Il verbale è redatto in via ordinaria per
ogni adunanza dell’organo collegiale ed ha funzione ricognitiva e documentale
delle operazioni compiute e delle deliberazioni assunte.
L’art. 78 del codice degli appalti elenca,
al comma 1, elementi informativi essenziali e minimali da cui deve essere
assistito il verbale da redigersi per “ogni contratto”. Essi non
prendono, tuttavia, in considerazione le
modalità di custodia dei plichi nella fase che intercorre fra una seduta e
l’altra. Ancora una volta non si rinviene un puntuale dato normativo cui
raccordare il giudizio di sufficienza della verbalizzazione, cui l’ordinanza di
remissione raccorda l’effetto invalidane del concorso.
Deve quindi pervenirsi alla conclusione
che - fermi di massima sul piano funzionale i principi di sufficienza ed
esaustività del verbale - la mancata e pedissequa indicazione in ciascun
verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi,
con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura concorsuale,
in tal modo collegandosi per implicito all’insufficienza della verbalizzazione
il pregiudizio alla segretezza ed all’integrità delle offerte. Ciò in anche in
ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad
escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza
dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad
esso preordinate, salvo i casi in cui puntuali regole dettate
dall’amministrazione aggiudicatrice indichino il contenuto essenziale del
verbale.
Ogni contestazione del concorrente volta
ad ipotizzare una possibile manomissione, o esposizione a manomissione dei
plichi, idonea ad introdurre vulnus alla regolarità del
procedimento di selezione del contraente non può, quindi, trovare sostegno nel
solo dato formale delle indicazioni che si rinvengono nel verbale redatto per
ogni adunanza della commissione preposta all’esame delle offerte, ma deve
essere suffragata da circostanze ed elementi che, su un piano di effettività e
di efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuinità dell’offerta,
che va preservata in corso di gara. Peraltro per quanto le modalità di
conservazione siano state accurate e rigorose (ad es. chiusura in cassaforte o
altro) non si potrà mai escludere che vi sia stata una dolosa manipolazione (ad
es. ad opera di chi conosceva la combinazione per aprire la cassaforte) e che
chi sia interessato a farlo possa darne la prova. Viceversa, il
fatto che le modalità di conservazione siano state meno rigorose non autorizza
a presumere che la manipolazione vi sia stata, a meno che non vengano prodotte
in tal senso prove o quanto meno indizi.
Si ha, quindi, un vizio invalidante
qualora sia positivamente provato, o quanto meno vi siano seri indizi, che le
carte siano state manipolate negli intervalli fra un’operazione e l’altra. In
siffatto contesto l’annotazione a verbale delle modalità di conservazione ha
semplicemente l’effetto di precostituire una prova dotata di fede privilegiata
(artt. 2699 e 2700 cod. civ.), e quindi di prevenire o rendere più difficili
future contestazioni; ma così come tali annotazioni, per quanto accurate, non
impediranno mai a chi vi abbia interesse a dare la prova dell’avvenuta
manipolazione (passando anche attraverso il procedimento di querela di falso,
ove necessario), allo stesso modo la mancanza o l’incompletezza delle stesse
annotazioni, ovvero la scarsa (in ipotesi) efficacia delle modalità di
custodia, avranno solo l’effetto di rendere meno arduo il compito di chi voglia
raggiungere quella prova, o rappresentare quegli indizi.
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