1 Codice ambiente. Parte II Titolo III VIA.
2 Ambiente. Termovalorizzatore. VIA valutazione dell'impatto ambientale sostituisce permesso di costruire.
L'art.
26 comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, afferma che il provvedimento di valutazione dell'impatto
ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni,
licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia
ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o
dell'impianto".
L'art.
17 della Legge regionale Emilia Romagna n. 9/2009, ribadisce che la valutazione
di impatto ambientale (V.I.A.) positiva per i progetti di cui all'art. 7
comprende e sostituisce tutte le intese, le concessioni, le autorizzazioni, le
licenze, i pareri, i nulla osta, gli assensi comunque denominati, necessari per
la realizzazione del progetto in base alla vigente normativa."
Nella
fattispecie il Comune sostiene che la VIA e l'espressione favorevole del parere
in Conferenza dei servizi non abbiano integrato il rilascio del permesso di
costruire, ma all'accoglimento di tale tesi osta in primo luogo il disposto
normativo sopra citato e, in secondo luogo, dal testo in concreto adottato
della deliberazione di VIA, che fa espresso riferimento al rilascio del
permesso di costruire e al fatto che il Comune abbia dato parere positivo al
progetto nel corso di tale procedimento.
Lo
stesso Comune ha approvato, sempre nell'ambito della Conferenza dei Servizi
anche il Rapporto sull'Impatto ambientale, per cui non può ritenersi che non
abbia voluto rilasciare il permesso di costruire. Anche la Regione e la
Provincia si sono espresse con l'approvazione, in particolare da parte della
Provincia, degli atti finali della procedura di VIA.
Il
fatto che vi fosse la necessità di approvare la variante di P.O.C. ai fini del
rilascio del permesso di costruire come rilevato nel verbale della Conferenza dei
servizi dal rappresentante del Comune di Parma, non implica l'assenza del
permesso di costruire, ma soltanto che l'approvazione della variante di POC
costituiva una condizione sospensiva della V.I.A. (e quindi del permesso di
costruire implicito nell'approvazione di quest'ultima), per cui una volta
approvata la variante di POC il permesso
di costruire si deve ritenere rilasciato.
E’
anomalo ritenere che l'opera in questione è priva del titolo edilizio dopo che
il Comune ha partecipato a tutto l'iter approvativo ai fini del rilascio
dell'autorizzazione unica, ed ancora dopo la comunicazione di inizio dei lavori
e a seguito della partecipazione alla Commissione Tecnico amministrativa
deputata a esaminare il progetto esecutivo e la sua rispondenza a quanto realizzato.
In
particolare, sotto quest'ultimo profilo si rileva che il testo della delibera
di VIA prevede nella motivazione che vi sia un controllo congiunto, provinciale
e comunale, per assicurare che i progetti esecutivi siano coerenti col progetto
definitivo a base della V.I.A. i progetti devono essere inviati al Comune e
alla Provincia al fine di verificare il rispetto di quanto autorizzato; il
Comune ha asseverato la rispondenza dei progetti d'impianto al Piano
urbanistico con determina dirigenziale, rilevando che essa è conforme agli
strumenti della pianificazione urbanistica comunale.
La
ricorrente ha comunicato al Comune di Pr l'inizio dei lavori e il Comune nulla
ha obiettato nulla.
Nella
vigenza delle disposizioni citate e alla luce dell'iter seguito dalle
amministrazioni nell'ambito della Conferenza dei servizi, a cui il Comune ha
attivamente partecipato, la conclusione positiva del procedimento con
l'approvazione del progetto esecutivo e l'affermazione della sua conformità
rispetto al progetto definitivo comporta non solo l'approvazione del progetto,
ma anche il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione dell'impianto.
Nella
fattispecie si è riconosciuto che il permesso di costruire è stato rilasciato
nell'ambito della procedura autorizzativa e di VIA .
È
stato dichiarato illegittimo il
provvedimento comunale di sospensione dei lavori di realizzazione di un
termovalorizzatore per assenza di permesso di costruire, quando l’intervento
sia stato positivamente valutato in sede di v.i.a. ai sensi degli art. 26 e 17
d. lg. n. 42 del 2004, a norma dei quali la v.i.a. positiva sostituisce e
comprende anche le autorizzazioni e gli assensi necessari per la realizzazione
del progetto. T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 25/01/2012, n. 41.
3
Ambiente. Domanda di
V.I.A. e di autorizzazione per lo sviluppo dell'impianto di trattamento
rifiuti. Procedimento legittimità.
