Il governatore del Veneto, Luca Zaia, la sua battaglia
l'ha vinta con quattro ore di anticipo: la rilevazione dell'affluenza alle 19
confermava già il superamento del quorum del 50% necessario per considerare
valido il referendum sull'autonomia (alla fine il dato si attesterà sul 57,3%).
Il suo omologo lombardo, Roberto Maroni, ha festeggiato un po' al traino,
stimando attorno al 40% la partecipazione dei propri elettori ( in Lombardia
non era comunque previsto il quorum e lo stesso leader leghista aveva detto di
considerare soddisfacente una quota superiore al 34%), pur non potendo mostrare
fino a notte fonda alcun dato ufficiale: la raccolta dei dati attraverso
le voting machine, alla prima prova, non ha dato i risultati sperati
e gli
stessi scrutatori hanno lamentato le inefficienze del sistema. Alle 3 del
mattino di lunedì un tweet della Regione Lombardia spiegava che: «Si sono
registrate alcune criticità tecniche nella fase di riversamento dei dati», e
che quindi: «I risultati completi saranno resi noti ad operazioni concluse,
lunedì 23 ottobre».
Il governo pronto a trattare
In entrambi i casi, il risultato è stato come da previsione,
con i sì attestati ovunque tra il 95 e il 98%. Il segnale politico, da
qualunque parte la si guardi, c'è stato: l'affluenza è stata superiore rispetto
a quanto i detrattori della consultazione si immaginavano fino alla vigilia. E
lo stesso governo ne ha preso atto: il sottosegretario per gli Affari
regionali, Gianclaudio Bressa, a meno di un'ora dalla chiusura dei seggi
ha fatto sapere che l'esecutivo è pronto ad una trattativa. Il
modello sarà probabilmente quello sperimentato nel rapporto con l'Emilia
Romagna, che ha già avviato un confronto con Roma senza passare dalla tappa
referendaria. Corriere.it 23.10.2017
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