venerdì 31 marzo 2017

Lavoro. Mercato lavoro

Lavoro. Mercato lavoro

In un futuro per niente remoto il mercato del lavoro in Europa avrà bisogno quasi esclusivamente di competenze molto specifiche e di alto profilo. E i lavori che richiedono scarsa expertise avranno i giorni contati. La previsione arriva dall’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017, realizzata dalla start up milanese specializzata in ricerche di mercato in collaborazione con Asseprim – Federazione nazionale dei servizi professionali.  Per giungere a tale conclusione ci si è basati sull’analisi dei big data e il monitoraggio delle conversazioni sui social.
Ciò che emerso è il declino inesorabile e abbastanza rapido delle professioni che richiedono una scarsa specializzazione, non comportano mansioni particolarmente complesse e garantiscono stipendi medio-bassi. Secondo l’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017, infatti, questo tipo di lavori saranno sempre più svolti a distanza da individui residenti in altre parti del mondo, mentre già adesso a causa della globalizzazione prodotti e distretti industriali stanno migrando in paesi nei quali la manodopera è meno costosa. La rivoluzione che si sta preparando nel mercato del lavoro diventerà tangibile da qui ai prossimi cinque anni.
Certo, l’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017 sottolinea che i lavori di basso profilo non spariranno di botto, bensì gradualmente, tuttavia per le nuove generazioni diventa sempre più importante indirizzare i propri percorsi di studio verso le discipline cosiddette STEM, cioè Science, Technology, Engineering e Match. Questi ambiti oggi sono considerati quelli più promettenti e investire nella formazione in tali settori può essere cruciale anche per coloro che hanno già terminato gli studi, ma faticano a trovare un’occupazione soddisfacente e hanno intenzione di acquisire un’ulteriore qualificazione per arricchire il proprio curriculum.
L’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017 indica come strada per l’Italia per uscire dalla crisi occupazionale quella di puntare sulle professioni legate all’ambito ICT, comunicazione e servizi sanitari, agricoltura, economia verde e turismo. Ma non solo. L’indagine evidenzia quanto sia fondamentale investire sia nella formazione e nell’istruzione dei giovani, sia in quella continua. Questo perché il nostro Paese è rimasto indietro per quanto riguarda alcuni ambiti e spesso si riscontra un digital mismatch, ossia una mancata corrispondenza tra le competenze digitali che il mercato del lavoro ricerca e quelle di cui i coloro che sono in cerca di occupazione dispongono.
Le competenze digitali sono sempre più indispensabili in molteplici settori e l’Unione Europea ha stimato che vi sarà un aumento medio costante di 112mila nuovi posti di lavoro all’anno in ambito ICT da qui a l 2020. E, se il nostro Paese riuscisse a colmare il gap di competenze tra domanda e offerta entro la stessa data il numero di occupati potrebbe salire di 750mila unità. Per superare gli ostacoli, la via indicata dall’Indagine InTribe sulle Professioni del futuro 2017 è quella della formazione professionale continua online, che consente di raggiungere un numero amplissimo di persone in varie parti del mondo. universita.it.27.3.2017.



