1 Il diritto all’accesso.
L’art. 22, l.
241/1990, ribadisce che il diritto all’accesso ai documenti amministrativi è
teso a favorire la partecipazione dei cittadini all’azione della pubblica
amministrazione capovolgendo la tradizionale riservatezza che ha caratterizzato
l’azione amministrativa (Forlenza O. Difensore civico, tutela alternativa al
giudice, in GD, n. 10, 2005, 95).
Il diritto di
accesso ai documenti amministrativi può essere di tipo partecipativo o
conoscitivo.
L’accesso
partecipativo si svolge nell’ambito del procedimento amministrativo ad
iniziativa di coloro che hanno un interesse al provvedimento e rappresenta una
modalità di partecipazione del privato al procedimento.
L’accesso
conoscitivo è esercitato da chiunque sia titolare di una posizione
giuridicamente rilevante, a prescindere dalla circostanza che il procedimento
sia in corso di svolgimento e dalla necessità di tutelare un proprio interesse
(Cassese S. (a cura di), Diritto amministrativo generale 2000, 1038).
La
giurisprudenza distingue il diritto all’accesso dal diritto alla visione degli
atti, riconoscendo la stessa tutela giurisdizionale (T.A.R. Puglia, sez. II,
Bari, 22.7.1999, n. 521, T.A.R., 1999, I, 4089).
La norma precisa
che l'accesso ai documenti
amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse,
costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire
la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ex art. 22, 2° co., l. 241/1990, mod. art. 10, l.
69/2009.
La giurisprudenza
giunge ad affermare un diritto più generale all’informazione sull’attività
dell’amministrazione.
È legittima
l'istanza d'accesso concernente informazioni, piuttosto che atti o documenti
detenuti dalla p.a. destinataria della richiesta, in quanto, per un verso, il
reale oggetto della domanda d'accesso è l'informazione incorporata nel
documento - attesa la natura meramente strumentale del supporto documentale -
e, per altro, stante il carattere formale dell'attività amministrativa, la p.a.
stessa può fornire informazioni contenute nei documenti in suo possesso o da
questi desunte (Cons. St., sez. V, 23.1.2001, n. 207, Gior. Dir. Amm.,
2001, 1141).
L'istituto
dell'accesso trova applicazione nei confronti di ogni tipologia di attività
della p.a. - anche nel caso di atti riepilogativi di dati di cui essa sia in
possesso - poiché i principi di trasparenza, buon andamento ed imparzialità
costituiscono i valori essenziali di riferimento di ogni comportamento
dell'amministrazione.
Quando
l'amministrazione abbia redatto tali atti riepilogativi, non vi sono ragioni
per sottrarli alla normativa sull'accesso e non rileva il fatto che essi non
siano stati tipicamente disciplinati dalla legge (Cons. St., sez. VI,
25.2.2003, n. 1055, FACDS, 2003, 667).
Detto principio
conferma il diritto all’informazione; esso è diametralmente opposto al diritto
che l’amministrazione può rivendicare alla segretezza per la sua azione; esso
deve rimanere eccezionale.
Nel nostro
ordinamento, il principio di pubblicità dei documenti amministrativi ha subito
un totale cambiamento di prospettiva, nel senso che, se finora il segreto era
la regola e la pubblicità l'eccezione, ora è vero il contrario. Ne consegue che
il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sulla esigenza di
riservatezza del terzo, ogniqualvolta l'accesso venga in rilievo per la cura o
la difesa di dimostrati interessi giuridici del richiedente, fatti valere in
giudizio (T.A.R. Puglia Salerno, sez. I, 22.6.2004, n. 1566, FATAR,
2004, 1808).
Per
la giurisprudenza è principio generale di derivazione comunitaria, nei
procedimenti inerenti pubblici appalti, quello secondo il quale va garantita ad
ogni partecipante la piena, tempestiva e completa informazione su
ogni decisione della stazione appaltante in ordine al procedimento
stesso, anche relativamente alle determinazioni infraprocedimentali, informazione
finalizzata al contraddittorio ed al giusto procedimento con
la parte che vi ha interesse.( T.A.R. Calabria Reggio
Calabria, sez. I, 15 dicembre 2009, n. 1295).
La norma precisa che il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni,
delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di
pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di
garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, ex art. 23,l.241/1990, mod. art. 2, l.
15/2005.
