La
responsabilità della p.a. in relazione al danno provocato da bene demaniale.
È configurabile,
a carico della p.a. (o del gestore), una responsabilità, ex art. 2051 c.c., per
le cose che essa ha in custodia allorquando il bene demaniale o patrimoniale da
cui si sia originato l'evento dannoso risulti adibito all'uso generale e
diretto della collettività.
Tali
caratteristiche del bene, quando ricorrano congiuntamente, rilevano soltanto
come circostanze, le quali - in ragione dell'incidenza che abbiano potuto avere
sull'espletamento della vigilanza connessa alla relazione di custodia del bene
ed avuto riguardo alle peculiarità dell'evento - possono assumere rilievo,
sulla base di una specifica e adeguata valutazione del caso concreto, ai fini
dell'individuazione del caso fortuito e, quindi, dell'onere che la p.a. (o il
gestore) deve assolvere per sottrarsi alla responsabilità, una volta che sia
dimostrata l'esistenza del nesso causale.
Nella specie, la
Corte cass. ha sancito l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., in relazione alle
lesioni riportate da una donna inciampata, lungo il percorso di uscita da un
palazzetto dello sport, nella pavimentazione in gomma che presentava una
sporgenza anomala non segnalata né transennata. Cass. Civ., sez.
III, 1 ottobre 2004, n. 19653.
Il danneggiato
che invochi la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. contro una p.a. (o il
gestore) in relazione a danno originatosi da bene demaniale o patrimoniale
soggetto ad uso generale, non è onerato della dimostrazione della verificazione
del danno in conseguenza dell'esistenza di una situazione qualificabile come
insidia o trabocchetto, bensì esclusivamente - come di regola per l'invocazione
della suddetta norma - dell'evento dannoso e del nesso causale fra la cosa e la
sua verificazione.
La presunzione
di responsabilità per danni da cose in custodia, di cui all'art. 2051 c.c., non
si applica agli enti pubblici ogni qual volta il bene, sia esso demaniale o
patrimoniale, per le sue caratteristiche (estensione e modalità d'uso) sia
oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi, che limiti
in concreto le possibilità di custodia e vigilanza sulla cosa.
In questi casi,
l'ente pubblico risponde secondo la regola generale dettata dall'art. 2043
c.c., e quindi può essere ritenuto responsabile per i danni subiti da terzi a
causa di una insidia stradale solo quando l'insidia stessa non sia visibile, e
neppure prevedibile.
Nella specie, la
Corte cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la
responsabilità di un Comune per il danno subito da un ciclista a seguito
dell'urto contro un paletto conficcato nel manto stradale, ritenendo che il
paletto fosse visibile, e quindi evitabile, in quanto l'incidente si era
verificato in pieno giorno e il paletto sporgeva di circa un metro dal suolo, e
ritenendo, per contro, non rilevante che esso fosse inclinato e di colorazione
simile a quella dell'asfalto. Cass. Civ., sez.
III, 1 dicembre 2004, n. 22592.
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