Economia. MEF Rendite catastali
Prime crepe nel piano di rivalutazione
degli immobili. Motivo? La riclassificazione deve essere giustificata con dati
specifici relativi all'immobile e non con la semplice sproporzione tra valore
catastale e valore di mercato
Si aprono le prime crepe nel
piano delle rivalutazioni catastali varato dal Comune di Roma a fine 2013.
L'operazione ha coinvolto migliaia di proprietari di alloggi inizialmente
classificati popolari e, spesso, improvvisamente trasformati in case di pregio
con aumenti arrivati fino al 200 per cento.
L'incremento non ha riguardato
soltanto le micro-zone del centro storico, ma anche quartieri semicentrali di
Roma, come Nomentano, Prati, Trieste Salario, Appio. Non tutti i proprietari
hanno però accettato supinamente la revisione del classificazione dell'immobile
e dunque l'aumento dell'imponibile che ne deriva. Anzi. In parecchi hanno
deciso di contestare la decisione rivolgendosi alle commissioni tributarie, che
in diversi casi stanno dando ragione ai proprietari.
Motivo? Per attribuire d'ufficio
una nuova classe a un'unità immobiliare servono motivazioni specifiche,
esplicitate nel dettaglio e riconducibili al miglioramento della qualità urbana
e ambientale della zona in cui è situato l'immobile. Non basta, invece, fare un
generico riferimento alla sproporzione del rapporto tra valore catastale e
valore di mercato rilevato in quella specifica microzona, rispetto allo stesso
rapporto rilevato nelle altre microzone comunali. Come invece è avvenuto a
Roma.
È questa la motivazione alla base
di una serie di sentenze gemelle con cui la commissione tributaria provinciale
di Roma ha accolto i ricorsi dei proprietari contro la riclassificazione delle
case. «Sono le prime decisioni in questo senso -spiega l'avvocato Manuela
Veronelli, che sta seguendo molti di questi casi - segno che l'orientamento sta
cambiando, sulla scia di una recente pronuncia della Cassazione».
Le sentenze, appena depositate,
fanno riferimento a una decisione (n. 3156/2015) con cui la Corte ha chiarito
che «l'atto con cui l'Agenzia del territorio attribuisce d'ufficio un nuovo
classamento ad un'unità immobiliare a destinazione ordinaria deve chiaramente
specificare a cosa sia dovuto il mutamento».
Da questo principio, per la
commissione tributaria, discende il fatto che non basta motivare il
provvedimento di revisione con la sproprorzione del rapporto tra valore
catastale e valore di mercato,se dai provvedimenti «non siano evincibili gli
elementi (come la qualità urbana del contesto in cui l'immobile è inserito, la
qualità ambientale della zona di mercato in cui l'unità è situata, le
caratteristiche edilizie del fabbricato), che in concreto hanno inciso sul
classamento».
Al contrario, rileva la
commissione tributaria, l'Agenzia del Demanio, non ha dato specificamente conto
«delle caratteristiche intrinseche e specifiche» che hanno condotto alla
rivalutazione delle unità immobiliari al centro della querelle.
Conseguenza? Ricorsi accolti e
addio rivalutazione catastale. ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/lavori-pubblici/2016-04-13
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