1.1 L'accesso alla giustizia ambientale delle organizzazioni non governative.
L'accesso in
materia ambientale è regolamentato dall’art. 14, comma 3, l. n. 349 dell'8
.7.1986, istitutiva del Ministero dell'Ambiente.
La norma autorizza qualsiasi cittadino ad inoltrare
istanze di accesso alle informazioni sullo stato dell'ambiente.
Nonostante la
sopravvenuta l. 241/90, il diritto di accesso all'informazione ambientale non è
stato, del resto, riservato alle sole parti interessate.
L’art.3, d. lgs. 25
.2.1997 n. 39, mod. art. 3 del d. lgs. 195/2005 in attuazione dei principi
della Direttiva C.E.E. n. 90/93, ha stabilito che le autorità pubbliche sono
tenute a rendere disponibile le informazioni relative all'ambiente a chiunque
ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare il proprio
interesse"
La giurisprudenza
amministrativa ha, poi, chiarito e confermato che il diritto di accesso alle
informazioni possedute dall'Amministrazione, in materia di ambiente, spetta non
solo ai cittadini, ma anche alle associazioni di protezione ambientale (T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 10.12.2008, n. 4082,
in Foro amm. T.A.R., 2008, 12, 3442).
La Corte di
Giustizia con sentenza della Sez. II, 15 .10. 2009 (nel procedimento C-263/08),
sulla questione dei diritti di tutela giudiziale delle organizzazioni non
governative ha affermato che, sebbene dal combinato disposto dell'art. 10-bis
e dell'art. 1, n. 2 della direttiva 85/337 venga affidato ai legislatori
nazionali il compito di determinare i presupposti che possono essere richiesti
perché un'associazione possa esercitare il diritto al ricorso,
tuttavia le norme nazionali debbono in ogni caso garantire l'obiettivo
dell'"ampio accesso alla giustizia" e l'"effetto utile" delle
disposizioni della direttiva
Coloro i quali vantano
un "interesse sufficiente" per contestare un progetto e i titolari di
diritti lesi da quest'ultimo, tra cui le associazioni di tutela
ambientale, debbono poter agire dinanzi al giudice competente.
Facendo
applicazione di questi principi generali, i giudici europei precisano che una
legge nazionale può senz'altro imporre che siano legittimate a ricorrere le
associazioni che abbiano un oggetto sociale attinente alla protezione della
natura e dell'ambiente, e può altresì stabilire requisiti rilevanti sotto il
profilo dell'effettività dell'esistenza e dell'attività dell'organizzazione,
tra cui anche la previsione di un numero minimo di aderenti, purché tale dato
quantitativo non venga fissato dalla normativa dello Stato membro ad un livello
tale da rendere disagevole la possibilità di accesso alla giustizia.
La direttiva 85/337
non concerne soltanto operazioni di portata nazionale o regionale, ma anche
interventi di dimensioni limitate in ordine alle quali sono le associazioni
ambientaliste locali le più indicate per farsene carico.
Per questo afferma
la Corte una normativa nazionale che
riservi il diritto al ricorso contro decisioni relative ad operazioni che
rientrino nel campo applicativo della direttiva alle sole organizzazioni con un
numero minimo di 2000 associati è tale in concreto da privare le associazioni
ambientaliste locali del diritto a proporre ricorso nella materia e,
come tale, contrasta col diritto comunitario.
Né − si precisa −
tale limitazione della possibilità di ricorso giurisdizionale delle
associazioni − come di qualsiasi altro membro del pubblico interessato − può
essere giustificata da eventuali ampie possibilità di partecipazione concesse a
monte dalla normativa nazionale in fase di elaborazione della decisione di
autorizzare un progetto (anche quando tale decisione venga assunta da un organo
giurisdizionale
nell'ambito di eventuali sue competenze di natura amministrativa (Ceruti M., L'accesso
alla giustizia amministrativa in materia ambientale in una recente sentenza
della Corte di Giustizia e la lunga strada per il recepimento della convenzione
di Aarhus da parte dell'Italia. Nota a:Corte giustizia CE, sez. II,
16.7.2009, n. 427, in Riv. giur. Amb.,
2010, 01, 0114).
