Con il
presente ricorso si impugna il
provvedimento del Comune di Venezia che ha disposto la rimozione degli effetti
della Scia (prot. n. 2014/8824) del 9 gennaio 2014 relativa all’ampliamento
dell’attività ricettiva extralberghiera di affittacamere .
Si impugna,
altresì, l’art. 8.2 delle NTGA e l’art. 11 delle NTSA della Variante al PRG
della terraferma di Venezia, disposizioni adottate dal Consiglio comunale con
deliberazione n. 16 del 25/01/1999 e approvate con delibere regionali n. 3905
del 03/12/2004 e n. 2141 del 29/07/2008.
Il
ricorrente espone di svolgere l’attività di affittacamere al piano
primo del detto immobile, a far data dal 2003, in forza di regolare
autorizzazione, e di aver presentato il 9 gennaio 2014 una Scia per
l’ampliamento dell’attività di affittacamere al piano
terra del medesimo immobile.
Il Comune
di Venezia, con il provvedimento in questa sede impugnato, ha disposto la
rimozione degli effetti della Scia in quanto l’immobile interessato dalla
modifica ricade in ZTO C.1.4, zona per la quale (in forza di variante del
3/12/2004) non è più consentita l’attività extralberghiera di affittacamere, per cui, ferma restando la
precedente autorizzazione, non è possibile assentire l’ampliamento
dell’attività.
A
fondamento del gravame il ricorrente ha dedotto:
1) il
difetto di motivazione del provvedimento impugnato, la violazione dell’art. 10
bis della L 241/1990;
2) la
violazione dell’art. 8.2 delle NTGA e dell’art. 11 delle NTSA della Variante al
PRG della terraferma di Venezia, in quanto la prevista possibilità di
esercitare nella ZTO in questione attività di carattere ricettivo quale quella
di alberghi e motel doveva portare a considerare che anche attività di minor
impatto urbanistico, quali sicuramente quella di affittacamere, ben potessero essere ammesse;
3)
l’eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità e irragionevolezza,
ingiustizia manifesta e disparità di trattamento, con riferimento alle citate
NTA, se interpretate nel senso di consentite, da un lato, l’apertura di
alberghi, pensioni e motel e, dall’altro, d’impedire l’apertura o l’ampliamento
di un semplice affittacamere;
4) la
violazione della direttiva 2006/123/CE, dell’art. 10 Dlgs 26/03/2010, n. 59,
dell’art. 34 D.L. 6/12/2011 n. 201, dell’art. 1 D.L. 24/01/2012 n. 1, in tema
di liberalizzazione delle attività economiche, e dei principi di imparzialità e
buon andamento.
Il
provvedimento impugnato è correttamente e sufficientemente motivato con il
riferimento alla circostanza che l’immobile in cui si vorrebbe esercitare
l’attività ricade in zona territoriale omogenea C - residenziale di
completamento - sottozona C.1.4. In tale zona le norme di piano (art. 8.2 NTGA)
non consentono l’esercizio di attività ricettiva extralberghiera, ivi compresa
l’attività di affittacamere.
Quanto al
mancato invio da parte del Comune del preavviso di rigetto, va innanzitutto
rilevato che il carattere assolutamente vincolato del diniego comunale
determina l'irrilevanza dell'irregolarità procedimentale.
A ciò deve
aggiungersi che sul piano formale la presentazione della Scia non innesca in
realtà un procedimento ad istanza di parte; dall'altro che sul piano
sostanziale nella disciplina speciale disegnata dall'art. 19 della L. n. 241
del 1990 una previa interlocuzione col dichiarante è necessaria solo ove sia
possibile che l'attività di questi - non assentibile secondo quanto esposto in
dichiarazione - possa essere conformata alla normativa vigente.
Ipotesi
questa ultima impraticabile nel caso all'esame.
Il primo
motivo di ricorso è dunque infondato.
3. Il
secondo ed il terzo motivo impongono invece un più approfondito esame della
normativa urbanistica rilevante nella fattispecie, alla luce del quale il
Collegio, non rinvenendo in essa evidenti contraddittorietà, ritiene di
rivedere la prima sommaria delibazione effettuata nella fase cautelare.
