venerdì 10 febbraio 2017

giurisdizione amministrativa sulle localizzazioni commerciali

1.      La giurisdizione amministrativa sulle localizzazioni commerciali. Legittimazione ad agire.


L’art. 7, comma  3, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, che approva il codice del processo  amministrativo,   afferma che sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e degli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.
Spetta al giudice amministrativo la giurisdizione sulle localizzazioni commerciali anche se l’indirizzo giurisprudenziale prevalente è estremamente rigoroso nell’ammettere la legittimazione al ricorso.
L'apertura del centro commerciale rientra nella programmazione regionale degli insediamenti delle grandi strutture di vendita al dettaglio.
La pianificazione di settore tende a garantire una continuità di risposta sul territorio alla domanda di beni ed a correggere eccessi di concorrenza dannosi per i consumatori e che, quindi, i piani commerciali sono strumenti atti ad assicurare, nella coesistenza tra aziende, il miglior servizio possibile al consumatore.
Gli atti programmatori vanno, pertanto, impugnati nel termine decorrente dalla loro pubblicazione. T.A.R. Puglia, Bari, II, 12 ottobre 2000, n. 3966.
La tutela della libera iniziativa economica sancita dall'art. 41 cost. impone, peraltro, a coloro che contestano l'apertura di nuovo esercizio commerciale la dimostrazione del pregiudizio con riferimento a concreti elementi che pongano in evidenza la possibile manifestazione di un eccesso di concorrenza capace di provocare un deterioramento delle condizioni economiche della zona e, quindi, un danno al pubblico interesse legato ad una sana e proficua, generale attività produttiva. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 10 marzo 2003, n. 1097, in Foro amm. TAR, 2003, 1060.
Il titolare di una attività commerciale di vendita ha un interesse attuale e concreto ad impugnare i provvedimenti di autorizzazione all'apertura di nuove strutture di vendita o all'ampliamento della superficie globale di vendita rilasciati ad una società concorrente operante nella stessa zona, e tanto sul presupposto che rientra tra le sue legittime prerogative di impresa la difesa dei margini di profitto.
Nel solco dell'insegnamento giurisprudenziale che impone di valutare l'impatto concorrenziale dell'ampliamento della preesistente struttura di vendita sull'esercizio contiguo appare imprescindibile considerare le attitudini all'offerta dei due siti, desumibili dal ramo merceologico in cui operano, dalle modalità di vendita, dalle dimensioni delle strutture.
Spetta al ricorrente fornire, dinanzi a tali consistenti elementi di segno contrario, la prova che l'ampliamento della superficie di vendita del centro commerciale delle controinteressate avrebbe comportato un danno al proprio esercizio in termini di sviamento della clientela.
Nella fattispecie la ricorrente non ha assolto all’onere  probatorio limitandosi alla generica denuncia del rapporto di concorrenza tra le due strutture, di per sé inidonea a dimostrare quale attuale ed effettiva utilità derivi in suo favore dall'annullamento dei provvedimenti impugnati al di là del sicuro danno per le controinteressate.
La generica denuncia del rapporto di concorrenza tra le due strutture è inidonea a dimostrare quale attuale ed effettiva utilità derivi in suo favore dall'annullamento del provvedimento impugnato al di là del sicuro danno per la controinteressata. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 16 aprile 2004, n. 1850, in Giur. Merito, 2004, 2104.
L’autorizzazione può essere revocata .
La giurisprudenza ha affermato che i Comuni non hanno una competenza propria e autonoma in materia di ordine pubblico e dunque non possono compiere autonome valutazioni su tale interesse; essi Comuni sono tuttavia formalmente, se non sostanzialmente, competenti a revocare le autorizzazioni commerciali da essi rilasciate, per motivi di ordine pubblico, se vi sia una richiesta in tal senso da parte dell'Autorità di p.s., preposta istituzionalmente alla tutela dell'ordine pubblico, ex art. 100, t.u.l.p.s. e dell'art. 19, D.P.R. n. 616/1977.
Tale assetto normativo ha la sua ratio nella considerazione che la revoca di un'autorizzazione commerciale, in quanto contrarius actus, deve provenire dall'Autorità che ha adottato l'autorizzazione della cui revoca si discute, e che pertanto non potrebbe l'Autorità di p.s. revocare un'autorizzazione rilasciata dal Comune; sicché, si impone una leale collaborazione tra Amministrazioni preposte alla cura di diversi interessi, e si prevede la competenza formale del Comune a revocare le proprie autorizzazioni, su proposta vincolante dell'Autorità di p.s. Cons. Stato, sez. VI 18 novembre 2010, n. 8107.
Limite rigoroso è posto anche alla legittimazione delle Associazioni professionali.
Le associazioni Confcommercio e Confesercenti non sono legittimate ad impugnare gli atti di localizzazione di un centro commerciale, atteso che potrebbe esserne pregiudicato l'interesse di alcuni commercianti, ma non quello comune a tutti gli appartenenti alla categoria. La Confesercenti, dunque, è priva di legittimazione ad agire. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 16 aprile 2004, n. 1850, in Foro amm. TAR, 2004, 1165.