2 L'accesso nei confronti dei gestori di pubblici servizi.
L’art. 1 ter,
l. 241/1990, mod. dall'art. 7, comma 1, lett. a), della l. 18 giugno 2009, n. 69, afferma che i
soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano
il rispetto dei criteri e dei principi di economicità, di efficacia, di
imparzialità , di pubblicità e di trasparenza cui è informata l’azione della
pubblica amministrazione.
La
giurisprudenza ha affermato che pur non essendo Trenitalia s.p.a. un soggetto
concessionario, ma operante nel regime di mercato in forza di licenza, essa
gestisce tuttavia un servizio pubblico, quale è il trasporto su rotaie, anche
se non in forza di concessione.
Si applica,
pertanto, nei suoi confronti l'art. 23, l. 241 del 1990, secondo cui "il
diritto di accesso di cui all'art. 22 si esercita nei confronti delle pubbliche
amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei
gestori di pubblici servizi", indipendentemente dal titolo giuridico in
base al quale viene gestito il servizio pubblico (Cons. Stato , sez. VI, 23.10.2007, n. 5569).
Ora la tutela
amministrativa si scontra con la rapidità delle decisioni dei soggetti gestori
di pubblici servizi Se la tutela non è sollecita, tali soggetti che devono
rispondere della motivazione almeno delle loro scelte sono sciolti da ogni
controllo.
Il sacrosanto
diritto di accesso può essere utilizzato almeno per conoscere le motivazioni di
provvedimenti che sono destinati ad incidere profondamente sui destinatari là
dove gli stessi servizi hanno un costo che ricade sui contribuenti?
Si tratta di
avere informazioni che possono portare a valutare se intraprendere o meno
tutele giudiziarie.
L’accesso al
procedimento rischia di essere precluso nei confronti dei gestori di pubblici
servizi.
L' ambito
applicativo del d.lgs. n. 195 del 2005, per quanto esteso, non può dare titolo
ad una forma di accesso indiscriminato
a tutte le pratiche inerenti ad un determinato settore di attività
amministrativa, non potendosi il diritto all'informazione in materia
ambientale, al pari del diritto di accesso in genere, tradursi in uno strumento
di controllo sistematico e generalizzato sulla gestione di tutti i procedimenti
amministrativi in itinere e, più in
generale, sull'intero operato di un ente pubblico, che finirebbe per conferire
ad un'associazione privata poteri ispettivi che non le competono. (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 18 maggio 2009, n. 2359).
La
giurisprudenza ha affermato la giurisdizione amministrativa sugli atti
autoritativi concernenti il rapporto di pubblico impiego emanati dall'Azienda
Autonoma delle Ferrovie dello Stato. Essi non sono diventati atti negoziali privati con
l'entrata in vigore della l. 17 maggio 1985, n. 210 (la quale, istituendo
l'Ente Ferrovie dello Stato quale successore dell'Azienda predetta, ha
determinato la trasformazione "ex nunc" del rapporto di
impiego pubblico in rapporto di diritto privato), ma hanno conservato la natura
di atti amministrativi dei quali il g.o. conosce nell'esercizio della
giurisdizione concernente il rapporto di lavoro con l'ente pubblico economico. (Cass. Civ. , sez. lav., 18 luglio 2007, n. 15974).
Del pari la
s.p.a. Ferrovie dello Stato, quando stipula appalti di opere pubbliche o di
servizi pubblici, assume la qualifica di amministrazione aggiudicatrice
soggetta alla giurisdizione amministrativa. (Cass. Civ. , sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4424).
3 L’accesso agli atti comunali.
Il d.lgs. n.
267/2000 sancisce il generale principio della pubblicità di tutti gli atti
delle amministrazioni locali riprendendo i principi fissati dalla legge
sull’accesso al procedimento amministrativo.
La norma
sancisce che tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono
pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o
per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del
presidente della provincia che ne vieti l'esibizione - conformemente a quanto
previsto dal regolamento - in quanto la loro diffusione può pregiudicare il
diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.
Il regolamento
assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti
amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei
soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi,
i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai
cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine
di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino;
assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni
di cui è in possesso l'amministrazione.
Al fine di
rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività
dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai
servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni, ex art. 10, d.lgs. n. 267/2000.
La
giurisprudenza limita il diritto di accesso ritenendo applicabile il principio che
sancisce la necessità di un interesse specifico per ottenere l’accesso all’atto
amministrativo.