3.1. Le
norme di piano (artt. 11.1.2 e 8.2 delle norme tecniche) non consentono nelle
zone C.1.4 l’esercizio di attività ricettiva extralberghiera, ivi compreso
l’esercizio di affittacamere, che viene considerato quale attività ricettiva extralberghiera
dalla legislazione regionale veneta sul turismo, oltre che dall’art. 28 del
regolamento edilizio del Comune di Venezia.
La
circostanza, evidenziata da parte ricorrente, per cui l’attività di affittacamere sia
compatibile con la destinazione d’uso residenziale, non toglie che il Comune
possa comunque disciplinarla inibendone l’insediamento in determinate zone del
territorio comunale, a prescindere dalla tipologia costruttiva degli immobili
(si veda in un caso per certi versi analogo la sentenza di questo Tribunale,
sez. III, n. 379/2014).
Peraltro,
nel caso di specie, la superficie prevalente dell’abitazione (ad uso promiscuo)
è stata adibita ad attività di affittacamere, con conseguente incompatibilità con la destinazione abitativa.
3.2. Si
sostiene, quindi, l’irragionevolezza di tali norme urbanistiche che restringono
la possibilità di svolgere l’attività di affittacamere, ammettendo, invece, da una parte (sulla base di diverse
specifiche disposizioni), la realizzazione di bed and
breakfast, parificabili, secondo il ricorrente, agli affittacamere, dall’altra, di alberghi,
pensioni e motel, questi ultimi di sicuro maggiore impatto sul carico
urbanistico.
Sulla base
di tali deduzioni si chiede o l’annullamento di tali norme o la loro interpretazione
conforme a canoni di proporzionalità, logicità e ragionevolezza.
3.3. Tale
linea difensiva non può essere condivisa.
Va
innanzitutto ricordato che le scelte urbanistiche circa la disciplina del
territorio sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali e possono
formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà,
irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti, che
costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa.
Nel caso di
specie non si configurano tali vizi macroscopici nelle scelte compiute dal
Comune di Venezia.
Innanzitutto,
le differenze tra attività di affittacamere e di bed and breakfast sono state
già individuate da questa sezione in una recente sentenza n. 714/2014, con la
quale è stata ritenuta ragionevole la differenziazione in sede di
pianificazione tra le due attività al fine di garantire un uso razionale del
territorio: attesa, da una parte, la piena compatibilità dei bed and breakfast con la
destinazione abitativa, data la gestione “casalinga” e non necessariamente
imprenditoriale degli stessi, peraltro regolati da un normativa ad hoc (che ad esempio
impone la residenza e l’alloggio del titolare nell’unità immobiliare), e la
maggiore affinità dell’attività di affittacamere con una
destinazione più propriamente turistico-ricettiva-imprenditoriale, dall’altra.
Peraltro,
la scelta del pianificatore di ammettere nelle zone C.1.4 alberghi, pensioni e
motel, ma non le attività ricettive extralberghiere, fra le quali rientra
l’attività di affittacamere, può ricondursi all’intenzione di frenare, in una città
interessata da un flusso turistico particolarmente rilevante, il noto eccessivo
dilagare, all’interno del tessuto cittadino, di tale ultima specifica attività;
fenomeno agevolato proprio dall’astratta compatibilità di questa con la
destinazione residenziale degli edifici, e di consentire, invece, l’insediamento
di strutture turistico-ricettive esclusivamente nelle unità edilizie dove è
prevista la destinazione ricettiva alberghiera.
La scelta
compiuta dall’amministrazione nel senso della differenziazione dell’attività di affittacamere da quella
di bed and breakfast, da un
lato, e da quella alberghiera dall’altro, oltre a trovare rispondenza nella
legge regionale sul turismo, lungi dal risultare illogica o irrazionale,
appare, quindi, in entrambi i casi, dettata dal fine di garantire, attraverso
la regolamentazione delle destinazioni d’uso degli immobili, un equilibrato ed
ordinato assetto del territorio urbano, ed in particolare, appare giustificata
dalla necessità di preservare, nel contemperamento con gli interessi
imprenditoriali dei singoli, l’identità sociale-culturale della città, la sua
immagine e il suo decoro.
In
conclusione il ricorso è infondato e va respinto per i motivi sopra precisati. Tar
Veneto , sez. III, 27/01/2015, n. 90
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