2. L’ordinamento
regionale.
Gli enti
pubblici territoriali hanno come elemento costitutivo parte del territorio
dello Stato ed ad essi appartengono tutti i soggetti residenti nel medesimo
territorio, essi sono: le regioni, le province ed i comuni.
La costituzione
è fondamento e limite dei compiti delle autonomie locali.
Essa, infatti,
le riconosce e promuove, all’art. 5, e ne fissa le competenze e ne prevede il
controllo, ai sensi degli artt. 114 e segg.
Le regioni hanno
autonomia legislativa nei limiti dei principi fondamentali fissati dalle leggi
dello Stato, nelle materie tassativamente enunciare dall'art. 117 della
costituzione.
L’autonomia si
manifesta, in particolare nella facoltà di approvare i propri statuti il cui
contenuto è previsto dall’art. 123 della costituzione.
Le leggi
regionali non devono comunque contrastare con gli interessi dello Stato, con
quelli di altre regioni e con gi obblighi internazionali dello Stato.
I conflitti di
attribuzione sembrano doversi ridurre con l’entrata in vigore della L. 59/1997
che contiene un principio rivoluzionario, all’insegna del più completo
decentramento. Essa, infatti, afferma all’art. 3 che devono essere
tassativamente elencate le competenze dello Stato, intendendosi le residue
trasferite alle regioni.
Il D.L.vo 31
marzo 1998, n. 112, emanato seguito della delega conferita, completa il pieno
decentramento amministrativo.
Lo statuto è
deliberato dal consiglio regionale ed è approvato con legge dello stato.
La dottrina ha
rilevato come sia discutibile classificare gli statuti come atti normativi
regionali, mentre l’approvazione delle camere ha natura di requisito di
efficacia.
La dottrina
propende a considerare gli statuti come allegati alle leggi statali di
approvazione.
Nelle materie in
cui hanno funzioni legislative le regioni esercitano anche le relative attività
amministrative.
Le regioni,
inoltre hanno autonomia finanziaria che si esplica nella possibilità di
applicare e riscuotere tributi nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi
dello Stato.
L’art. 17, comma
31, della L. 127/1997, prevede una drastica riduzione degli atti amministrativi
delle regioni da assoggettare al controllo di legittimità.
Esso dispone
l’abrogazione, infatti, degli artt. 1, 2 e 3 comma 5 del D.L. 13 febbraio 1994,
n. 40, come modificato dal D.L. 10 novembre 1993, n. 479.
Tale
disposizione di legge trae origine direttamente dal principio fissato dall’art.
125 della Costituzione che afferma, in linea generale, che il controllo sugli
atti della regione deve essere limitato alla verifica della legittimità, con
esclusione di ogni sindacato di merito.
Il legislatore
elimina sostanzialmente il controllo di legittimità sulla generalità degli atti
amministrativi della regione che si esercita esclusivamente sui regolamenti,
esclusi quelli inerenti alla autonomia organizzativa, funzionale e contabile
dei consigli regionali, e, inoltre, sugli atti costituenti adempimento degli
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
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