martedì 7 febbraio 2017

I RICORSI AMMINISTRATIVI.

            I RICORSI AMMINISTRATIVI.

1               I requisiti sostanziali dei ricorsi amministrativi.


Il ricorso amministrativo è atto di parte teso a sollecitare un procedimento amministrativo destinato ad annullare o modificare un precedente provvedimento dell'amministrazione. R. GALLI, Corso di diritto amministrativo, 1996, 879.
Il ricorso può proporsi anche contro un provvedimento non definitivo.
Il ricorrente può impugnare direttamente il provvedimento anche se non ha esperito i gravami amministrativi previsti dall’ordinamento; non è stato ripreso il principio portato dall’art. 34 t.u. cons. Stato che ammette il ricorso giurisdizionale solo contro provvedimenti definitivi.
Il ricorso deve contenere i requisiti sostanziali per poter produrre i suoi effetti ossia per imporre all'amministrazione di rivedere i suoi atti.
La dottrina distingue fra presupposti di ammissibilità e presupposti processuali di procedibilità o irricevibilità. A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1984, 1163,
I requisiti sostanziali sono i seguenti.
L’indicazione dell'autorità adita. Il ricorrente ha l'onere di indicare l'autorità cui compete pronunciarsi sul ricorso.
L'errata indicazione non pregiudica il rigetto per incompetenza, poiché in relazione al carattere non rigidamente formale del ricorso è ammessa la possibilità di rinvio da parte dell'amministrazione che lo ha ricevuto a quella istituzionalmente competente.
Le generalità del ricorrente. E' sufficiente la sottoscrizione del ricorrente; non occorre, ai fini di notifica della decisione,  né l'indicazione del domicilio né la domiciliazione presso un avvocato, il cui patrocinio non è obbligatorio.
Il ricorrente può informarsi delle decisioni dell'amministrazione adita presso la sua segreteria.
Evidentemente con grave pregiudizio della possibilità di impugnare nei termini la decisione negativa.
L'interesse al ricorso. La legge prevede che il ricorso possa essere proposto solo da parte di chi ne abbia interesse ai sensi dell'art. 1, L.1199/1971.
E' necessario che l'atto impugnato provochi materialmente un pregiudizio al ricorrente che sia relazionato al suo interesse alla decisione.
Ad esempio, una promozione di un dipendente appartenente ad una qualifica meno elevata può ledere un interesse semplice, e come tale non tutelabile amministrativamente, alla organizzazione migliore della amministrazione, ma dall'annullamento dell'atto non deriva alcun interesse diretto al ricorrente.
L'interesse al ricorso si determina in relazione ad alcuni requisiti quali l’attualità, la personalità.
Vi deve essere un rapporto di immediatezza fra il ricorso ed il provvedimento impugnato, ad esempio chi non ha prodotto domanda per un bando di assegnazione di alloggi economici popolari non ha interesse ad impugnare la relativa graduatoria.
Questo principio comporta la inammissibilità dell'impugnazione di un atto preparatorio, ad esempio un parere obbligatorio, che non esplica immediati effetti sul destinatario fino a che non sia emanato il relativo atto amministrativo.
L'interesse deve essere personale ossia strettamente legato alla persona del ricorrente.
La legge ammette in casi particolari, come la legge elettorale ovvero la legge urbanistica, il ricorso popolare attribuendo a chiunque la possibilità di ricorrere data la rilevanza degli interessi.
In questi casi prevale l'urgenza della verifica dell'azione amministrativa rispetto al principio di conservazione degli atti amministrativi.
Il provvedimento impugnato. Questo deve essere esistente, ossia emanato da una autorità amministrativa, ed avere i requisiti minimi per potere essere considerato un provvedimento amministrativo; esso deve essere chiaramente individuato nel ricorso.
Esso deve avere esaurito la fase procedimentale compresa quella integrativa della sua efficacia, ad esempio deve avere ottenuto i relativi controlli da parte della commissione regionale se atto comunale.
I motivi del ricorso. Il ricorso deve obbligatoriamente contenere i vizi di illegittimità o di merito su cui si fonda.
La carenza delle espresse censure non pone l'amministrazione in grado di svolgere la funzione di rivedere l'atto contro cui si ricorre poiché essa, rebus sic stantibus, non potrebbe che riconfermare l'atto impugnato, per cui il ricorso avrebbe solo degli effetti interruttivi contro il principio della esecutorietà degli atti amministrativi.
La presentazione del ricorso non esplica necessariamente effetti interruttivi: l'amministrazione può dichiarare il provvedimento esecutivo non concedendo la sospensiva e dichiarare successivamente il ricorso inammissibile per mancanza dei requisiti.
I motivi possono essere dedotti eccezionalmente anche successivamente alla presentazione del ricorso qualora il ricorrente venga a conoscenza di altri documenti o circostanze attinenti l'atto impugnato.
In tal caso deve dare la prova della conoscenza tardiva.
La forma del ricorso deve essere quella scritta; non sono richieste forme tassative.
Il ricorso è redatto in carta da bollo salve esenzioni.

