1. La
giurisdizione amministrativa sulle localizzazioni commerciali. Legittimazione
ad agire.
L’art. 7,
comma 3, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, che approva il codice del processo
amministrativo, afferma che sono
attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice
amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni
delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del
danno per lesione di interessi legittimi e degli altri diritti patrimoniali consequenziali,
pure se introdotte in via autonoma.
Spetta al giudice amministrativo la giurisdizione sulle localizzazioni
commerciali anche se l’indirizzo giurisprudenziale prevalente è estremamente
rigoroso nell’ammettere la legittimazione al ricorso.
L'apertura
del centro commerciale rientra nella programmazione regionale degli
insediamenti delle grandi strutture di vendita al dettaglio.
La
pianificazione di settore tende a garantire una continuità di risposta sul
territorio alla domanda di beni ed a correggere eccessi di concorrenza dannosi
per i consumatori e che, quindi, i piani commerciali sono strumenti atti ad
assicurare, nella coesistenza tra aziende, il miglior servizio possibile al
consumatore.
Gli atti programmatori vanno, pertanto, impugnati nel termine decorrente dalla loro pubblicazione. T.A.R. Puglia, Bari, II, 12 ottobre 2000, n. 3966.
Gli atti programmatori vanno, pertanto, impugnati nel termine decorrente dalla loro pubblicazione. T.A.R. Puglia, Bari, II, 12 ottobre 2000, n. 3966.
La tutela della libera iniziativa economica sancita dall'art. 41 cost.
impone, peraltro, a coloro che contestano l'apertura di nuovo esercizio
commerciale la dimostrazione del pregiudizio con riferimento a concreti
elementi che pongano in evidenza la possibile manifestazione di un eccesso di
concorrenza capace di provocare un deterioramento delle condizioni economiche
della zona e, quindi, un danno al pubblico interesse legato ad una sana e
proficua, generale attività produttiva. T.A.R. Puglia Bari, sez.
II, 10 marzo 2003, n. 1097, in Foro amm. TAR,
2003, 1060.
Il titolare di una attività commerciale di vendita ha un interesse
attuale e concreto ad impugnare i provvedimenti di autorizzazione all'apertura
di nuove strutture di vendita o all'ampliamento della superficie globale di
vendita rilasciati ad una società concorrente operante nella stessa zona, e
tanto sul presupposto che rientra tra le sue legittime prerogative di impresa
la difesa dei margini di profitto.
Nel solco dell'insegnamento giurisprudenziale che impone di valutare
l'impatto concorrenziale dell'ampliamento della preesistente struttura di
vendita sull'esercizio contiguo appare imprescindibile considerare le
attitudini all'offerta dei due siti, desumibili dal ramo merceologico in cui
operano, dalle modalità di vendita, dalle dimensioni delle strutture.
Spetta al ricorrente fornire, dinanzi a tali consistenti elementi di
segno contrario, la prova che l'ampliamento della superficie di vendita del
centro commerciale delle controinteressate avrebbe comportato un danno al
proprio esercizio in termini di sviamento della clientela.
Nella fattispecie la ricorrente non ha assolto all’onere probatorio limitandosi alla generica denuncia
del rapporto di concorrenza tra le due strutture, di per sé inidonea a
dimostrare quale attuale ed effettiva utilità derivi in suo favore
dall'annullamento dei provvedimenti impugnati al di là del sicuro danno per le
controinteressate.
La generica denuncia del rapporto di concorrenza tra le due strutture è
inidonea a dimostrare quale attuale ed effettiva utilità derivi in suo favore
dall'annullamento del provvedimento impugnato al di là del sicuro danno per la
controinteressata. T.A.R. Puglia Bari, sez.
II, 16 aprile 2004, n. 1850, in Giur. Merito,
2004, 2104.
L’autorizzazione
può essere revocata .
La giurisprudenza
ha affermato che i Comuni non hanno una competenza propria e autonoma in
materia di ordine pubblico e dunque non possono compiere autonome valutazioni
su tale interesse; essi Comuni sono tuttavia formalmente, se non
sostanzialmente, competenti a revocare le autorizzazioni commerciali da essi
rilasciate, per motivi di ordine pubblico, se vi sia una richiesta in tal senso
da parte dell'Autorità di p.s., preposta istituzionalmente alla tutela
dell'ordine pubblico, ex art. 100, t.u.l.p.s. e dell'art. 19, D.P.R. n. 616/1977.
