La giurisdizione di legittimità.
L’art. 7, comma 3, D.L.vo 2
luglio 2010, n.104, afferma che la
giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di
legittimità, esclusiva ed estesa al merito.
Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del
giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o
omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al
risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e degli altri diritti
patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.
La
Corte costituzionale ha ravvisato un eccesso di delega nella formulazione
dell’art. 33, D.L.vo 80/1998, nella parte in cui istituiva una giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi, anziché
limitarsi ad estendere, in tale ambito, la giurisdizione del giudice
amministrativo alle questioni aventi ad oggetto diritti patrimoniali
consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno. Corte
Cost. 11 luglio 2000, n. 292, in Guida
Dir., 200, n. 28, 26.
A
tal punto il legislatore ha superato i rilievi sostanzialmente riconfermando
con la L. 21 luglio 2000, n. 205 le disposizioni oggetto del D.L.vo 80/1998.
L’art.
35, D.L.vo 80/1998 è stato modificato dall’art. 7, comma 1, lett. c), L.
205/2000 che allarga la giurisdizione su tutte le materie su cui il giudice
amministrativo deve decidere.
L’introduzione
di una giurisdizione esclusiva in tema di espropriazione con confini ed ambiti
diversi da quelli tradizionalmente accolti prima della riforma del 1998 è stata
censurata della Corte cost.
La
Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, D.L.vo
31 marzo 1998, n. 80, come sostituto dell'art. 7, lett. b), L. 21 luglio 2000,
n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto
"gli atti, i provvedimenti e i comportamenti", anziché "gli atti
e i provvedimenti" delle p.a. e dei soggetti alle stesse equiparati, in
materia urbanistica ed edilizia. Corte cost., 6 luglio
2004, n. 204,
in Foro it., 2004, I,2594.
I
vizi di legittimità che comportano l’annullamento degli atti amministrativi
sono l’incompetenza, l’eccesso di potere e la violazione di legge, ai sensi
dell'art. 29, D.L.vo 104/2010.
Il
giudizio subisce delle evidenti limitazioni nella valutazione dell'atto impugnato
nel senso che è ammesso unicamente l'accertamento della legittimità del
procedimento e la sussistenza dei requisiti essenziali dell'atto.
E'
ammessa la verifica sul procedimento logico seguito nell'emanazione dell'atto.
Si
può accertare che i presupposti siano la logica premessa all'atto impugnato, ma
è esclusa ogni indagine circa l'opportunità dell'emanazione dell'atto.
Non
potendo, nella maggior parte dei casi, sindacare l'opportunità dell'atto il
giudizio amministrativo subisce una limitazione nell'uso dei mezzi probatori.
La
competenza di legittimità mira all'annullamento dell'atto impugnato: non sono
quindi ammesse pronunce di riforma o costitutive né di condanna tranne che per
le spese.
1.1 L'incompetenza.
La
giurisprudenza ravvisa il vizio di incompetenza quando l'atto è emanato da un
organo cui non è data tale autorità, ad esempio, quando la legge prevede che
l'organo competente è il dirigente comunale e l'atto è emanato dal sindaco.
Pur
essendo competente l'organo comunale vi è una incompetenza cosiddetta relativa
che vizia l'atto.
Se
l'organo che emana l'atto appartiene ad una amministrazione diversa da quella
cui è riconosciuta la competenza si è nel campo dell'incompetenza assoluta e
l'atto si classifica come inesistente.
Nel
processo amministrativo, la pronunzia di incompetenza si presenta tranciante
dell'esame dei profili di merito circa la legittimità dell'atto perché emanato
da un organo privo di titolarità.
Il giudicato di annullamento del provvedimento
per accertata incompetenza dell'organo che lo ha adottato non elimina né ridimensiona
il potere dell'Amministrazione di provvedere, anche in senso negativo, in
relazione all'oggetto del precedente atto annullato; il vizio di incompetenza ha infatti
ex lege carattere assorbente, nel
senso che impone unicamente la rimessione dell'affare all'autorità competente;
la ratio della preclusione all'esame
degli eventuali ulteriori motivi di censura opera proprio nel senso di impedire
una conformazione del successivo esame da parte dell'organo riconosciuto
competente che si tradurrebbe in una impropria intromissione nell'attività
dello stesso. Cons. St. , sez. IV, 20
luglio 2009, n. 4568.
1.2
La
violazione di legge.
