1
La
giurisdizione del giudice ordinario. Le controversie in tema di eleggibilità.
Le cause di
ineleggibilità trovano la loro ragione nell’intento di evitare indebite
pressioni che i titolari di alcuni alti uffici possono esercitare
sull’elettorato, altre cause trovano la loro ragione nella antinomia che si
determinerebbe per la situazione di controllore, altre cause di ineleggibilità
trovano la loro giustificazione nel fatto che una stessa persona si trova ad
essere contitolare di più uffici.
La
giurisprudenza ha precisato che la domanda azionata nella forma di annullamento
della delibera di convalida degli eletti e del sottostante verbale di
proclamazione ma rivolta, nella sostanza a contestare l'eleggibilità di un
candidato in quanto eletto sindaco pur avendo già espletato due mandati
consecutivi e dunque in violazione dell'art. 51 comma 2, D. L.vo 267 del 2000
rientra tra le questioni di « eleggibilità » e pertanto esula dalla
giurisdizione del giudice amministrativo.
Tale domanda e
rientra in quella devoluta al giudice civile, ex art. 70, D. L.vo 267 del 2000, né su tale criterio di riparto,
può incidere, nel senso di attrarre la giurisdizione nell'alveo della materia
elettorale il fatto che il ricorrente abbia impugnato anche il verbale di
proclamazione degli eletti ed abbia chiesto l'annullamento delle operazioni
elettorali, in via derivata dall'annullamento della delibera di convalida. T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 20 ottobre 2006, n.
3533,
in Foro amm. TAR, 2007, 1, 70.
La
giurisprudenza ha affermato, ad esempio, in tema di ineleggibilità del
personale delle Usl, anche prima delle modifiche introdotte dalla nuova
normativa contenuta nel D.L.vo n. 502 del 1992 e nel D.L.vo n. 517 del 1993, al
primario ospedaliero non poteva essere preclusa l'eleggibilità né in virtù
della disposizione di cui al n. 8 dell'art. 2 della legge n. 154 del 1981, la
quale riguardava i soggetti che, nell'ambito della Usl, svolgevano funzioni di
direzione di tutto il personale, né di quella contenuta nel n. 11 dello stesso
articolo, la quale non riguardava affatto il personale dipendente delle Usl.
Cass. civ., sez. I, 15 maggio 1996, n. 4511, in Giust. civ. Mass., 1996,
733.
Esse possono
essere rimosse prima del giorno utile per la presentazione della candidatura.
P. VIRGA, Diritto Amministrativo, Amministrazione locale, III, 1988, 68.
Le cause di
incompatibilità trovano, invece, di regola la loro ragione giustificatrice in
un potenziale conflitto di interessi con l'ente territoriale, l’eletto piò rimuovere
la causa di incompatibilità entro un termine che decorre dalla data di
convalida dell’elezione dato che è in quella data che avviene l'effettivo
inizio dell’esercizio della carica di consigliere comunale.
Le controversie
relative alla eleggibilità alla carica ,come quelle concernenti la decadenza e
la incompatibilità, sono devolute al giudice ordinario, in quanto attinenti a
diritti soggettivi perfetti.
Non comportano
nessuna modifica al riparto della giurisdizione la disciplina introdotta dalla
successiva L. 154/1981 sulla incompatibilità alla carica di consigliere
comunale, provinciale e regionale, l'art. 1 della legge 16/1992, che ha
introdotto un'ampia disciplina in tema di eleggibilità e di decadenza dalle
cariche nelle regioni, comuni e province per delitti di particolare gravità.
La giurisdizione
del giudice ordinario deve essere affermata pure dopo l'entrata in vigore del
D. L.vo 267/2000, che ha mutato le procedure per la proclamazione degli eletti,
ma non ha inciso sui criteri di riparto della giurisdizione.
Non mutano le
regole del riparto di giurisdizione neppure le norme di cui alla L. 81/1993 e
alla L. 415/1993, che hanno introdotto l’elezione diretta del sindaco del
presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio regionale.
La giurisdizione
del giudice ordinario a conoscere le controversie in tema di eleggibilità o di
decadenza dalla carica di consigliere regionale, provinciale, comunale e
circoscrizionale non trova limitazioni o deroghe per il caso in cui la
questione di eleggibilità sia introdotta mediante impugnazione del
provvedimento del consiglio di convalida degli eletti o di impugnazione
dell'atto di proclamazione o d'impugnazione del provvedimento di decadenza.
In tali ipotesi,
la decisione verte non sull’annullamento dell'atto amministrativo, ma sul
diritto soggettivo perfetto inerente all'elettorato attivo.