Tale assetto
normativo ha la sua ratio nella considerazione che la revoca di
un'autorizzazione commerciale, in quanto contrarius actus, deve
provenire dall'Autorità che ha adottato l'autorizzazione della cui revoca si
discute, e che pertanto non potrebbe l'Autorità di p.s. revocare
un'autorizzazione rilasciata dal Comune; sicché, si impone una leale
collaborazione tra Amministrazioni preposte alla cura di diversi interessi, e
si prevede la competenza formale del Comune a revocare le proprie autorizzazioni,
su proposta vincolante dell'Autorità di p.s. Cons. Stato, sez. VI 18 novembre 2010, n. 8107.
Limite
rigoroso è posto anche alla legittimazione delle Associazioni professionali.
Le associazioni Confcommercio e Confesercenti non sono legittimate ad
impugnare gli atti di localizzazione di un centro commerciale, atteso che
potrebbe esserne pregiudicato l'interesse di alcuni commercianti, ma non quello
comune a tutti gli appartenenti alla categoria. La Confesercenti, dunque, è
priva di legittimazione ad agire. T.A.R. Puglia Bari, sez.
II, 16 aprile 2004, n. 1850, in Foro amm. TAR,
2004, 1165.
2. Il
risarcimento per danno ingiusto per annullamento di autorizzazione commerciale.
L'autorizzazione
può essere impugnata dinanzi al g.a. da
parte di un terzo.
La giurisprudenza
ha rilevato gli effetti dell’annullamento sul soggetto titolare
dell'autorizzazione.
Qualora il titolare
dell’autorizzazione annullata agisca per il risarcimento del danno da parte
della p.a., è stato affermato che non sussiste l'ingiustizia del danno, in
quanto l'attività provvedimentale del Comune, giudicata illegittima dal g.a.
non ha danneggiato in via diretta tale soggetto, ma semmai lo ha avvantaggiato
avendogli consentito di esercitare l'attività per un certo periodo.
Né può affermarsi
che il rilascio dell'autorizzazione - poi annullata dal Tar - avrebbe
ingenerato un affidamento incolpevole sulla stabilità dell'attività commerciale
in questione, laddove il soggetto ben sapesse dell'esistenza di un giudizio
pendente diretto all'annullamento dell'autorizzazione che il Comune gli aveva
accordato. Nella specie si tratta di rivendita di giornali e riviste. T.A.R. Veneto Venezia, sez. III,
26 maggio 2010, n. 2206.
La giurisprudenza precedente all’attribuzione della giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo ha affermato che ai fini del risarcimento del danno per lesione ad un
interesse legittimo pretensivo (concernente il diniego da parte di un Comune di
autorizzazione all'apertura di un esercizio commerciale), è necessario valutare
a mezzo di un giudizio prognostico, da condurre in base alla normativa
applicabile e alla luce degli elementi allegati dall'istante, se la richiesta
di parte, secondo un criterio di normalità, fosse destinata ad un esito
favorevole. Il giudicee deve poi verificare se il danno ingiusto sia ascrivibile
a titolo di colpa o di dolo alla p.a., posto che la responsabilità non può
fondarsi sul mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento.
Nel caso in cui venga introdotta,
avanti al giudice ordinario, una domanda risarcitoria, ai sensi dell'art. 2043
c.c., nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio di una funzione
pubblica, il giudice deve procedere, in ordine successivo, alle seguenti
indagini: a) in primo luogo, deve accertare la sussistenza di un evento
dannoso; b) deve, poi, stabilire se l'accertato danno sia qualificabile come
ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per
l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto
soggettivo); c) deve, inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo
applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una
condotta della P.A.; d) infine, deve verificare se detto evento dannoso sia
imputabile a responsabilità della P.A., considerando che tale imputazione non
può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell'illegittimità del
provvedimento. La giurisprudenza richiede, invece, una più penetrante indagine
in ordine alla valutazione della colpa che, unitamente al dolo, costituisce
requisito essenziale della responsabilità aquiliana.
In applicazione di tale principio,
la S.C., ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva omesso, ai fini
dell'accoglimento della domanda risarcitoria formulata sulla scorta di un
interesse pretensivo al conseguimento di un'autorizzazione commerciale, nella
specie negata, di procedere - sul piano oggettivo-causale - al giudizio
prognostico circa la fondatezza o meno dell'istanza di parte, da condurre in
relazione alla normativa applicabile, e di compiere, sul piano soggettivo, il
doveroso controllo sull'imputazione almeno colposa della condotta del pubblico
funzionario: Non è stato ritenuto, invece, sufficiente, per l'affermazione
della responsabilità risarcitoria dell'ente comunale, l'intervenuto
annullamento del diniego del nulla-osta presupposto in sede di giurisdizione
amministrativa. Cass.
Civ., sez. III, 27 maggio 2009, n. 12282.
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