2.      Il risarcimento per danno ingiusto per annullamento di autorizzazione commerciale.


L'autorizzazione può essere  impugnata dinanzi al g.a. da parte di un terzo.
La giurisprudenza ha rilevato gli effetti dell’annullamento sul soggetto titolare dell'autorizzazione.
Qualora il titolare dell’autorizzazione annullata agisca per il risarcimento del danno da parte della p.a., è stato affermato che non sussiste l'ingiustizia del danno, in quanto l'attività provvedimentale del Comune, giudicata illegittima dal g.a. non ha danneggiato in via diretta tale soggetto, ma semmai lo ha avvantaggiato avendogli consentito di esercitare l'attività per un certo periodo.
Né può affermarsi che il rilascio dell'autorizzazione - poi annullata dal Tar - avrebbe ingenerato un affidamento incolpevole sulla stabilità dell'attività commerciale in questione, laddove il soggetto ben sapesse dell'esistenza di un giudizio pendente diretto all'annullamento dell'autorizzazione che il Comune gli aveva accordato. Nella specie si tratta di rivendita di giornali e riviste. T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 26 maggio 2010, n. 2206.
La giurisprudenza precedente all’attribuzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ha affermato che ai fini del risarcimento del danno per lesione ad un interesse legittimo pretensivo (concernente il diniego da parte di un Comune di autorizzazione all'apertura di un esercizio commerciale), è necessario valutare a mezzo di un giudizio prognostico, da condurre in base alla normativa applicabile e alla luce degli elementi allegati dall'istante, se la richiesta di parte, secondo un criterio di normalità, fosse destinata ad un esito favorevole. Il giudicee deve poi  verificare se il danno ingiusto sia ascrivibile a titolo di colpa o di dolo alla p.a., posto che la responsabilità non può fondarsi sul mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento.
Nel caso in cui venga introdotta, avanti al giudice ordinario, una domanda risarcitoria, ai sensi dell'art. 2043 c.c., nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, il giudice deve procedere, in ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, deve accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) deve, poi, stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) deve, inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta della P.A.; d) infine, deve verificare se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilità della P.A., considerando che tale imputazione non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell'illegittimità del provvedimento. La giurisprudenza richiede, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana.
In applicazione di tale principio, la S.C., ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva omesso, ai fini dell'accoglimento della domanda risarcitoria formulata sulla scorta di un interesse pretensivo al conseguimento di un'autorizzazione commerciale, nella specie negata, di procedere - sul piano oggettivo-causale - al giudizio prognostico circa la fondatezza o meno dell'istanza di parte, da condurre in relazione alla normativa applicabile, e di compiere, sul piano soggettivo, il doveroso controllo sull'imputazione almeno colposa della condotta del pubblico funzionario: Non è stato ritenuto, invece, sufficiente, per l'affermazione della responsabilità risarcitoria dell'ente comunale, l'intervenuto annullamento del diniego del nulla-osta presupposto in sede di giurisdizione amministrativa. Cass. Civ., sez. III, 27 maggio 2009, n. 12282.





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