1 Codice ambiente. Parte III Titolo V Capo II Sanzioni penali.
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Ambiente. Reato di
scarico senza autorizzazione.
Configura il reato di scarico senza
autorizzazione (art. 137 d.lg. 3 aprile 2006 n. 152) la condotta di un
odontoiatra che faccia confluire i reflui provenienti dalla sua attività
dentistica nel canale di raccolta delle acque piovane, atteso che detti reflui,
per la loro particolare natura, non sono assimilabili alle acque reflue
domestiche ma a quelli derivanti da attività produttiva. Cassazione penale,
sez. III, 07/11/2012, n. 2340.
LA Cass. pen. sez. 3, 5 febbraio 2009, n. 12865,
afferma che ai fini della tutela penale dall'inquinamento idrico nella nozione
di acque reflue industriali ex art. 74, comma 1, lett. h, del suddetto decreto
(come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) rientrano tutti i tipi di
acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti
reflui non attengano prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività
domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche, come definite
dall'art. 74, comma 1, lett. g). Per determinare, quindi, le acque che derivano
dalle attività produttive occorre procedere a contrario, vale a dire escludere
le acque ricollegabili al metabolismo umano e provenienti dalla realtà
domestica (cfr. sez. 3, 27 novembre 2003-20 gennaio 2004 n. 978; conformi sez.
3, 1 luglio 2004 n. 35870 e sez. 3, 24 ottobre 2002 n. 42932). Attività
produttive, d'altronde, che non necessitano per essere tali di un vero e
proprio stabilimento, ma il cui insediamento può essere effettuato anche in un
edificio che non abbia complessivamente destinazione industriale (cfr., a
proposito di un'attività produttiva espletata in un locale situato in un
condominio, i cui reflui erano scaricati nella pubblica fognatura mediante la
tubazione condominiale, sez. 3, 7 luglio 2011 n. 36982, che ancora evidenzia,
come discrimen, il fatto che le acque abbiano "caratteristiche qualitative
diverse da quelle delle acque reflue domestiche").
Il che significa che non dalla natura della
struttura in cui sono prodotte (insediamento industriale o meno) bensì dalla
natura delle acque stesse scaturisce l'applicabilità della tutela penale
dall'inquinamento idrico. Che gli studi odontoiatrici producano acque reflue
provenienti da attività domestiche è insostenibile alla luce del notorio: i
reflui prodotti provengono da una attività che effettua servizi terapeutici, e
quindi non qualificabili domestici, e a ben guardare che è anche fornitrice di
beni ai clienti (si pensi alle protesi dentarie). In applicazione, quindi,
dell'art. 74, comma 1, nel combinato disposto delle lett. g) e h) - che, come
sopra si è già osservato, si pongono in rapporto di reciproca esclusione nel
loro dettato definitorio -, deve ritenersi che il giudice di merito abbia
correttamente applicato la normativa di settore, trattandosi di acque reflue
per cui è configurabile la contravvenzione ex D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137,
comma 1, avendo l'imputato effettuato scarichi senza autorizzazione di tali
reflui nella raccolta delle acque piovane
La condotta del legale rappresentante di una
società autorizzata allo scarico nelle acque superficiali di reflui misti
industriali e domestici che collega lo scarico dei reflui di condensa dei
compressori alla conduttura delle acque bianche meteoriche, costituisce
effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali in violazione delle
prescrizioni del provvedimento autorizzatorio e integra il reato di cui
all'art. 137, comma 1 del d.lg. 3 aprile 2006 n. 152. Cassazione penale, sez.
III, 24/10/2012, n. 513.
Integra il reato di scarico non autorizzato di
acque reflue industriali di cui all'articolo 137, comma 1, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la gestione di uno scarico di acque
industriali dopo la scadenza dell'autorizzazione. Cassazione penale, sez. III,
17/10/2012, n. 44903.
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Ambiente . Scarico
industriale. Differenza acque reflue domestiche.
Nella nozione di acque reflue industriali
rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente
al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche; ne consegue che
sono da considerare scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da
attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da
insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi,
quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle
delle acque domestiche.
