1. I rapporti di vicinato.
La proprietà immobiliare si pone naturalmente a contatto con
altre proprietà facendo sorgere il problema della regolamentazione dei rapporti
fra i diversi immobili.
Si riscontrano tre filoni legislativi principali che tentano
di regolamentare non solo il sistema di relazioni che si instaura fra immobili
confinanti, ma anche il modo di svolgersi di talune attività poste in essere magari a distanza
considerevoli, qualora queste possano generare su proprietà - o su chi vi abita
– effetti dannosi.
Il primo filone trova la sua fonte nel codice civile nella
legge urbanistica e nelle leggi speciali che disciplinano i rapporti di
vicinato con riferimento alla disciplina delle distanze da tenere fra le
costruzioni.
Il secondo detta norme onde contenere le conseguenze delle
immissioni nocive e riveste grande attualità nell’ambito della difesa
dall’inquinamento atmosferico, elettromagnetico e acustico.
Il terzo, infine, più specificamente disciplina la
localizzazione delle industrie pericolose.
La normativa, che trova la sua fonte principale nel codice
civile, regola i rapporti di vicinato, disciplinando la distanza da tenere dai
confini dei fondi e fra le costruzioni e stabilendo in quale maniera è
possibile realizzare le opere tenendo conto delle diverse esigenze delle due
proprietà.
Le disposizioni sono quelle degli artt. 873- 921 che vengono
comunemente denominate limitazioni legali alla proprietà attinenti ai rapporti
di vicinato.
La collocazione ha suscitato in dottrina alcune critiche per
la mancata sistematicità.
Si critica la
mancata inserzione di altre norme, come quelle in tema di limiti spaziali del
diritto di proprietà, art. 840 c.c., di accesso al fondo del vicino, art. 843
c.c., di immissioni, art. 844 c.c., di incertezza dei confini, art. 950 c.c.,
di apposizione di termini, art. 951 c.c., che pure presuppongono una situazione
di conflitto relativo a fondi
(Triola 1993,
686).
Le richieste di una società in via di evoluzione hanno
comportato la necessità di normare le attività del proprietario del fondo in
rapporto alle esigenze più complesse create dagli standard imposti per
regolamentare gli insediamenti urbani dalla programmazione urbanistica.
Lo stesso codice civile del 1942 registra la necessità di
considerare come minimale la disciplina in materia di distanze da esso portata
e rinvia a quella predisposta dai regolamenti edilizi che hanno la possibilità
di imporre delle regole che integrano quelle disposte dal codice.
La l. 1150/1942 consente al regolamento edilizio di fissare
una diversa normativa delle distanze in rapporto alle differenti esigenze
pianificatorie derogando alla normativa civilistica.
La legislazione urbanistica successiva, con l’approvazione
della l. 765/1967, ha disposto l’introduzione di standard che regolamentino
le distanze fra le costruzioni in
rapporto alle diverse esigenze delle zone in cui è diviso il territorio comunale.
La carenza della pianificazione generale richiede
l’introduzione di standard più severi.
La normativa speciale ha avuto il compito di regolamentare
le modalità di realizzazione di opere che possono comportare per la loro
localizzazione pericoli alla salute o alla sicurezza di coloro che svolgono la
loro attività o si possono trovare nelle immediate vicinanze.
Sicuramente sono ispirate a ragioni di igiene, ma anche di
rispetto e di decoro le norme dettate dal d.p.r. 10 settembre 1990, n. 285, che
prevedono la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri ad una certa distanza dai
centri abitati.
Le costruzioni finalizzate alla produzione di beni o servizi
da destinare al consumo umano devono essere realizzate evitando che nelle
proprietà confinanti si effettuino opere o attività che possano essere in
contrasto con la corretta produzione di detti beni; si pensi, ad esempio, ai
vincoli imposti ai proprietari di immobili confinanti ad aree prospicienti alle
zone di captazione di acque per il consumo umano dal d.p.r. 24 maggio 1988, n. 236.
La realizzazione di infrastrutture ed opere pubbliche
richiede un diverso e più articolato rispetto della disciplina delle distanze
di cui si fa carico la legislazione speciale, che impone sempre maggiori
restrizioni in relazione alla complessità delle opere da eseguire.
Esse sono ispirate, oltre che dalla necessità di
regolamentare i rapporti fra le costruzioni, anche dall’esigenza di risolvere i
problemi specifici connessi alle varie opere e, in particolare, quello della
sicurezza.
Il d.p.r. 11 luglio 1980, n. 753, ha ribadito, da ultimo, i
vincoli da rispettare lungo le linee ferroviarie.
Il codice della strada, approvato con d.lg. 30 aprile 1992, n. 285, impone, ad esempio,
delle fasce di rispetto dalle strade a tutela della sicurezza della
circolazione che su di esse si svolge, in rapporto alla stessa classificazione
delle strade e, conseguentemente, al volume di traffico.