 

2               I requisiti processuali dei ricorsi amministrativi.


I requisiti processuali attengono alla rispondenza alle norme di procedura che fissano tassative modalità di presentazione del ricorso in carenza delle quali il ricorso stesso è dichiarato irricevibile per carenza formale dell'atto introduttivo ovvero improcedibile perché alla regolarità del ricorso non sono seguiti gli adempimenti formali richiesti.
I requisiti fissati a pena di irricevibilità, vista la semplificazione formale dei ricorsi, sono pochissimi.
Nel caso in cui non si siano rispettate le norme fiscali sull'imposta di bollo è ammessa la regolarizzazione anche successiva da parte della p.a. prima del provvedimento decisorio. Cons. St. , sez. II, 25 novembre 1992, n. 418.
L'irricevibilità può essere pronunciata solo nel caso di inottemperanza alla richiesta di regolarizzazione.
I requisiti di improcedibilità riguardano:
a) L'osservanza del termine di presentazione del ricorso che, nel caso di ricorso amministrativo, deve essere presentato entro trenta giorni dalla data o dalla conoscenza del provvedimento.
Il ricorso può essere presentato direttamente all’autorità che ha emanato l’atto.
Nel ricorso straordinario è prevista la notifica ad almeno uno dei controinteressati, ossia a quei soggetti che hanno un interesse tutelabile in relazione al provvedimento che si impugna e pertanto non possono essere esclusi dal relativo ricorso amministrativo. Nel ricorso ordinario l'integrazione del contraddittorio è ammessa d'ufficio.
b) Il deposito dell'eseguita notificazione al controinteressato che deve essere disposta secondo le regole processuali del c.c..
Nel caso di ricorso straordinario il deposito va effettuato, con la prova dell'avvenuta notifica, entro 120 giorni dal provvedimento, presso il Ministero se questo è gerarchicamente superiore all'autorità che ha emanato l'atto ovvero alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi degli artt 9 e 11 del DPR 1199/1971.
La preventiva presentazione del ricorso in sede giurisdizionale rende improcedibile la presentazione del ricorso straordinario.
La presentazione di atto di opposizione al ricorso straordinario impone al ricorrente di costituirsi in sede giurisdizionale ex art. 48, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
I controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale.
In tal caso il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare presso la segreteria del giudice amministrativo competente l'atto di costituzione in giudizio con allegato l’atto di opposizione e la copia del ricorso straordinario, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione.
Successivamente il ricorrente deve richiedere alla segreteria del T.A.R. la certificazione dell’avvenuto deposito, ex art. 74, R.D. 21 aprile 1942, n. 444. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 21 dicembre 2002, n. 1084.
Detto atto deve essere notificato all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai controinteressati.
Il giudizio segue in sede giurisdizionale.
Non costituisce più requisito processuale la presentazione del provvedimento impugnato, tale onere è imposto all'amministrazione dall'art. 46, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
Il ricorso amministrativo è soggetto alla tassa sul bollo. Sono esclusi dal bollo i ricorsi in materia di pubblico impiego D.P.R. 642/1972 art. 12 Tabella B.

