Espropriazione illegittima . Reintegra del possesso.
Nel caso in esame sulla domanda
di reintegra nel possesso proposta da parte ricorrente l'esigenza di tutela
immediata, soddisfatta dagli artt. 703-669 bis e ss. c.p.c., è efficacemente
garantita mediante il procedimento di cui all'art. 119 del Decr. Legisl. 2/7/2010, n. 104 di
riordino del processo amministrativo), di cui sussistono tutti i presupposti
applicativi (essendo, in particolare, la controversia oggetto del presente
giudizio contemplata dalla lettera b) del medesimo articolo).
Il comportamento tenuto dalla Amministrazione, la quale abbia emanato
una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di
occupazione d'urgenza senza tuttavia emanare il provvedimento definitivo di
esproprio nei termini previsti dalla legge, deve essere, poi, qualificato come
"illecito permanente", nella cui vigenza non decorre la prescrizione
In questo caso manca un effetto traslativo della proprietà, stante la
mancanza del provvedimento di esproprio, connesso alla mera irrevocabile
modifica dei luoghi.
Per questo motivo, salva restando la possibilità di optare per le
differenti forme "risarcitorie" che l'ordinamento appresta
(restituzione del bene ovvero risarcimento del danno per equivalente), il
soggetto privato del possesso può agire nei confronti dell'ente pubblico senza
dover sottostare al termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla
trasformazione irreversibile del bene, con l'unico limite temporale rinvenibile
nell'acquisto della proprietà, per usucapione ventennale del bene,
eventualmente maturata dall'ente pubblico (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo,
1.2.2011, n. 175).
Tali principi sono stati peraltro codificati in termini di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lett.
f) del Codice del processo amministrativo (allegato 1 del D. Lgs. 2 luglio 2010
n. 104) nell'ipotesi di comportamento dell'Amministrazione riconducibile
all'esercizio del pubblico potere che si sia manifestato per il tramite della
dichiarazione di pubblica utilità della quale non risulta dimostrata la perdita
d'efficacia, nonché nelle controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti e
comportamenti della P.A. in materia di espropriazioni per pubblica utilità di
cui alla successiva lett.g) del citato art. 133 ove si è espressamente
contemplata la giurisdizione esclusiva di questo giudice, ferma la
giurisdizione del giudice ordinario per le ipotesi di determinazione e
corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura
espropriativa o ablativa.
con l'art. 34 del Decreto-Legge 6.7.2011, n. 98 convertito in Legge
15.7.2011, n. 111 (in materia di misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria) è stato reintrodotto attraverso l'art. 42-bis l'istituto
dell'acquisizione coattiva dell'immobile del privato utilizzato
dall'Amministrazione per fini di interesse pubblico, potendosi acquisire al suo
patrimonio indisponibile il bene del privato allorché la sua utilizzazione
risponde a "scopi di interesse pubblico" nonostante difetti un valido
ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.
L'obbligo motivazionale ai sensi del nuovo comma 4 impone di dare conto
dell'assenza di ragionevoli alternative alla adozione del nuovo provvedimento,
che entro trenta giorni va anche comunicato alla Corte dei Conti (comma 7);
ancora nella nuova versione (commi 1, 2, 3 e 4) si fa riferimento
all'indennizzo, piuttosto che al risarcimento del danno, quale corrispettivo
dell'attività posta in essere dall'Amministrazione, ciò forse per la liceità
dell'attività, non retroattiva, posta in essere dall'Autorità agente. Laddove
prima, anche in sede di contenziosi diretti alla restituzione di un bene
utilizzato per scopi di interesse pubblico, la P.A. poteva chiedere che il
giudice amministrativo disponesse la condanna al risarcimento del danno, con
esclusione della restituzione, e successiva adozione del provvedimento sanante
dall'Amministrazione interessata, ora (comma 2) il provvedimento di acquisizione
può essere adottato anche in corso di giudizio di annullamento previo ritiro
dell'atto impugnato; il potere acquisitivo dell'Amministrazione è esercitabile
anche in presenza di una pronunzia giurisdizionale passata in giudicato che
abbia annullato il provvedimento che costituiva titolo per l'utilizzazione
dell'immobile da parte della stessa Amministrazione, atteso che il giudicato è
intervenuto sull'atto annullato e non sul rapporto tra privato ed
Amministrazione. Il nuovo atto, che l'Amministrazione è legittimata ad adottare
finché perdura lo stato di utilizzazione pur se illegittima del bene del
privato, è distinto da quello annullato, tant'è che non opera con efficacia
retroattiva e non ha una funzione sanante del provvedimento annullato; in ogni
caso la P.A. deve porre in essere tutte le iniziative necessarie per porre fine
alla perdurante situazione di illiceità, restituendo il bene al privato solo
quando siano cessate le ragioni di pubblico interesse che avevano comportato
l'utilizzazione del suolo, dovendo in caso contrario acquisire al suo
patrimonio indisponibile il bene su cui insiste o dovrà essere realizzata
l'opera pubblica o di pubblico interesse.
Premesso che in ogni caso non sarà possibile la restituzione della nuda
proprietà superficiaria al privato, atteso che ciò che rileva è appunto
l'idoneità del bene del privato a soddisfare, attraverso la sua trasformazione
fisica, l'interesse pubblico perseguito dall'Amministrazione, la prima
giurisprudenza (T.A.R. Sicilia, Catania, III, 19.8.2001, n. 2102) successiva
all'entrata in vigore del nuovo art. 42-bis ha ritenuto che il giudice
amministrativo, anche nell'esercizio dei propri poteri equitativi e nella
logica di valorizzare la ratio della novella legislativa di far sì che
l'espropriazione della proprietà privata per scopi di pubblica utilità non si
trasformi in un danno ingiusto a carico del cittadino e che gli effetti
indennitari e/o risarcitori conseguano necessariamente ad un formale
provvedimento della PA, possa accogliere la domanda risarcitoria derivante
dall'occupazione senza titolo di un bene privato per scopi di interesse
pubblico, se irreversibilmente trasformato, differendone però gli effetti
all'emissione di un formale provvedimento acquisitivo ai sensi dello stesso
art. 42-bis.
Il danno subito dal privato nel caso di occupazione acquisitiva va
liquidato tenendo conto non della rendita catastale quale è un mero valore
fiscale impresso dall'Amministrazione agli immobili a meri fini tributari,
bensì al valore di mercato (o venale) del bene ablato, da determinarsi
attraverso la valutazione delle caratteristiche intrinseche dell'immobile e
delle sue eventuali potenzialità edificatorie, la verifica dei prezzi
risultanti da atti di compravendita di immobili finitimi con analoghe caratteristiche
e il valore accertato dal Ministero delle Finanze rivalutato alla data
dell'irreversibile trasformazione, mentre sulla somma così determinata andranno
calcolate la rivalutazione monetaria e gli interessi al tasso legale.
T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09/07/2013, n. 3568
Nessun commento:
Posta un commento