Ancora il codice della navigazione, approvato con r.d. 30
marzo 1942, n. 327 e mod. con l. 4 febbraio 1963, n. 58, afferma il divieto di
realizzare nuove costruzioni su terreni che si trovino a meno di trecento metri
da impianti aeronautici.
La normativa ha anche la funzione di consentire di realizzare
le opere di interesse pubblico salvaguardando, attraverso la localizzazione e
la successiva espropriazione delle aree, la stessa esecuzione delle opere, come
disposto dalla l. 24 luglio 1961, n. 729,
che ha previsto la costruzione di autostrade.
In altri casi la normazione ha per scopo la salvaguardia del
patrimonio artistico od ambientale per preservarlo da interventi che ne possano
alterare l’originaria struttura.
Per il patrimonio ambientale la l. 8 agosto 1985, n. 431,
detta legge Galasso dal nome del ministro proponente, sottopone ad una maggiore
tutela i beni aventi rilevante interesse ambientale definendo una serie di beni
che si ritengono oggettivamente, per la loro stessa esistenza, meritevoli di
tutela e fissando dei limiti spaziali entro i quali è vietato ogni intervento
prima di una regolamentazione portata dai piani territoriali paesistici; tale
impostazione è riconfermata dal d.lg. 29
ottobre 1999, n. 490.
Bisogna ricordare anche quei provvedimenti che consentono il
rispetto dei beni del demanio, come i provvedimenti a tutela delle acque
pubbliche, di cui al r.d. 25 luglio 1904, n. 523 o del demanio marittimo, ex
r.d. 30 marzo 1942, n. 327.
Per gli interventi relativi alla salvaguardia del patrimonio
artistico non sono fissate delle norme tassative, ma viene attribuito
all’autorità amministrativa il compito di fissare caso per caso le distanze e
le misure cautelari necessarie per consentire che le cose immobili, soggette a
particolare protezione, siano tutelate nella loro integrità, come nel caso
delle misure che il Ministero per i beni e le attività culturali può
prescrivere a tutela degli immobili e delle opere facenti parte del patrimonio
artistico, ex d.lg. 29 ottobre 1999, n. 490.
Un ulteriore filone delle normativa speciale in materia di
distanze regola il distacco da tenere fra determinate attività per ragioni
commerciali - o forse per mantenere vetusti privilegi – come, ad esempio, la l.
8 novembre 1991, n. 362, che, per razionalizzare il servizio farmaceutico,
individua due criteri - uno relativo alla popolazione, l’altro relativo alla
distanza fra le sedi - per fissare le distanze minime tra le farmacie.
La dottrina sottolinea come sia limitativo il fatto di
ridurre i rapporti fra le proprietà alla mera demarcazione dei loro confini.
Ogni
proprietà ha dei confini spaziali al di là dei quali iniziano situazioni di
appartenenza altrui, e che, quindi, le sfere proprietarie devono essere
coordinate le une con le altre. Sarebbe erroneo pensare che il problema dei
coordinamento possa essere risolto mediante la separazione espressa nell'idea
di confine. Il confine, infatti, è un concetto geometrico geografico che per
sua natura definisce solo la dimensione spaziale della proprietà, e, quindi non
può essere assunto come regola nei rapporti tra le due proprietà finitime o
semplicemente vicine
(Gambaro
1995, 465).
Il passaggio determinante è,
comunque, quello relativo alla
considerazione di una proprietà che presenta delle particolari problematiche in
rapporto ai diritti del confinante con riguardo al tipo di attività che nella
proprietà viene esercitata.
Le norme del codice civile volte a
tutelare il vicino dalle immissioni prodotte dal fondo confinante finiscono per esser limitate in
considerazione delle problematiche ben più generali sollevate dalla necessità
di salvaguardare il diritto alla salute di tutti, visto che gli effetti di una
attività dannosa o che può manifestarsi dannosa in tempi successivi possono
verificarsi anche ad una distanza considerevole rispetto al luogo in cui queste
vengono compiute.
La difesa dall’inquinamento atmosferico
è stata disposta con la l. antismog 615/1966, successivamente sostituita dal
d.p.r. 24 maggio 1988, n. 203, che reca norme in materia della qualità
dell’aria in rapporto all’inquinamento.
Con d.m. 12 luglio 1990 sono state introdotte le linee guida
per il contenimento delle immissioni inquinanti degli impianti industriali ed i
valori minimi e massimi di emissione.
Per tutelare la sicurezza
e la salute dei cittadini la legislazione speciale è ora particolarmente
sensibilizzata ad eliminare ogni tipo di inquinamento che derivi dalla gestione
di determinate opere.
Ad esempio, il d.p.c.m. 23 aprile 1992, ora modificato dalla
l. 21 febbraio 2001, n. 36, tenta di porre rimedio all’inquinamento
elettromagnetico fissando le distanze di rispetto degli elettrodotti dagli
ambienti destinati all’abitazione e alle attività industriali o commerciali a
tutela della salute.