La verifica
della eleggibilità dei propri componenti spetta al neoeletto consiglio
comunale; alla commissione provinciale di controllo spettano poteri
sostitutivi, nell'ipotesi che il consiglio abbia omesso di pronunziarsi, nonché
il potere di controllo formale sulla delibera consiliare; spetta al giudice
ordinario il controllo di merito sull’eleggibilità dei consiglieri, su ricorso
di qualsiasi cittadino elettore, del prefetto o del presidente della
commissione provinciale di controllo. T.A.R. Sicilia sez. III, Catania, 29
ottobre 1991 n. 448, 1991, 669.
1.1
L’azione
popolare. Le parti.
L'azione è detta
popolare, a norma degli art. 82 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570, n. 1 della l.
23 dicembre 1966 n. 1147 e 19 della l. 17 febbraio 1968 n. 108, poiché consente
ad ogni elettore, iscritto nelle liste ed a chiunque altro ne abbia interesse,
di agire in giudizio o di intervenire in quello da altri iniziato per invocare
il controllo giurisdizionale sul rispetto delle norme in materia di
ineleggibilità.
La parte del
giudizio è colui contro il quale il ricorso è diretto, anche se il giudizio è
instaurato attraverso l'impugnazione della delibera del consiglio comunale che
ha pronunziato al riguardo, e, quindi, anche in caso di notificazione al
sindaco, ai sensi dell'art. 9 della l. 23 dicembre 1966 n. 1147, del ricorso
introduttivo, il comune non assume la qualità di parte.
Il comune può
solo proporre un intervento ad adiuvandum. Corte app., Salerno, 25
novembre 2004.
1.2
Il
ricorso.
La deliberazione
di convalida dell'eletto costituisce presupposto processuale dell'azione.
La delibera deve
essere pubblicata all’albo pretorio.
L'impugnativa va
proposta nel termine perentorio di trenta giorni dalla data finale di
pubblicazione della deliberazione, ovvero dalla data della notificazione di
essa, quando sia necessaria. Trib. Brindisi, 10 luglio 2002.
Il ricorso va
depositato presso la segreteria del Tribunale civile della circoscrizione
territoriale in cui è ricompreso il comune capoluogo di provincia, ai sensi
dell’art. 7, L. 1147/1966, per le elezioni comunali e provinciali ovvero del
capoluogo di regione, ai sensi dell’art. 19, L. 17/2/1968 n. 108, per le
elezioni regionali.
La procedura è
disciplinata dall’art. 82 della L. 570/1960, mod. dall’art. 2 della L.
1147/1966.
Il presidente
del tribunale con decreto fissa l’udienza di discussione della causa in via di
urgenza e provvede alla nomina del giudice relatore.
La comunicazione
del provvedimento presidenziale di fissazione d’udienza fa decorrere il termine
perentorio di dieci giorni entro il quale deve essere notificato al
controinteressato.
919
Il preventivo
deposito del ricorso presso la segreteria e successiva notifica ai
controinteressati del ricorso stesso con il pedissequo decreto di fissazione
d'udienza è dettata dall'esigenza di incardinare al più presto il giudizio al
fine di consentire una sollecita definizione della controversia.
Nel caso di
proposizione dei motivi aggiunti, conseguenti ad una verificazione disposta dal
giudice, questi vanno prima notificati ai controinteressati e poi depositati. Cons.
giust. amm. Sicilia, 26 aprile 1996, n. 119, in Cons. Stato, 1996, 685.
Quanto alla
qualifica di controinteressato la giurisprudenza ha precisato che parti
necessarie del giudizio elettorale sono i candidati eletti e l'ente ai quali la
consultazione si riferisce ma non anche i partiti politici.
Ai fini della
ritualità dell'impugnazione, quindi, è necessaria, entro il termine di
decadenza, la notificazione del ricorso almeno ad uno dei controinteressati,
salva la successiva integrazione nei confronti degli altri.
Nella specie,
stante la notifica ad un controinteressato, si è ritenuta non necessaria quella
ad un partito. Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 1993, n. 1408, in Cons. St.,
1993, 1645.
Il termine
perentorio di 10 giorni, a partire dalla notificazione, per il deposito di
copia del ricorso introduttivo con il decreto di fissazione dell'udienza, che
l'art. 82/1 del D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 (modificato dall'art. 1 della l.
23 dicembre 1966 n. 1147) prevede, a pena d’improcedibilità, rilevabile
d'ufficio, decorre indipendentemente dall'eventuale mancanza, invalidità o
tardività della comunicazione, con cui il cancelliere deve dare notizia alla
parte istante del provvedimento di fissazione dell'udienza.
L'onere del
ricorrente - ai sensi dell'art. 82, comma 3, D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 - di
depositare nel termine perentorio di dieci giorni il ricorso originale con la
prova dell'avvenuta notifica, non implica, quando questa sia stata eseguita per
mezzo del servizio postale, l'onere di depositare, entro tale termine, anche
l'avviso di ricevimento.