Essa ritiene che
la norma nel sancire il generale principio della pubblicità di tutti gli atti
delle amministrazioni locali, non deroga affatto ai principi stabiliti
dall'art. 25, l. 241 del 1990, per quanto attiene ai presupposti per
l'esercizio del diritto di accesso; ne consegue che anche l'ostensione dei
suddetti atti può essere domandata solo da chi vanti un interesse per la tutela
di situazioni giuridicamente rilevanti.(Cons. St., sez. V, 29.11.2004, n. 7773, in Dir.Giust.,
2005, f. 3, 104).
Nel procedimento
di rilascio di permesso di costruire, ad esempio, il parere obbligatorio della
commissione edilizia e del responsabile del procedimento in capo al
procedimento autorizzatorio rappresenta un elemento di necessario acclaramento
dei presupposti del provvedimento autorizzatorio.
Le motivazioni
del contenuto del provvedimento ovvero il processo logico attraverso il quale
la commissione ha articolato il suo parere sono elementi fondamentali per ogni
iniziativa del richiedente cui è consentito l’eventuale accesso.
La
giurisprudenza impedisce l’accesso a tali atti riducendo, a mio avviso, la
tutela sulla stessa facoltà di accertare la scansione temporale della
definizione del provvedimento, rendendo più evidente la possibilità
dell’amministrazione di rimanere inerte.
La disposizione,
in materia di concessione edilizia, deve essere interpretata nel senso che non
è configurabile il diritto anzidetto con riguardo al parere reso dalla
commissione edilizia, che costituisce, rispetto all'atto concessivo, o al
diniego, del sindaco, un atto meramente preparatorio, non riconducibile agli
atti interni considerati dalla norma, conseguibili prima della formazione del
provvedimento. Essi sono soltanto quelli che hanno autonomia funzionale
nell'ambito del procedimento ovvero che si pongono in termini di arresto
procedimentale della pretesa azionata, condizioni che non ricorrono rispetto al
parere della commissione edilizia comunale (T.A.R. Puglia, sez. II, Bari,
3.3.1993, n. 71, T.A.R., 1993, I, 2077).
A fronte del
diritto all’accesso il richiedente deve corrispondere all’amministrazione una
somma relativa alle spese per il rilascio delle copie.
La pretesa
dell'amministrazione comunale volta ad ottenere, con disposizioni di carattere
generale, non solo il rimborso dei costi di fotoriproduzione, ma anche delle
spese sostenute per la ricerca degli atti e l'evasione della pratica deve
ritenersi del tutto legittima, né tale previsione è irragionevole, illogica o,
comunque, limitativa del diritto di accesso.
Nel caso di
specie il costo quantificato in euro 2,00 per ogni atto è stato ritenuto
legittimo (Cons. St., sez. V, 25.10.1999, n. 1709, in Cons. St, 1999, I,
1637).
Ogni questione
relativa alle spese spetta al giudice amministrativo che ha ritenuto illegittima la decisione dell'ente che prevedeva a carico
del richiedente l'ulteriore somma di euro 5,00 nel caso di attivazione delle
procedure di notifica ad ogni eventuale controinteressato, richiamando l'art. 9
del proprio regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi
di esclusione del diritto di accesso. Tale
previsione è in contrasto con l'art. 25, l. n. 241 del 1990. La norma dispone
che il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le
disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di
misura. (T.A.R. Sicilia Catania, sez.
IV, 20.7.2007, n. 1277).
La controversia
instaurata da un cittadino contro il comune al fine di ottenere la restituzione
di una parte della somma (ritenuta eccessiva) richiesta per il rilascio di
copia di un rapporto della polizia municipale appartiene alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo a norma dell'art. 25, l. 241/1990,
trattandosi di impugnazione di una determinazione amministrativa concernente il
diritto di accesso (Cass. civ., Sez. U., 13.4.2000, n. 131, in Giur. It.,
2000, 1923).
4 L’intervento del difensore civico sul silenzio.
Le funzioni del
difensore civico sono state raccordate alla tutela giurisdizionale sul silenzio
nell'accesso al procedimento amministrativo dall’art. 25, l. 241/1990, così
come mod. dall’art. 17, comma 1, lett. a), l. 15/2005.
L’azione del
difensore civico è posta in sostituzione, ma non in alternativa al ricorso al
T.A.R., in caso di rifiuto espresso o tacito o nel caso di differimento
dell’accesso alla documentazione amministrativa (CARINGELLA F., Corso di
diritto amministrativo, 2004, 1990).
