Servizi pubblici - Gestione dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica - Modello in house . Requisiti
E’ venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della
eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica, stante l'abrogazione referendaria dell'art. 23 bis d.l.
n. 112/2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 4, d.l. n.
138/2011, e le ragioni del quesito referendario (lasciare maggiore scelta agli
enti locali sulle forme di gestione dei servizi pubblici locali, anche mediante
internalizzazione e società in house.
Si deve ritenere che la scelta dell'ente locale sulle modalità di
organizzazione dei servizi pubblici locali, e in particolare la opzione tra
modello in house e ricorso al mercato, debba basarsi sui consueti parametri di
esercizio delle scelte discrezionali, vale a dire: valutazione comparativa di
tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti; individuazione del modello
più efficiente ed economico; adeguata istruttoria e motivazione. Trattandosi di
scelta discrezionale, la stessa è sindacabile se appaia priva di istruttoria e
motivazione, viziata da travisamento dei fatti, palesemente illogica o irrazionale.
Consiglio di Stato, sez. VI, 11/02/2013, n. 762.
Secondo la giurisprudenza comunitaria il "controllo analogo"
dei soci pubblici sulla società in house costituisce un "potere
assoluto" di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del
soggetto partecipato, e che riguarda l'insieme dei più importanti atti di
gestione del medesimo.
In presenza di tale "assoluto potere", l'amministrazione può
prescindere dall'applicazione delle procedure di aggiudicazione degli appalti
pubblici, non in virtù di apposite clausole di esclusione contenute nelle
rispettive normative di settore, ma, piuttosto, perché si è in presenza di un
modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di
delegazione interorganica (Commissione europea, nota 26 giugno 2002).
Si è ritenuto che ove le decisioni relative alle attività di una
società cooperativa intercomunale detenuta esclusivamente da autorità pubbliche
sono adottate da organi statutari di detta società composti da rappresentanti
delle autorità pubbliche associate, il controllo esercitato su tali decisioni
dalle autorità pubbliche in parola può essere considerato tale da consentire
loro di esercitare sulla società di cui trattasi un controllo analogo a quello
che esercitano sui propri servizi (peraltro, con riserva di verifica da parte
del giudice del rinvio dei fatti attinenti al margine di autonomia di cui
fruisce la società in causa, in circostanze come quelle di cui alla causa
principale) (C. giust. CE, 13 novembre 2008 C324/07).
La giurisprudenza comunitaria si è soffermata anche sulle modalità di
esercizio del controllo analogo in caso di pluralità di soci pubblici,
affrontando il tema se il controllo debba essere individuale o possa essere
congiunto, e addivenendo alla seconda soluzione.
Si è concluso che qualora un'autorità pubblica si associ ad una società
cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti autorità pubbliche, al fine di
trasferirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità
associate a detta società esercitano su quest'ultima, per poter essere
qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi,
può essere esercitato congiuntamente dalle stesse, deliberando, eventualmente,
a maggioranza (C. giust. CE, 13 novembre 2008 C324/07,).
In positivo, il controllo analogo deve importare un'influenza
determinante sugli obiettivi strategici e le decisioni importanti, e può essere
attuato con poteri di direttiva, di nomina e revoca degli amministratori, e con
poteri di vigilanza e ispettivi.
E" stato ad esempio escluso il controllo analogo in un'ipotesi in
cui "lo statuto, in atti, è quello di una normale società per azioni,
nella quale i poteri appartengono agli organi sociali, e non è previsto nessun
raccordo tra gli enti pubblici territoriali e la costituzione degli anzidetti
organi: il presidente del consiglio d'amministrazione e il direttore sono
eletti dal consiglio d'amministrazione, il quale a sua volta è nominato
dall'assemblea senza vincoli di provenienza o di proposta, e la stessa assemblea
è composta "dai soci" senza ulteriori specificazioni; del collegio
sindacale è previsto solo che si compone di tre sindaci elettivi e due
supplenti, che durano in carica tre anni e sono rieleggibili. Gli enti pubblici
soci, a parte la possibilità di alienare le azioni, non sono neppure
menzionati, e anzi lo statuto stabilisce che "il consiglio di
amministrazione è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e
straordinaria della società ed ha facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga
opportuni per l'attuazione ed il raggiungimento degli scopi sociali, fatta
eccezione soltanto per gli atti che a norma di legge e del presente statuto
sono di competenza dell'assemblea"" (Cons. St., sez. V, 8 gennaio
2007 n. 5).
Nle caso di specie, l'art. 3 l.p. Bolzano n. 12/2007 - relativo
all'"Affidamento a società a capitale interamente pubblico" fornisce
una puntuale descrizione del controllo analogo, in linea con le prescrizioni
della giurisprudenza nazionale e comunitaria, prevedendosi i poteri di nomina e
revoca di amministratori e sindaci della società, lo svolgimento di funzioni di
indirizzo e direttiva, il controllo gestionale e finanziario, mediante
sopralluoghi e ispezioni e l'esame di reports periodici.
Passando all'esame delle disposizioni statutarie della società va
osservato quanto segue.
L'art. 7 dello statuto dispone che questa sia "costituita da soli
enti pubblici", "stante l'interesse pubblico perseguito dallo scopo
sociale".
Il potere di controllo analogo, previsto dallo statuto, è esattamente
corrispondente a quello richiesto dall'art. 3, comma secondo, l.p. n. 12/2007,
da parte della Comunità affidante sulla affidataria e
soddisfa i requisiti del controllo analogo perché i soci hanno pregnanti poteri
di controllo mediante la nomina e revoca degli amministrativi, poteri di
indirizzo e direttiva, poteri di ispezione, sopralluogo, verifica dei reports
periodici.
Secondo quanto osservato dalla Corte costituzionale (Corte cost. 20
luglio 2012 n. 199) la disciplina sopravvenuta da un lato, rende ancor più
remota l'ipotesi dell'affidamento diretto dei servizi, in quanto non solo
limita, in via generale, "l'attribuzione di diritti di esclusiva alle
ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa
economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai
bisogni della comunità" (comma 1), analogamente a quanto disposto
dall'art. 23bis (comma 3) del d.l. n. 112 del 2008, ma la ancora anche al
rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, il superamento
della quale (900.000 euro, nel testo originariamente adottato; ora 200.000
euro, nel testo vigente del comma 13) determina automaticamente l'esclusione
della possibilità di affidamenti diretti. Tale effetto si verifica a
prescindere da qualsivoglia valutazione dell'ente locale, oltre che della
Regione, ed anche - in linea con l'abrogato art. 23bis - in difformità rispetto
a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non
impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio pubblico da
parte dell'ente locale, allorquando l'applicazione delle regole di concorrenza
ostacoli, in diritto o in fatto, la "speciale missione" dell'ente
pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico
della società affidataria, del cosiddetto controllo "analogo" (il
controllo esercitato dall'aggiudicante sull'affidatario deve essere di
"contenuto analogo" a quello esercitato dall'aggiudicante sui propri
uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell'attività
dell'affidatario in favore dell'aggiudicante. Consiglio di Stato, sez. VI,
11/02/2013, n. 762.
Nessun commento:
Posta un commento