La regola
generale dettata dall'art. 5, comma 3, l. 20 novembre 1982 n. 890, consente
alla parte, anche prima del ritorno dell'avviso di ricevimento, di farsi
consegnare dall'ufficiale giudiziario l'originale dell'atto per ottenere
l'iscrizione della causa a ruolo, salvo restando che la causa non potrà essere
messa in decisione se non sia allegato agli atti l'avviso di ricevimento, a
meno che il convenuto non si sia costituito. Cass. Civ., sez. I, 15 gennaio 2002, n. 382
Questa
perentorietà non implica contrasto con l'art. 24 Cost., in quanto risponde ad
esigenze di celerità di dette controversie, senza menomare l'esercizio del
diritto di difesa.
La parte contro
la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante
controricorso, da depositare in cancelleria, coi relativi atti e documenti,
entro quindici giorni dalla data della ricevuta notificazione.
1.3
La
sentenza.
Il giudice
ordinario può o respingere il ricorso o, in caso di accoglimento del ricorso
medesimo, correggere il risultato dell'elezione stessa, sostituendo ai
candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno il diritto di esserlo o
di porre nel nulla il provvedimento di decadenza, se emesso al di fuori delle
condizioni che lo legittimano. Cass. Civ., Sez. Un., 24 marzo 1993, n. 3518, in
Giust. civ. Mass., 1993, 546.
I pieni poteri
di cognizione del giudice ordinario, comprendenti anche quello di correggere il
risultato delle elezioni, non sono influenzati da eventuali provvedimenti del
Consiglio comunale né il relativo procedimento amministrativo incide sulla
procedibilità dell'azione giudiziaria. Cass. Civ., sez. I, 12 febbraio 1990 n.
1009.
Il termine
previsto per il deposito della sentenza con cui il tribunale si pronuncia
sull'azione popolare promossa dal cittadino elettore non è perentorio, al
contrario di quelli indicati dal comma 5 dell'art. 82 D.P.R. 16 maggio 1960 n.
570, per cui la sua violazione non è causa di nullità della sentenza di primo
grado. Cass. Civ., sez. I, 19 dicembre 2002, n. 18128.
1.4
L’appello.
Le sentenze pronunciate
dal tribunale possono essere impugnate con appello alla Corte d’Appello
territorialmente competente, ai sensi dell’art. 82 bis della L. 570/1960, mod.
dall’art. 2 della L. 1147/1966.
Anche in tale
caso il ricorso deve essere depositato, entro 20 giorni dalla notifica dello
stesso, nella Cancelleria della Corte.
Il presidente
fissa con decreto l’udienza di discussione e nomina il relatore.
Entro 10 giorni
dalla comunicazione l’appellante deve notificare ricorso o decreto di
fissazione di udienza alle parti interessate.
L'ampio richiamo
operato dall'art. 82/2, comma 3, D.P.R. 16 maggio 1960 n. 570,
alle norme di
procedura ed ai termini stabiliti, per il giudizio di primo grado, dal
precedente art. 82, comporta che, dopo la notificazione del ricorso - unitamente
al decreto di fissazione dell'udienza - alle parti interessate, la copia del
ricorso e del decreto deve essere depositata in cancelleria nel termine di
dieci giorni dalla data di notificazione.
Tale termine, ai
sensi del comma 5 dell'art. 82 cit., ed in conformità alla ratio del
contenzioso elettorale, caratterizzato da peculiari esigenze di celerità, ha
natura perentoria e la sua inosservanza determina l'improcedibilità
dell'appello, senza che ciò si ponga in contrasto con l'art. 24 cost., per menomazione
del diritto di difesa, atteso che il termine in esame, giustificato dalle
anzidette esigenze del processo elettorale, appare congruo in relazione alla
semplicità degli adempimenti da compiere. Cass. Civ., sez. I, 4 maggio 2002, n. 6425.
1.5
Il
ricorso in Cassazione.
Le sentenze
pronunciate in secondo grado possono essere impugnate con ricorso in Cassazione
entro 20 giorni dalla loro notificazione.
Il Presidente
della Corte di Cassazione fissa con decreto l’udienza in calce al ricorso.
Valgono le norme
per il giudizio di Cassazione con termini ridotti della metà, ai sensi
dell’art. 82 ter della L. 570/1960, mod. dall’art. 2 della L. 1147/1966.
In sede di
giudizio di cassazione avverso le sentenze pronunciate in secondo grado dalla
corte d'appello non può disporsi il rinvio dell'udienza di discussione, atteso
che dette controversie sono da ritenersi urgenti per espressa valutazione e
definizione data dal legislatore. Cass. Civ., sez. I, 19 ottobre 2002, n.
14856.
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