La necessità di porre rimedio ai fenomeni di inquinamento
elettromagnetico ha dato luogo ad una sistema di controlli che appare
significativo nella tutela delle attività che possono rappresentare un serio
pericolo per i soggetti che si trovano a vivere o ad operare nella vicinanza
delle centrali di produzione.
Lo Stato deve definire gli standard generali
e gli obiettivi di qualità che devono essere adottati dalle industrie; gli
organi locali
devono determinare le modalità per il rilascio delle
autorizzazioni alla installazione degli impianti e i piani per operare, ove
necessario, un risanamento delle situazioni ora considerate a rischio, affinché
esse si adeguino ai nuovi parametri successivamente adottati.
L’inquinamento acustico è disciplinato
da regolamenti ministeriali, come, ad esempio, il d.p.c.m. 1 marzo 1991 che
fissano in determinate situazioni soglie di tollerabilità creando dei parametri
oggettivi.
La giurisprudenza ha, peraltro,
affermato che, nel caso concreto, tali parametri non limitano l’accertamento
del giudice tendente a valutare il superamento della normale tollerabilità e
quindi a inibire o risarcire fatti che possono, comunque, risultare dannosi per
il vicino.
La dottrina osserva che l’esigenza di
salvaguardare il diritto alla salute comporta una maggiore attenzione agli
insediamenti di particolare impatto ambientale.
Basta pensare agli effetti di un
disastro di vaste proporzioni, come quello relativo ad un guasto ad una
centrale nucleare, come Cernobil, o ad un impianto pericoloso, come l’impianto
di pesticidi di Bophal, per rendersi conto di come il problema deve essere
affrontato in termini sempre più ampi con l’obbligo di un adeguamento delle
legislazioni a principi elementari di sicurezza, che devono essere
universalmente rispettati.
Le difficoltà sono evidenti se pensiamo
che nel nostro paese il problema degli insediamenti pericolosi prima risolto
attraverso una legislazione che dettava norme a seconda del tipo di impianto,
come, ad esempio, il d.p.r. 12 gennaio 1971, n. 208.
Tale provvedimento fissa dei limiti di
sicurezza per gli impianti di carburanti liquidi ponendo una fascia di rispetto
più ampia qualora tali impianti e depositi raggiungano dimensioni notevoli e la
loro pericolosità, quindi, aumenti in maniera proporzionale alla dimensione
dell’intero deposito.
La localizzazione degli impianti
pericolosi ha trovato una soluzione giudicata soddisfacente solo con il d.lg.
17.8.1999, n. 334 (Dell’Anno 2000, 211).
Il problema delle misure di tutela da adottare si articola
in maniera sempre più variegata in riferimento ad attività che la cultura
tecnologica imperante inventa quotidianamente imponendo al legislatore uno
sforzo di adeguamento della normativa che tenga conto delle necessità di
contemperare le esigenze dei cittadini con le attività prodotte sul territorio.
Certe esperienze, come il caso del petrolchimico di
Marghera, insegnano come non sempre l’industria priva di controlli produca
ricchezza e benessere per le popolazioni e che i danni provocati alle persone
fisiche e all’ambiente hanno un costo sociale altissimo.
Esso deve essere tenuto presente prima di procedere a consentire
lo svolgersi di talune attività, soprattutto qualora il rischio delle
conseguenze dannose sia paventato, non essendo certa la sicurezza degli
impianti.
L’insediamento delle attività pericolose ha imposto una
legislazione che modifica sempre più il rapporto di vicinato trasformandolo da
rapporto da regolarsi fra privati ad una complessa attività di controllo e di
indirizzo che deve essere svolta dalla pubblica amministrazione e che si
articola in fasi di preventiva pianificazione, di autorizzazione e di controllo
successivo sulle attività che possono intaccare non solo i diritti del
proprietario, ma quelli della intera comunità.
La
disciplina sulle immissioni e sugli atti emulativi completa il quadro della
norme dei rapporti di vicinato improntata sull’equilibrio fra le diverse
posizioni.
Le
immissioni sono attività o stati di fatto esterni al fondo lesive per il
confinante.
L’art.
844 c.c. dispone un principio di reciproca tolleranza per i fatti negativi che
possono turbare il normale godimento del fondo.
Esso
dispone che le immissioni debbono essere sopportate dal confinante se rientrano
nella norma e dà all’autorità giudiziaria il compito di fissare i criteri per
definire l'attività come lecita.
Gli atti emulativi sono quei
comportamenti con i quali il proprietario abusa del potere attribuitogli
dall’ordinamento, danneggiando altri senza ottenere per sé medesimo alcun
vantaggio.
Essi
sono vietati dalla legge che garantisce le posizioni del confinanti contro ogni
atto che sia posto in essere coll’intento di creare un danno senza alcuna
utilità per chi lo compie.
Nessun commento:
Posta un commento