Nella fattispecie in data è stata acquisita la
domanda di V.I.A. e di autorizzazione ai sensi degli artt. 11 e 23 della legge
regionale Veneto n. 10/99 presentata dalla società. per lo sviluppo e la
razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti nel comune.
Conclusa favorevolmente l'istruttoria
preliminare, la società proponente ha provveduto alla pubblicazione
dell'annuncio dell'avvenuto deposito del progetto e del S.I.A. con il relativo
riassunto non tecnico presso la Provincia, il Comune e la Regione.
L'Ufficio V.I.A. ha rappresentato alla società
che la Commissione regionale V.I.A., esaminato il progetto aveva riscontrato
"carenze conoscitive ed applicazioni parziali delle metodologie di
analisi", chiedendo, ai fini del prosieguo dell'istruttoria, integrazioni
e chiarimenti, puntualmente indicati nella stessa nota.
Si precisa che, ai sensi dell'art. 18 della L.R.
10/99, la presente richiesta di integrazione sospende i termini per
l'espressione del parere della Commissione Regionale V.I.A. fino alla data di
ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Si precisa inoltre che
nel caso non venga ottemperato alla presente richiesta entro 90 gg. dal suo
ricevimento la domanda di V.I.A. e autorizzazione si intenderà decaduta".
Successivamente la Commissione V.I.A. ha fissato
per la produzione dei chiarimenti ed integrazioni richiesti il termine del….
In tutti detti atti invero risulta espressamente
indicato che per il progetto di sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di
trattamento rifiuti proposto dalla s.r.l. la procedura di V.I.A. e
l'autorizzazione era disciplinata proprio dalla predetta legge regionale artt.
11 e 23.
In altri termini l'amministrazione regionale nel
caso di specie ha espressamente esercitato il potere conferitole, non può
negarsi che la legittimità del provvedimento impugnato, ed in particolare
riguardo della proroga dei termini accordati, non poteva che essere valutata
alla stregua della legge stessa, come hanno correttamente rilevato i primi
giudici.
Al riguardo deve rilevarsi che il ricordato
articolo 18 (rubricato "Parere della commissione VIA"), dopo aver
stabilito al primo comma che la commissione esprime il proprio parere
sull'impatto ambientale dell'impianto, opera o intervento, entro 135 giorni
dalla data della pubblicazione dell'ultimo annuncio (sulla base: a) delle
osservazioni di cui al comma 2 dell'articolo 16 e delle controdeduzioni di cui
al comma 3 dell'art. 17; b) delle risultanze dell'eventuale inchiesta pubblica;
c) dei pareri di cui all'articolo 17), prevede al secondo comma che, entro lo
stesso termine di cui al comma 1 (135 giorni) e per una sola volta, possono
essere richieste al proponente le integrazioni eventualmente necessarie,
precisando che tale richiesta sospende i termini del procedimento che
ricominciano a decorrere con la presentazione delle integrazioni richieste; il
terzo comma aggiunge poi che, qualora entro novanta giorni dalla richiesta il
soggetto proponente non produca le integrazioni richieste, la domanda di V.I.A.
si intende decaduta.
E" lo stesso tenore letterale delle
richiamate disposizioni ad escludere che il termine di novanta giorni possa
essere considerato meramente ordinatorio e che possa quindi residuare in capo
all'amministrazione procedente un ulteriore potere di concedere una proroga di
detto termine: è sul punto inequivoca la previsione del terzo comma, secondo
cui la mancata tempestiva produzione delle integrazioni richieste comporta la
decadenza della domanda di V.I.A.
Tale previsione è del tutto coerente con i
principi di imparzialità e di buon andamento, cui deve essere improntata
l'azione amministrativa, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, sub
specie dell'efficacia, efficienza, economicità e speditezza, non potendo
riconoscersi, in mancanza di un'apposita previsione normativa, all'amministrazione
un potere di differire, sia pur a richiesta dell'interessato, la propria
decisione su questioni di particolare rilevanza, quali sono quelle in materia
di V.I.A., sia per la molteplicità degli interessi pubblici che vengono in
gioco, sia per il rischio che gli studi, le indagini, le analisi e le
valutazioni poste a base dei progetti proposti possano risultare
successivamente inattuali ed inadeguate a causa di eventuali sopravvenienze di
fatto e di diritto, rendendo inutile l'attività istruttoria già svolta e/o
compromettendo le stesse determinazioni dell'amministrazione.