3               La tutela nella fase preparatoria. Il diritto all'accesso.


La tipicità dell'azione amministrativa consente di ravvisare la presenza di una serie di operazioni e di atti nella procedura richiesta per l'emanazione dell'atto amministrativo che costituiscono lo schema base del cosiddetto procedimento amministrativo.
Questo si articola in varie fasi che hanno rilevanza o compressione in relazione alla specifica disciplina legislativa.
La fase preparatoria, parimenti alla fase istruttoria nel processo, serve a raccogliere tutta la documentazione necessaria per fornire all'amministrazione gli elementi indispensabili alla redazione dell'atto.
Gli atti di norma possono provenire direttamente dall'amministrazione e, in questo caso, essa si attiverà prendendo l'iniziativa.
Si pensi ad esempio ad un piano urbanistico ove il procedimento inizia con l'incarico dell'amministrazione ai progettisti abilitati a redigerlo.
Se l'atto è rilasciato su richiesta degli interessati, si pensi al permesso di costruire, è il privato a fornire la documentazione necessaria per consentire l'emanazione dell'atto e la pubblica amministrazione si limita a verificare la rispondenza di quanto richiesto alle norme vigenti.
Talora nel procedimento si innestano vari subprocedimenti che danno vita ad atti autonomi, e come tali impugnabili direttamente, che costituiscono presupposti necessari al procedimento principale come, ad esempio, il verbale di consistenza nell'espropriazione.
In altri casi il subprocedimento produce atti che hanno una rilevanza interna, per cui si esclude la loro autonoma impugnazione.
Essi acquistano rilevanza giuridica nell'atto amministrativo di cui costituiscono il supporto come, ad esempio, il parere della sovrintendenza nel rilascio del permesso di costruire.
In questa fase si può inserire la presenza dei destinatari dell'atto che partecipano a vario titolo.
Possono verificarsi ipotesi in cui il contraddittorio è' requisito sostanziale, comportando la sua mancanza un vizio dell'intero procedimento ad esempio nel verbale di consistenza oppure nei casi in cui  il privato è invitato a presentare semplici apporti di mera collaborazione come, ad esempio nella redazione di piani urbanistici, ovvero  situazioni in cui la partecipazione dei destinatari è requisito stesso per l'esistenza dell'atto amministrativo, come nei concorsi pubblici.

 

4               I vizi di legittimità.


Si suole distinguere fra vizi di legittimità e vizi di merito.
I vizi di legittimità si riscontrano allorquando l'atto amministrativo è contrario alle norme che regolano l'azione amministrativa.
Tradizionalmente si distinguono in vizi di incompetenza, di violazione di legge e di eccesso di potere, ai sensi dell’art. 29, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.


4.1              L'incompetenza.


L'incompetenza si ha allorquando l'atto è emanato da un organo cui non è data l’autorità di emanarlo come, ad esempio, quando la legge prevede che l'organo competente è il consiglio comunale e l'atto è emanato dal sindaco.
L'organo comunale, pur facendo parte della stessa autorità amministrativa è considerato affetto da un’incompetenza detta relativa che vizia l'atto.
Se l'organo che emana l'atto appartiene ad un’altra autorità si è nel campo dell'incompetenza assoluta e l'atto si classifica come inesistente.
Il pubblico ufficiale che lo deve eseguire può rifiutarsi legittimamente a farlo.