La
definizione di acque reflue domestiche, contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 2006,
art. 74, comma 1, lett. g), quali acque provenienti da insediamenti di tipo
residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e
da attività domestiche, è tale da non ricomprendere (ai sensi del successivo
art. 101, comma 7, lett. c) le acque reflue non aventi caratteristiche qualitative
equivalenti a quelle domestiche (ex plurimis, sez. 3, 15 dicembre 2010, n.
2313, Rv. 249532; sez. 3, 18 giugno 2009, n. 35137, Rv. 244587). In
particolare, la natura del refluo scaricato costituisce il criterio di
discrimine tra la tutela punitiva di tipo amministrativo e quella strettamente
penale: nel caso in cui lo scarico abusivo abbia ad oggetto acque reflue
domestiche, potrà configurarsi l'illecito amministrativo, ex D.Lgs. n. 156 del
2006, art. 133, comma 2; mentre si avrà il reato di cui all'art. 137, comma 1,
del richiamato decreto, qualora lo scarico riguardi acque reflue industriali,
definite dall'art. 74, lett. h), come qualsiasi tipo di acque reflue
provenienti da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali
o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue
domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche
quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti. Pertanto
nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da
attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle
attività domestiche, cioè non collegati alla presenza umana, alla coabitazione
ed alla convivenza di persone; con la conseguenza che sono da considerare
scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione
industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si
svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le
caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque
domestiche, come nel caso delle acque reflue provenienti da laboratori diretti
alla produzione di alimenti (sez. 3, 7 luglio 2011, n. 36982).
Nella specie, il titolare di un bar/pasticceria
effettuava lo scarico delle acque reflue, provenienti dal ciclo produttivo del
suo esercizio, direttamente nella rete cittadina, attraverso le tubazioni
condominiali, senza esservi autorizzato. Cassazione penale, sez. III,
14/11/2012, n. 4844.
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Ambiente. Ordinanza di
allacciamento alla rete fognaria.
L'art. 74 comma 1 lett. n), d.lg. n. 152 del 2006
("Norme in materia ambientale", cd. Codice dell'ambiente), qualifica
come "agglomerato", l'area in cui le attività umane sono concentrate
in misura tale da rendere ammissibile la raccolta delle acque reflue urbane
verso un sistema di trattamento o un punto di recapito finale.
La decisione di estendere la rete fognaria
pubblica, portando la stessa sino ad una zona, non appare certo illogica o
arbitraria, tenuto conto che la raccolta delle acque reflue attraverso gli
impianti fognari pubblici contribuisce senza dubbio alla finalità di tutela e
preservazione delle acque e del suolo dall'inquinamento, finalità indicate
chiaramente dall'art. 73, d.lg. n. 152 del 2006.
Nel successivo art. 100 del medesimo decreto
legislativo (articolo rubricato "Reti fognarie"), viene manifestata
un'evidente preferenza del legislatore per lo smaltimento dei reflui attraverso
la rete fognaria, essendo gli altri metodi di smaltimento reputati, tutto
sommato, eccezionali e circoscritti agli insediamenti isolati.
Sussiste un obbligo generalizzato per gli enti
locali di realizzare una rete fognaria pubblica, da considerarsi non solo un
mezzo di raccolta delle acque ma anche uno strumento primario di tutela
ambientale. Gli articoli 4, comma 4° e
7, comma 4° del regolamento regionale
sugli scarichi delle acque n. 3 del 24.3.2006, affermano che gli scarichi
devono essere allacciati alla pubblica fognatura entro il termine di due anni
dal completamento delle reti nelle zone ove insiste una fognatura pubblica. T.A.R.
Lombardia Milano, sez. II, 14/11/2012, n. 2752
È legittima l'ordinanza che impone ai privati la
realizzazione sul loro terreno delle opere di allacciamento, dal momento che
anche l'eventuale distanza eccessiva può essere ridotta, attraverso la
costituzione di servitù coattiva di scarico ai sensi dell'art. 1043 comma 2,
c.c.
Sono legittime le ordinanze di allacciamento alla
fognatura anche laddove specificano che le acque meteoriche non possono essere
convogliate in fognatura ma devono essere disperse tramite idonei sistemi. Tale
prescrizione impone la separazione fra acque nere e meteoriche in ossequio a
precise disposizioni regolamentari e tecniche.
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