Pertanto la Commissione V.I.A., in mancanza di
un'apposita previsione normativa, non poteva accordare alla società proponente
una proroga per la presentazione delle integrazioni richieste che, come
avvenuto, superasse il termine di 90 giorni stabilito a tal fine dalla legge:
del resto è agevole rilevare che, proprio per la pluralità e la delicatezza
degli interessi pubblici che devono essere tutelati e contemperati proprio attraverso
il procedimento V.I.A., il termine previsto dalla legge per la presentazione da
parte del proponente dei richiesti chiarimenti e integrazioni non può
considerarsi come posto a favore del proponente stesso, il che ne esclude, come
puntualmente evidenziato dai primi giudici, la disponibilità da parte
dell'amministrazione procedente.
Né può sostenersi che la sanzione della decadenza
dalla domanda di V.I.A., di cui al terzo comma dell'articolo 18, sia
ricollegabile esclusivamente ad un manifesto disinteresse del proponente in
ordine alla richiesta istruttoria dell'amministrazione.
Una simile ricostruzione non solo non è
supportata da alcun dato letterale o da qualche elemento sistematico della
normativa, risolvendosi in una mera suggestiva prospettazione soggettiva, per
quanto, a tutto voler concedere, non è stato fornito alcun elemento probatorio,
neppure a livello di semplice indizio, circa l'impossibilità assoluta
(oggettiva e non soggettiva) da parte della società di adempiere
tempestivamente alle richieste istruttorie dell'amministrazione, né un simile
decisivo profilo risulta approfondito e valutato dal contestato provvedimento
di proroga (del termine), essendosi l'amministrazione limitata sostanzialmente
ad una mera presa d'atto della richiesta della proponente. Consiglio di Stato,
sez. V, 10/07/2012, n. 4068.
Commette il reato di cui all'art. 256, comma 1,
lett. a), d.lg. n. 152/2006 l'assessore comunale che autorizzi, mediante
l'emanazione verbale di un'ordinanza contingibile e urgente, una società di
smaltimento di rifiuti a utilizzare un'area del Comune per lo stoccaggio di
rifiuti non compostabili, non trovando applicazione la scriminante
dell'adempimento del dovere in quanto l'atto emesso era tanto macroscopicamente
illegittimo da essere giuridicamente inesistente e comunque non riconducibile
alla categoria delle ordinanze di necessità e urgenza. Cassazione penale, sez.
III, 12/10/2011, n. 2683.
4 Ambiente. V.I.A. Illegittimità.
L'art.
30, l.r. Veneto 8 settembre 1997, n. 36, dispone che "Nell'ambito
dell'intero territorio dei comuni interessati dal Parco del Delta del Po ....:
a) gli impianti di produzione di energia elettrica dovranno essere alimentati a
gas metano o da altre fonti alternative di pari o minore impatto
ambientale".
La
disposizione regionale citata, dettata in considerazione della specificità del
territorio preso in considerazione e con un'evidente finalità quindi di
protezione ambientale, nell'esercizio anche della competenza legislativa
regionale in materia di "produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia" (art. 117 co. 3, Cost.), senza certo prescrivere in via
esclusiva l'alimentazione a gas metano degli impianti di produzione di energia
elettrica realizzabili, esprime una sicura opzione legislativa di preferibilità
per gli impianti per l'appunto alimentati a gas metano, ammettendo una
differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate "fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale".
Perché
quindi -in applicazione della citata disposizione adottata dal legislatore
della Regione Veneto- possa essere espressa una valutazione positiva di
compatibilità ambientale di un impianto di produzione di energia elettrica
diversamente alimentato è necessaria una quanto mai accurata istruttoria volta
a comparare sul piano tecnico ed in concreto l'impatto ambientale
potenzialmente correlato al funzionamento della centrale proposta con quello
sempre potenzialmente derivante dall'esercizio di impianti che, a parità di
energia prodotta, siano tuttavia alimentati a gas metano: adeguata valutazione
comparativa di cui l'amministrazione preposta alla formulazione del parere di
compatibilità ambientale è quindi tenuta a dare compiutamente atto nella parte
motiva, responsabilmente prendendo in considerazione -nel condurre sul piano
tecnico il raffronto- ciascuno dei fattori che assumono rilievo nel determinare
l'impatto ambientale di una centrale elettrica, salvo successivamente a
procedere ad una valutazione di tipo complessivo.
La
valutazione delle alternative di progetto, già rientrante tra i compiti propri
dell'amministrazione in generale deputata ad esprimersi in merito alla
compatibilità ambientale, assume quindi connotati di particolare stringenza per
effetto della specifica disciplina legislativa regionale richiamata.
Il
Consiglio di Stato n. 3107 del 23 maggio 2011, riformando la sentenza di primo
grado, ha sancito l'illegittimità del
decreto di VIA n. 873/2009.