La facoltà di
reclamo al difensore civico non è, infatti, alternativa al ricorso
giurisdizionale bensì è considerata uno strumento di contenimento del
contenzioso in materia che può trovare composizione con l’intervento del
difensore.
Il ricorso
giurisdizionale può essere sempre proposto.
La
giurisprudenza ha affermato che, nel caso in cui l'interessato si sia rivolto
al difensore civico, il termine per il ricorso giurisdizionale decorre dalla
data di ricevimento della determinazione adottata dal difensore civico sulla
sua istanza, secondo il disposto del comma 4 dell’art. 25, l. 241/1990, fermo
restando che l'onere di allegare e provare la data di ricezione della suddetta
decisione adottata dal difensore civico incombe sul ricorrente cui sia eccepita
la tardività nella presentazione del ricorso. (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 26.10. 2004, n. 15415).
Il difensore
civico si pronuncia entro trenta giorni dall’istanza. Il silenzio del difensore
equivale a diniego.
Se il difensore
ritiene illegittimo il diniego o il differimento del diritto di accesso
comunica le sue conclusioni all’autorità interpellata e al richiedente.
L’autorità adita
deve emettere un provvedimento che confermi il suo diniego altrimenti, in caso
contrario, l’accesso è consentito.
L’accesso può
consistere in un atto di esibizione dei documenti.
Al fine di
ottenere detto risultato l’autorità adita, oltre che un provvedimento
confermativo del diniego, deve emettere un provvedimento espresso in cui siano
indicate le modalità di accesso onde consentire l’esercizio del riconosciuto
diritto all’accesso del richiedente.
Detto atto può
consistere in una semplice comunicazione che determini le modalità per
l’esercizio del diritto di accesso, ex art. 25, comma 4, l. 7 .8.1990,
n. 241, mod. art. 17, comma 1, lett. a), l. 15/2005.
Qualora, dopo le
determinazioni del difensore civico, persista la mancata ottemperanza
all’ordine dell’autorità amministrativa si configura per il responsabile del
procedimento la contravvenzione di cui all’art. 650, c.p., che punisce con
l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206 l’inosservanza dei
provvedimenti dell’autorità.
La
giurisprudenza ha precisato che anche gli atti del difensore civico sono
soggetti al diritto di accesso da parte dei soggetti interessati.
Le domande
devono esser rivolte direttamente al difensore civico e non al comune.
5 L’accesso agli atti del difensore civico.
La
giurisprudenza ritiene che sussista la possibilità di richiedere informazioni
sull'attività del difensore civico, che è garante della imparzialità e del buon
andamento dell'amministrazione comunale.
Essa distingue
fra richieste generiche e richieste su procedimenti specifici espressamente
individuati dal richiedente
La genericità
della domanda di accesso con riferimento alla richiesta di informazioni sugli
appalti visionati e sui rapporti inviati alla magistratura penale o contabile
deve essere respinta in quanto rivolta sostanzialmente ad un controllo
generalizzato dell'attività dell'Ufficio del difensore civico, alla stregua di
quanto prescritto dall'art. 24, comma 3°, l. n. 241/1990. (T.A.R. Lazio,
sez. II, n. 11388/2005).
L’istanza deve
essere rivolta ad acquisire le informazioni su alcuni aspetti dell'attività
svolta dal difensore civico con e ad esempio nella fattispecie appalti
visionati, rapporti inviati alla magistratura penale o contabile, costi
sostenuti per la campagna di informazione dalla Studio Boyer & Associati,
bilancio dettagliato delle spese sostenute e ciò rientra comunque nel diritto
di accesso purché tali informazioni siano racchiuse in documenti
amministrativi, come desumibile dall'art. 22, comma 4, l. 241/1990 e successive
modificazioni che esclude dall'accesso solo le informazioni che non abbiano
forma di documento amministrativo. (Cons. St., sez. V, 7.11.2007, n. 5780).
