L'art. 23,
comma 2 della 1.r.V. n. 11/2013 prevede che tutte le strutture ricettive
debbano essere conformi, tra l'altro, alle prescrizioni
"igienico-sanitarie'' e il successivo art, 31 comma 3 lett. d)
ulteriormente prevede che, in sede di presentazione della domanda di
classificazione della struttura, debbano essere attestati "i requisiti
sanitari" dell'immobile.
Il provvedimento
assunto dall'Amministrazione si fonda quindi sull'accertata carenza di
requisiti imprescindibili ai fini del legittimo esercizio dell'attività
ricettiva ( autorizzazione agli scarichi delle acque reflue e certificato di
agibilità), mancanze non contestate da parte ricorrente che infatti afferma di
aver in seguito ottenuto, proprio al fine di intraprendere un percorso volto a
regolarizzare l'esercizio, la predetta autorizzazione e di aver presentato
un'attestazione sostitutiva del certificato di agibilità. Alla data di adozione
dell’atto impugnato è quindi incontestata la mancanza di autorizzazione agli
scarichi mentre, come già accennato, l’art. 23, comma 2 della LR, n. 11/2013,
impone, per tutte le strutture ricettive, la conformità "alle prescrizioni
urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e alle norme per la sicurezza degli
impianti previste dalle specifiche normative" e l'art. 10 del d.l. n.
16/1990, convertito in 1. n. 71/1990, come modificato dall'art. 1 del d.l., n.
96/95, convertito in 1. n. 206/1995, prevede al comma 3 che negli ambiti del
Comune di Venezia non dotati di fognature dinamiche, lo scarico delle acque
reflue provenienti dalle "aziende turistico ricettive" è consentito
"purchè sottoposte a trattamenti individuali secondo i progetti approvati
dai comuni".
A tal fine
è necessaria la presentazione di un piano di adeguamento dell'impianto
fognario, sottoposto all'approvazione comunale, che dovrà a sua volta essere
seguita dall'autorizzazione/collaudo del Provveditorato alle Opere Pubbliche —
ufficio antinquinamento della laguna di Venezia (ex Magistrato alle Acque) (
art. 10, comma 4 bis del citato di. n. 16/1990, art. 3 D.P.R. n. 962/1973 e
art. 91. n. 171/1973).
Affinchè
potesse dunque legittimamente condursi l'attività ricettiva di cui si tratta,
all'approvazione del piano di adeguamento fognario avrebbe dovuto far seguito
l'autorizzazione del Provveditorato alle opere pubbliche, che, ancorchè poi
effettivamente intervenuta, è successiva al provvedimento gravato.
Parimenti
imprescindibile, ai fini del legittimo esercizio dell'attività ricettiva, è il
certificato di agibilità, e ciò sempre in forza del sopra richiamato art. 23,
comma 2 l.r.V. n. 11/2013.
Pertanto,
essendo all’epoca incontestato che l'unità immobiliare di cui trattasi fosse
priva di una qualsivoglia attestazione in ordine alla legittimità degli
scarichi reflui oltre che del certificato di agibilità è evidente la
legittimità e doverosità dell’impugnato provvedimento.
Del pari
infondato è il secondo motivo, con cui si deduce la presunta contraddittorietà
derivante dal fatto che il Comune di Venezia avrebbe dapprima
"invitato" la ricorrente a regolarizzare l'attività mediante
l'ottenimento dell'attestazione di legittimità degli scarichi reflui nel
termine di 120 giorni e poi, ancor prima della scadenza del predetto termine,
adottato il provvedimento di annullamento impugnato.
Risulta
invece che, con il provvedimento della Direzione Ambiente, datato 27/08/2015,
il Comune, accertato il difetto dell'autorizzazione del Provveditorato, aveva
diffidato l'esercente dall'utilizzo degli scarichi non autorizzati, con effetto
immediato e sino all'eventuale ottenimento di nuova autorizzazione, pena, in
difetto, la denuncia ex art. 650 c.p. ; è pertanto evidente che non si
determina alcun conflitto con il successivo intervento dell’annullamento
impugnato, che non poteva in alcun modo ritenersi vincolato ad attendere il
termine fissato per l’adeguamento degli scarichi, che risultavano comunque,
allo stato, non autorizzati e non potevano legittimare il prosieguo
dell’attività e l’utilizzo dell'immobile a tale fine.
Infondato
è, infine, anche il terzo motivo, dove parte ricorrente lamenta di non essere
stato ammesso a godere del regime transitorio di cui all'atto di indirizzo
della Giunta comunale n. 6 del 28/02/2014, che consente al subentrante
nell'esercizio di attività ricettive che abbiano subito trasformazioni edilizie
rilevanti per i profili della certificazione di agibilità, di continuare
l'esercizio per giorni 730 dalla presentazione della s.c.i.a. a condizione che
il subentrante stesso abbia nel frattempo presentato asseverazione semplificata
di agibilità. Come testualmente si legge nell’atto impugnato il Comune ha
escluso l'applicabilità di tale deroga evidenziando come l'odierna ricorrente
non sia subentrata nell'esercizio dell'attività al precedente titolare, essendo
semplicemente mutata la compagine societaria, ma non il gestore.
Trattasi
infatti della medesima società (Fratelli Moro s.n.c.), tant'è che non è stata
presentata alcuna s.c.i.a, per sub ingresso, per cui è evidente che non
sussistevano i presupposti per beneficiare di tale regime transitorio.
Quanto alla
impugnazione - in via subordinata - dell'atto di indirizzo cosi come
interpretato dall'Amministrazione, per asserito eccesso di potere per
illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento, il Collegio rileva la
fondatezza dell’eccezione sollevata dal Comune di inammissibilità della censura
per genericità ed indeterminatezza dal momento che essa si sostanzia unicamente
nella citazione di tali figure sintomatiche dell’eccesso di potere.
In ogni
caso, il Collegio deve anche rilevare la fondatezza della affermazione del
resistente comune che ha chiarito come il sub ingresso- diversamente da quanto
asserito in ricorso – non ricorre unicamente nelle ipotesi di trasferimento o
affitto del ramo d'azienda, potendo intervenire anche in altre ipotesi, quali
possono essere, a titolo esemplificativo, i casi di donazione, compravendita,
fusione, fallimento ecc.
Per quanto
sopra il ricorso è infondato e deve essere respinto. TAR Veneto, sez. III
29/01/2016, n. 93
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