1 La motivazione.
L’obbligo alla
motivazione è un chiaro dettato dell’art. 3, l. 7.8.1990, n. 241, che configura
un comportamento di trasparenza e di informazione contrario a quello che può
essere un atteggiamento inadempiente dell’amministrazione.
La norma precisa
che ogni provvedimento amministrativo,
compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei
pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato.
La motivazione
deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze
dell'istruttoria.
La motivazione
non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.
In ogni atto
notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorità cui è
possibile ricorrere
L'art. 3, 3° co.
della l. 7.8.1990, n. 241 afferma che se le ragioni della decisione risultano
da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme
alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a
norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama.
La norma nella
sua dizione letterale sembra ridurre l’obbligo alla trasparenza amministrativa
poiché il riferimento ad un atto presupposto e reso disponibile riduce la
conoscenza delle motivazioni dello stesso, tanto è vero che la dottrina propone
un’interpretazione estensiva:
La dottrina
ritiene che l’espressione “indicato e reso disponibile” non possa che
significare altro che l’obbligo della contestuale acclusione dell’atto la cui
motivazione si richiama alla comunicazione di quello richiamante, ovvero
l’esplicitazione dei modi per prenderne conoscenza, solo nel caso in cui non
sia possibile la contestuale comunicazione (Franco I., Il
nuovo procedimento amministrativo 1995, 87).
La
giurisprudenza, peraltro, ha ribadito che la norma non impone alla
amministrazione di notificare o comunicare gli atti da cui risultino le ragioni
della decisione, unitamente al provvedimento, ma solo che questo sia indicato o
reso disponibile.
La norma non
impone la materiale messa a disposizione o la contestuale comunicazione degli
atti richiamati, essendo sufficiente l'indicazione dei medesimi atti, la quale
concede all'interessato la possibilità di richiederne l'accesso.
La motivazione
di cui all'art. 3, l. 7.8.1990, n. 241, può ben essere effettuata "per
relationem", purché l'amministrazione renda disponibile il documento
al quale l'atto motivato fa riferimento. Costituisce
principio generale, c.d. motivazione per relationem, quello per cui la motivazione del
provvedimento può risultare da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla
decisione stessa, purché tale atto, sia comunicato e reso disponibile insieme
alla decisione, cioè al provvedimento finale che ad esso si richiama. (T.A.R. Liguria Genova, sez.
II, 3 febbraio 2010, n. 230).
La motivazione
può essere legittimamente resa per relationem riferendosi ad atti
emanati da altre amministrazioni coinvolte nel procedimento.
L'amministrazione
deve rendere disponibile il documento al quale l'atto motivato per
relationem fa riferimento e motivare la determinazione da assumere
nell'atto impugnato.
Il riferimento
dell'informativa prefettizia antimafia ad atti che ne costituiscono il
fondamento integra pienamente l'ipotesi della motivazione "per
relationem" e quindi dimostra l'osservanza del principio generale di
cui all'art. 3, l. 7.8.1990, n. 241 (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 27.9.2004,
n. 12586).
L'esclusione
dell'obbligo di motivazione è ammessa solo per atti generali.
Il piano
paesistico, ad esempio, in quanto
provvedimento di natura pianificatoria, si sottrae ad un puntuale obbligo
motivazionale ai sensi dell'art. 3, l. 7.8.1990, n. 241, non essendo lo stesso,
comunque, in linea di principio insuscettibile di una motivazione in base ad un
meccanismo di rinvio operato a singoli atti del procedimento (T.A.R. Campania
Napoli, sez. I, 27.9.2004, n. 12591).
Nessun commento:
Posta un commento