In particolare è
stato ritenuto che il CODACONS è un'associazione a tutela di consumatori ed
utenti, iscritta nell'elenco di cui all'art. 137, D.L.vo n. 206 del 2005, che
ha come finalità quella di tutelare, anche con il ricorso alla strumento
giudiziario, gli interessi dei consumatori e degli utenti nei confronti dei
soggetti pubblici e privati, produttori o erogatori di beni e servizi ed è
legittimata ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e
degli utenti ai sensi degli art. 2 e 139 del d.lg. n. 206 del 2005. Perciò,
detta associazione ha legittimazione a richiedere informazioni sull'attività
del difensore civico, che è garante della imparzialità e del buon andamento
dell'amministrazione comunale, ai sensi dello statuto comunale. Non può,
quindi, escludersi in generale l'incidenza dell'attività del difensore civico
sugli interessi dei consumatori e degli utenti rappresentati dal Codacons. (Cons. St., sez. V, 2007, n. 5780, cit.).
6 Il diritto di accesso del consigliere comunale.
La dottrina
rileva che il consigliere comunale ha un diritto di accesso agli atti
dell’amministrazione che deriva dall’espletamento delle proprie funzioni
connesse all’esercizio del mandato ((Narducci F:, Guida Normativa per
l’amministrazione locale , 2010, 72).
La norma precisa
che i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli
uffici, rispettivamente, del comune e della provincia nonché dalle loro aziende
ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili
all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi
specificamente determinati dalla legge.
Il sindaco o il
presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro
30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo
presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e
delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento
consiliare, ex art. 10, d.lg. n.
267/2000.
Il consigliere
comunale che eserciti il diritto di accesso non è tenuto a specificare i motivi
della richiesta, né gli organi burocratici dell'ente hanno titolo a
richiederlo, tuttavia la richiesta di accesso deve essere determinata e non
generica.
Anche la
richiesta di accesso ai documenti amministrativi avanzata da un consigliere comunale
deve essere determinata e non generica, secondo quanto disposto dall'art. 3, 2°
co., d.p.r. 27.6.1992, n. 352.
Ai fini della
legittimazione all'accesso dei consiglieri, è necessaria l'esternazione di tale
qualifica, insieme alla precisazione degli atti cui si intende accedere. Nella
fattispecie in esame, le richieste di accesso risultano inammissibili in
quanto, essendo riferite a tutti gli atti adottati successivamente al 1 gennaio
2001 ed a quelli ancora da adottare, distinti solo per tipologia, risultano
prive della individuazione specifica dell'oggetto, su cui avrebbe dovuto
esercitarsi il diritto di accesso (Cons. St., sez. V, 13.11.2002, n. 6293, in Nuovo Dir., 2003, 836).
Il diritto
d’accesso al procedimento amministrativo, di norma, è escluso quando vi sia la
necessità di tutelare un segreto (Centofanti N. Il ruolo del consigliere
comunale nella programmazione urbanistica, in Nuova Rass., 2005, 1417).
La norma esclude
il diritto di accesso per gli atti coperti da segreto di Stato, per i
procedimenti tributari che sono regolati da norme specifiche - quali il
cosiddetto statuto del contribuente - per gli atti di pianificazione, regolati
dalla legge urbanistica, e per quelli di programmazione, regolati da
disposizioni speciali, per i dati psicoattitudinali utilizzati in sede di
concorso, ex art. 24, l. 7.8.1990, n.
241, mod. art. 16, l. 15/2005.
Il privato che
vuole esercitare il diritto all’accesso, ad esempio per prendere visione della
documentazione nella fase formativa di uno strumento urbanistico, deve seguire
la procedura prevista dall'art. 9 della l. urb., che prevede la possibilità di
prendere in visione, presso gli uffici comunali, il progetto di piano una volta
che questo sia stato adottato. Si pone il problema se il consigliere comunale
possa accedere alla visione del progetto in una fase antecedente alla adozione
del piano.
La
giurisprudenza ha escluso tale possibilità affermando che il consigliere
comunale non è titolare del diritto di accesso o di visione degli elaborati
progettuali relativi ad una variante al piano regolatore generale quando detti
elaborati non siano stati ancora recepiti dalla giunta, rimanendo così al
livello di mero studio preliminare. (T.A.R. Umbria, 21 .12.1994, n. 899, in T.A.R.,
1995, I, 692).
La
giurisprudenza però ammette il diritto del consigliere comunale alla visione ed
all'accesso alla documentazione relativa alla fase preparatoria della revisione
del piano regolatore generale. (T.A.R. Liguria, sez. I, 3 .12. 1994, n. 448, in
T.A.R., 1995, I, 613).
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