Rovinata per aver
provato a fermare i disastri di Gianni Zonin e salvare gli azionisti
della Banca Popolare di Vicenza dal crac. È la storia di ordinaria
giustizia italiana di cui è stata protagonista Cecilia Carreri, giudice e
autrice del libro-denuncia Non c'è spazio per quel Giudice (edizioni
Mare Verticale, 2017), di cui parla anche il Fatto quotidiano.
La Carreri a inizio anni Duemila indagò sull'istituto prima di finire vittima di procedimenti disciplinari per congedo di malattia richiesto per un mal di schiena, con l'accusa di "aver messo sotto sforzo la schiena, affetta da discopatie con attività sportive ritenute estreme". Da allora è fuori dalla magistratura, ma 17 anni fa da Giudice per le indagini preliminari rigettò la richiesta di archiviazione di un'inchiesta della Procura di Vicenza sull'allora presidente Zonin e sulla gestione della banca. Pesantissime le accuse: falso in bilancio, false comunicazioni sociali, appropriazione indebita, truffa e altri reati: "Si capiva perfettamente, leggendo gli atti - scrive Carreri - che il Procuratore non aveva voluto andare avanti, approfondire". Secondo la Carreri l'allora suo capo le fece pressioni per archiviare la pratica, fermandola addirittura in strada. Lo stesso capo andò poi a lavorare per una società controllata al 100% dalla banca di Zonin.
La Carreri a inizio anni Duemila indagò sull'istituto prima di finire vittima di procedimenti disciplinari per congedo di malattia richiesto per un mal di schiena, con l'accusa di "aver messo sotto sforzo la schiena, affetta da discopatie con attività sportive ritenute estreme". Da allora è fuori dalla magistratura, ma 17 anni fa da Giudice per le indagini preliminari rigettò la richiesta di archiviazione di un'inchiesta della Procura di Vicenza sull'allora presidente Zonin e sulla gestione della banca. Pesantissime le accuse: falso in bilancio, false comunicazioni sociali, appropriazione indebita, truffa e altri reati: "Si capiva perfettamente, leggendo gli atti - scrive Carreri - che il Procuratore non aveva voluto andare avanti, approfondire". Secondo la Carreri l'allora suo capo le fece pressioni per archiviare la pratica, fermandola addirittura in strada. Lo stesso capo andò poi a lavorare per una società controllata al 100% dalla banca di Zonin.
Conflitto d'interessi?
Probabile, come quello di Zonin che secondo la Carreri (e le accuse del tempo
di Bankitalia) era sospettato di "usare la Banca come
cassaforte personale. Balzava evidente l'assoluta mancanza di controlli
istituzionali su quella gestione: un collegio sindacale completamente
asservito, un Cda che non faceva che recepire le decisioni di
quell'imprenditore, padrone incontrastato della banca. Nessuno si opponeva
a Zonin, nessuno osava avanzare critiche, contestazioni". La Carreri
dispose con un'ordinanza l'imputazione coatta di Zonin e gli altri vertici della
banca, ma l'indagine finì a un altro gip e venne archiviata. Lì inizia il
calvario professionale e umano della Carreri, tra procedimenti davanti al
Csm, ricorsi e richieste di risarcimento. A "fregarla" una regata
transoceanica da Le Havre a Salvador Bahia, affrontata in ferie. Il
sospetto della giudice è che quello fu solo il pretesto per il suo
allontanamento dalla toga. liberoquotidiano.it/29.6.2017.
L’Ottimista. I
funzionari che vogliono rispettare la legge li cacciano e poi si lamentano che
il paese va male?
Poi ci dicono che dobbiamo avere paura dei rapinatori?
Poi ci dicono che dobbiamo avere paura dei rapinatori?
Nessun commento:
Posta un commento