Sostanzialmente,
secondo il Consiglio di Stato, le Amministrazioni pubbliche competenti nella
procedura in esame (in primis, la Commissione statale VIA-VAS, sulla base dei
cui lavori è stato adottato il decreto ministeriale) non hanno svolto
adeguatamente il proprio compito nel valutare motivatamente le alternative al
progetto di riconversione a carbone proposto.
La
necessità che il proponente descriva sommariamente «le principali alternative
prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della
scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale» e che l'autorità competente
informi il pubblico, «tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del
pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la
decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione
del pubblico», è prevista a livello comunitario per tutti i progetti sottoposti
a valutazione di impatto ambientale (articoli 5, comma 3 e 9, comma 1 della
direttiva 85/337/CE).
Secondo
il Consiglio di Stato la valutazione comparativa delle alternative, nel caso
delle centrali elettriche da realizzare nei Comuni del Parco, assumerebbe
«connotati di particolare stringenza», in forza dell'articolo 30 della legge
regionale 36/1997, poiché lo stesso richiede che «gli impianti di produzione di
energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale ».
Nel
caso di specie, invece, «non può sostenersi che sia stata svolta la dovuta
comparazione analitica e motivata tra l'impatto ambientale potenzialmente
proprio della centrale a carbone che si intende realizzare e quello correlato
alla realizzazione e al funzionamento di centrale a gas metanoa». Il Tribunale
ha quindi rilevato come nel corso del procedimento fossero «state anzi espresse
perplessità in merito allo stesso studio di impatto ambientale presentato da
ENEL proprio per quel attiene al “confronto tra la riconversione a carbone e le
altre soluzioni alternative”». Tali perplessità, che emergerebbero sia nel
parere n. 244 del 30 giugno 2009 reso dalla Commissione regionale VIA, sia nella
nota n. 82234 del 29 giugno 2009 resa da ARPAV, Dipartimento di Rovigo,
riguarderebbero proprio la metodologia seguita nel porre a confronto le
emissioni potenzialmente correlate alle due tipologie di impianti .
Quanto
infine all'articolo 5 bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (introdotto
in sede di conversione con la legge 9 aprile 2009, n. 33), ad avviso del
Consiglio di Stato esso dev'essere interpretato restrittivamente, nel senso che
esso può trovare applicazione nei confronti delle sole leggi statali e
regionali che prevedano limiti di localizzazione territoriale, ossia un divieto
di localizzazione tale da determinare l'impossibilità dell'insediamento
dell'impianto energetico e da non permettere una localizzazione alternativa
(Corte Costituzionale, sentenza 22 luglio 2010, n. 278) .
Così
interpretato, la deroga dell'articolo 5 bis del D.L. 5/2009 non potrebbe
trovare operatività nei confronti dell'articolo 30 della legge regionale Veneto
36/1997, il quale «lungi dal precludere la localizzazione e l'insediamento di
impianti di produzione di energia elettrica, si limita ad esprimere — in
considerazione delle esigenze di protezione che la specifità del territorio
considerato evidentemente pone — una opzione del legislatore regionale di
preferibilità per gli impianti alimentati a gas metano, ammettendo una
differente alimentazione solo a condizione che siano utilizzate “fonti
alternative” di pari o minore impatto ambientale» .
L'art.
30 l. reg. Veneto 8 settembre 1997 n. 36, nella formulazione successiva alla
novella di cui alla l. reg. 22 febbraio 1999 n. 7, non prevede più l'obbligo
dell'alimentazione a gas metano o con altre fonti alternative non inquinanti,
limitandosi a prescrivere che nell'ambito dell'intero territorio dei comuni
interessati dal Parco del Delta del Po "gli impianti di produzione di
energia elettrica dovranno essere alimentati a gas metano o da altre fonti
alternative di pari o minore impatto ambientale.
La
valutazione di "pari o minore impatto ambientale" dell'impianto a
carbone proposto rispetto all'impianto alimentato a gas deve essere svolta
dall'Amministrazione in modo analitico, tenendo senz'altro anche conto
dell'attitudine inquinante che le centrali a confronto presentano sotto i
diversi aspetti che vengono in rilievo.
Ebbene,
l'apprezzamento comparativo in questione non può non essere condotto in modo
ancor più rigoroso allorché nel corso del procedimento amministrativo, ed in
particolare nella sua fase finale, emergano, come registratosi nel caso di
specie, perplessità espresse da organi tecnici dell'Amministrazione (il che è
mancato nel caso di specie). Consiglio
di Stato, sez. VI, 23/05/2011, n. 3107.
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