La
violazione di legge si ha allorquando non sono rispettate le norme
procedimentali che regolano tipicamente l'emanazione dell'atto.
Il
vizio può riscontrarsi nel soggetto, nel contenuto dell'atto, nella forma ovvero
nel non rispetto della ritualità del procedimento.
Il
soggetto che emana l'atto deve essere ritualmente convocato – qualora si tratti
di organi collegiali - deve avere la composizione prevista per potere
deliberare, nel senso che devono essere rispettate le maggioranze previste per
l'oggetto che si discute e nessuno dei suoi componenti deve avere interessi
particolari nell'oggetto dell'atto.
Qualora
un membro ne abbia deve obbligatoriamente astenersi.
Il
contenuto dell'atto deve essere possibile, determinato e lecito.
La
giurisprudenza ha ritenuto illegittimo l’atto basato sull’erroneo convincimento
che il bene sia soggetto a vincolo. Il provvedimento con cui il Soprintendente
per i Beni Architettonici ed il Paesaggio delle Marche ha disposto l'annullamento
dell'autorizzazione edificatoria rilasciata dal Comune di Numana è stato,
pertanto, dichiarato affetto da violazione e falsa applicazione degli artt. 145
e seguenti del D. LG. 29 ottobre 1999, n. 490 nonché da eccesso di potere per
erroneità dei presupposti, considerato che il suo intero impianto motivazionale
risultava basato sull'erroneo convincimento che l'edificio oggetto di
ristrutturazione fosse da considerare un bene sottoposto a vincolo di tipo
storico – architettonico. T.A.R. Marche, 13 ottobre 2004, n. 1654
La
forma dell'atto deve rispettare, ove sia richiesta ad substantiam,
quella prevista dalla legge; ad esempio, le concessioni in diritto di
superficie delle aree di edilizia residenziale pubblica devono essere rogate
per atto pubblico.
Qualora siano richiesti dei pareri obbligatori essi
devono essere menzionati nell'atto a pena di illegittimità del provvedimento. T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 29 ottobre 2009, n. 660.
Il
procedimento amministrativo deve essere rituale, ossia deve rispettare
procedimentalmente le fasi previste dal legislatore. Ad esempio, la mancanza
dell’instaurazione del contraddittorio nel soggetto sottoposto ai procedimenti
ablatori vizia l'atto di esproprio.
1.3
L'eccesso
di potere.
L'eccesso
di potere configura un vizio residuale che si manifesta nella essenziale
contraddittorietà fra l'azione della pubblica amministrazione ed il fine da
raggiungere.
Si
tratta di una violazione della causa stessa dell'atto da non confondere con i
vizi relativi al cattivo uso della discrezionalità amministrativa (vizi di
merito).
La
giurisprudenza amministrativa ha evidenziato e classificato le varie
fattispecie nelle quali questo vizio si manifesta e principalmente esse sono le
seguenti:
Lo
sviamento di potere si ha
allorquando la potestà amministrativa è esercitata al di fuori degli ambiti
suoi propri in un settore non attribuito dall'ordinamento.
La
giurisprudenza ha precisato che, ai fini dell'individuazione di una fattispecie
di sviamento, occorre che la causa tipica dell'atto sia sacrificata in vista
del raggiungimento di finalità diverse ed a questo estranee e che siano le
uniche concretamente perseguite dall'amministrazione. T.A.R. Campania Napoli,
sez. I, 27 settembre 2004, n. 12592, in Foro amm. T.A.R., 2004, 2621.
La
contraddittorietà si ravvisa fra i contenuti della fase
preliminare del procedimento e quelli della fase costitutiva.
La
contraddittorietà tra gli atti del procedimento si può rinvenire solo
allorquando sussista tra più atti successivi un contrasto inconciliabile tale
da far dubitare quale sia l'effettiva
volontà dell'amministrazione Tale evenienza non può neppure essere ipotizzata
qualora le funzioni fra loro diverse siano svolte rispettivamente dalla
commissione consultiva e dalla commissione tecnica. Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2004, n. 5013, in Foro amm. Cons. St., 2004, 2109. La
contraddittorietà può essere ravvisata anche nel provvedimento che disattende,
senza fornire adeguata motivazione, il parere facoltativo richiesto ed ottenuto
da altra amministrazione. Cons. St., sez. VI, 1
marzo 2002, n. 1266,
in Foro it., 2002, III, 615.
