiuti, in quanto è volta
alla predisposizione di un sistema di sicurezza idoneo a garantire la
governabilità del ciclo dei rifiuti anche laddove le previsioni in ordine alla
percentuale di rifiuti da avviare allo smaltimento ed alla raccolta
differenziata risultassero poi smentite. T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 01/12/2007,
n. 3607
Sussiste
la legittimazione ad impugnarne gli atti in capo alle aziende situate nella
c.d. area di influenza (avente un raggio di due chilometri dal sito) in quanto
la stessa previsione dì misure di compensazione ambientale conferma il presumibile
impatto negativo dell'intervento sulle attività esistenti.
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