4.2              La violazione di legge.


La violazione di legge si ha allorquando non sono rispettate le norme procedimentali che regolano tipicamente l'emanazione dell'atto.
Secondo lo schema procedimentale classico, il vizio può riscontrarsi nel soggetto, nel contenuto dell'atto, nella forma ovvero nel non rispetto della ritualità del procedimento.
Il soggetto che emana l'atto (nel caso di organi collegiali) deve essere ritualmente convocato, deve avere la composizione prevista per deliberare, nel senso che devono essere rispettate le maggioranze previste per l'oggetto che si discute, e nessuno dei componenti deve avere interessi particolari nell'oggetto dell'atto.
Qualora ne abbia deve obbligatoriamente astenersi.
Il contenuto dell'atto deve essere possibile, determinato e lecito come, ad esempio, un decreto di esproprio che non identifichi esattamente il bene da espropriare è viziato nel contenuto.
La forma dell'atto deve rispettare, ove sia richiesta ad substantiam, quella prevista dalla legge; ad esempio le concessioni in diritto di superficie delle aree di edilizia residenziale pubblica devono essere rogate per atto pubblico.
Qualora siano richiesti dei pareri obbligatori essi devono essere menzionati nell'atto.
Il procedimento amministrativo deve essere rituale, ossia deve rispettare procedimentalmente le fasi previste dal legislatore. Ad esempio, la mancanza dell’instaurazione del contraddittorio nel soggetto sottoposto ai procedimenti ablatori vizia l'atto di esproprio.

4.3              L'eccesso di potere.


L'eccesso di potere configura un vizio residuale che si manifesta nella essenziale contraddittorietà fra l'azione della pubblica amministrazione ed il fine da raggiungere.
Si tratta di una violazione della causa stessa dell'atto da non confondere con i vizi relativi al cattivo uso della discrezionalità amministrativa (vizi di merito).
La giurisprudenza amministrativa ha evidenziato e classificato le varie fattispecie nelle quali questo vizio si manifesta. Le principali sono le seguenti:
Lo sviamento di potere che si verifica allorquando la potestà amministrativa è esercitata al di fuori degli ambiti suoi propri non attribuiti dall'ordinamento come, ad esempio, l'esercizio del potere ablatorio al di fuori dei casi tassativamente previsti; come quando per realizzare attività alberghiere si effettuino espropri con le modalità previste per l'attuazione di un piano di zona.
La contraddittorietà fra i contenuti della fase preliminare del procedimento e quella costitutiva come , ad esempio, un parere obbligatorio positivo ed una decisione negativa non motivata, ovvero una contraddittorietà  fra più atti della stessa pubblica amministrazione.
L’illogicità dell'atto rispetto ai risultati che si dovrebbero conseguire che contrasta sostanzialmente con l'obbligo di buona amministrazione come, ad esempio, un sovradimensionamento di un piano di zona rispetto al fabbisogno documentato di alloggi.
Il travisamento di fatti che costituiscono la premessa ed il presupposto dell'atto come, ad esempio, l'accettazione di dimissioni che in realtà non sono state presentate.
La disparità di trattamento che si ha allorquando, in violazione del principio dell'imparzialità dell'azione amministrativa, in situazioni analoghe si adottano provvedimenti diversi quando, ad esempio, nel caso di lievi infrazioni commesse da uno o più impiegati, l'amministrazione adotta delle censure solo per uno od alcuni di essi.

5               I vizi di merito.


Il vizio di merito inerisce alla stessa discrezionalità amministrativa che consente all'organo di scegliere il comportamento ritenuto più consono per il raggiungimento dei fini pubblici.
Il merito è sempre censurabile nei ricorsi amministrativi, poiché è la stessa amministrazione o l'organo gerarchicamente superiore a sindacare l'atto.

E' censurabile solo ove espressamente previsto per legge nei ricorsi giurisdizionali, come, ad esempio, in sede di approvazione di un piano regolatore si possono censurare anche nel merito le scelte fatte dal consiglio comunale nella fase di adozione del piano presentando osservazioni od opposizioni su cui decide lo stesso consiglio; non si possono censurare le scelte urbanistiche nel merito dopo la definitiva approvazione davanti al giudice amministrativo.

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