La
illogicità dell'atto viene in
evidenza considerando i risultati che si dovrebbero conseguire. Essa contrasta
sostanzialmente con l'obbligo di buona amministrazione. Il vizio si avvisa
quando, ad esempio, l’ordinanza sindacale dispone l'immediata sospensione
dell'attività artigianale senza assegnare all'impresa una moratoria per
l'adeguamento dei locali e degli impianti di falegnameria e/o per porre in
essere idonee misure e cautele tecniche che possano valere ad eliminare
l'inconveniente accertato o a ridurlo entro il limiti della tollerabilità.
T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 29 ottobre 2004, n. 4879.
Il
travisamento di fatti si ha
quando la premessa ed il presupposto dell'atto non coincidono.
Detto
vizio è stato ammesso anche in rapporto alle operazioni che presuppongono una
discrezionalità tecnica. L’eccesso di potere sotto i profili del travisamento
dei fatti e dell'illogicità grave e manifesta consente che sia ammessa la
verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo
della correttezza. T.A.R. Marche, 27 settembre 2004, n. 1497, in Foro amm.
T.A.R., 2004, 2521.
129
Nel
procedimento disciplinare nei confronti dei pubblici dipendenti, ivi compreso
il personale militare, la valutazione finale della Amministrazione sulla
gravità degli illeciti commessi e sulla conseguente sanzione da irrogare
costituisce espressione di un'ampia discrezionalità, sindacabile dal giudice
amministrativo sotto il profilo dell'eccesso di potere,
quando vi sia stato un travisamento dei fatti ovvero la relativa motivazione
risulti sprovvista di logicità e di coerenza. Consiglio Stato, sez. IV, 24 febbraio 2011, n. 1203.
La
disparità di trattamento si verifica allorquando, in violazione del
principio dell'imparzialità dell'azione amministrativa, in situazioni analoghe
si adottano provvedimenti diversi.
La
giurisprudenza ha affermato che la disparità di trattamento è un vizio
sintomatico dell'eccesso di potere solo qualora si abbia la possibilità di far
valere la violazione da parte dell'Amministrazione di parametri prestabiliti
del suo agire; in caso contrario, la disparità di trattamento resta un dato
neutro, poiché non è dato al Giudice di accertare, in difetto di censure
dirette, quale dei comportamenti, dispari, dell'amministrazione sia affetto da
illegittimità. T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 27 novembre 2004, n. 8333.
129/2
Il
vizio di disparità di trattamento è prospettabile solo in presenza di
situazioni identiche (circostanza quest'ultima che va di per sé esclusa in
ragione delle peculiari individualità di ciascun studente). Consiglio Stato, sez. VI, 17
gennaio 2011, n. 236
Il difetto di motivazione si ha allorquando la motivazione obbligatoria -
perché imposta dalla legge o dal tipo di atto - sia mancante o insufficiente.
La giurisprudenza ha ritenuto viziato da eccesso di
potere e motivazione insufficiente il provvedimento di annullamento
ministeriale di un'autorizzazione
paesaggistica alla realizzazione di
permesso di costruire in zona protetta, Detto provvedimento richiede un'adeguata motivazione sulla compatibilità effettiva dell'opera con gli specifici
valori paesistici dei luoghi. Nel caso di
specie, la genericità dell'asserito contrasto con i valori paesistici, assunta
con formula molto generica e quasi stereotipata, piuttosto che supportata dall'indicazione
di concreti e specifici elementi sintomatici di vizi di legittimità,
sembra, in qualche modo, voler esprimere valutazioni tecnico - discrezionali
che ricadono nella sfera di competenza
esclusiva delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo.T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 27 gennaio 2010, n. 43.
La motivazione dell'atto amministrativo può in via
generale ricavarsi per relationem dagli atti istruttori posti in essere
nel corso del procedimento - pareri, proposte, rapporti - e richiamati nel
preambolo, purché si tratti di atti appartenenti alla stessa serie
procedimentale.In caso di motivazione per relationem, la mancata
allegazione al provvedimento finale dell'atto posto a fondamento della
decisione, lungi dall'incidere direttamente sulla legittimità dell'atto,
determina la mancata conoscenza della lesività dello stesso; comportando una
mera procrastinazione del termine iniziale per la impugnazione del
provvedimento stesso. T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 6 marzo 2003, n. 738, in Foro amm. T.A.R., 2003, 1065.
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