Travo. Pietra Parcellara Pietra Perduca

Pietra Parcellara Pietra Perduca

La pietra Parcellara è un monte sito in val Trebbia in provincia di Piacenza. Appartiene, per la parte nord, al comune di Travo e per quella sud a quello di Bobbio.
Ofiolite di serpentino nero, pur se non particolarmente alto (836 m) domina le colline circostanti da cui sporge bruscamente staccandosi per morfologia, colore e imponenza. Permette, dalla sua cima, una visione panoramica di tutta la val Trebbia, la valle di Bobbiano, la val Luretta, il monte Penice e le zone limitrofe. Vi si accede con due strade: una che sale da Travo passando per la frazione di Vei, l'altra che proviene dal passo della Caldarola; si arriva alla cima con un sentiero abbastanza agevole in una decina di minuti. Ai piedi della pietra, nel comune di Bobbio, vi è l'Oratorio della Madonna di Caravaggio, alle dipendenze della chiesa parrocchiale di Mezzano.Wikipedia
“Uno scenario affascinante, da millenni considerato un luogo magico, ricettacolo di energie e di fenomeni insoliti”,
 Salendo dal paesino di Travo e percorrendo una lunga strada curvilinea, all’improvviso appaiono le due vette, come scogli emersi dal mare. E così è, vista la loro origine: sono complessi ofiolitici, composti da rocce eruttive, affiorati dal magma del mantello terrestre circa 250 milioni di anni fa.
Scuri  di giorno,  al tramonto assumono un colore rosso molto suggestivo.
La Pietra Parcellara è stata teatro negli ultimi anni di strani avvistamenti. Non solo oggetti, ma persino- mi raccontano- creature volanti…
Pietra Perduca
Ma l’atmosfera si fa ancora più intrigante sulla Pietra Perduca, un torrione apparentemente inespugnabile. Basta però lasciare la strada asfaltata ed avventurarsi per qualche minuto a piedi lungo un viottolo per arrivare senza troppa fatica alle sue pendici. Da qui, una scalinata conduce fino alla chiesetta eretta nel X secolo ed ai cosiddetti “letti dei santi”, due grandi vasche squadrate scavate in epoche antiche, forse durante l’Età del Bronzo.
I due bacini colmi d’acqua ospitano una colonia di tritoni crestati, anfibi molto delicati e sensibili all’ecosistema: per sopravvivere, hanno bisogno di acqua pura e limpida, con acidità pari a zero. Eppure sembrano a loro agio in queste vasche stagnanti. Ma non è l’unica stranezza: la gente del posto assicura che lì dentro l’acqua non evapora mai, neanche durante le estati più torride, e non ghiaccia mai, neppure negli inverni più rigidi. Come se fosse alimentata da una sorgente nascosta a temperatura costante.
Gli storici ipotizzano che nei secoli passati in quei luoghi si svolgessero dei rituali celtici, dedicati al dio Penn: intagliate nella roccia, ci sono anche delle piccole nicchie a forma circolare, usate per collocare coppette di olio combustibile durante le cerimonie notturne. Probabilmente, in quell’acqua – oggi habitat dei tritoni- i sacerdoti druidi immergevano le donne per aumentarne la fecondità e l’eco di quel potere magico  è durata a lungo.
Non può essere un caso, infatti,  se l’oratorio eretto sulla Pietra Perduca verso l’anno 1000 è dedicato proprio a Sant’Anna, la moglie di Gioacchino che miracolosamente  concepì in età avanzata la Vergine Maria. All’interno dell’edificio sacro- purtroppo chiuso al pubblico- è poi conservata una reliquia sui generis: un masso sul quale- si dice- compare l’impronta del piede della Madonna stessa. Sopra il portone d’ingresso, un’iscrizione usurata dal tempo mostra lettere latine miste a caratteri incomprensibili.
Miti celtici intrecciati al credo cristiano, dunque: dalla magia, alla fede. Ma sempre nella convinzione che quassù avvenga qualcosa di soprannaturale o quanto meno di imponderabile  grazie all’energia sprigionata da queste rocce. Alberto Negri, fondatore ed animatore di “Spazio Tesla”, ha provato a misurarne la vibrazione, attraverso un metodo- va detto- non propriamente scientifico: quello indicato dalla Radioestesia che calcola l’energia spontaneamente emessa dalla Terra in Unità Bovis ( dal nome del suo inventore).
 “Abbiamo usato il Pendolo abbinato al Biometro di Ångström e due bacchette di rame curvate a 90° per la ricerca dei flussi energetici. A svolgere la misurazione è stato Giancarlo Chiesa, esperto di Radionica”, mi spiega Alberto. “I valori  sono stati davvero sorprendenti: ai piedi del sagrato, puntando verso la pietra, abbiamo riscontrato 80 mila Unità Bovis, mentre nelle due vasche si oscillava tra i 30 e i 40 mila. La fontanella d’acqua potabile di fronte alla chiesetta ne ha fatti registrare 15 mila.”
I locali a quanto pare già lo sapevano: abitualmente salgono su questo picco per bere l’acqua direttamente dalla fontanella o per riempirne intere bottiglie da riportare a casa. Lo consigliano anche ai turisti: dicono che faccia bene. Di sicuro, è fresca e gradevole.
Alla festa di Sant’Anna eccezionalmente la chiesetta è aperta per la celebrazione della Messa. extremamente.it/2013/07/24/

Economia. MEF Rendite catastali

Economia. MEF Rendite catastali

Prime crepe nel piano di rivalutazione degli immobili. Motivo? La riclassificazione deve essere giustificata con dati specifici relativi all'immobile e non con la semplice sproporzione tra valore catastale e valore di mercato
Si aprono le prime crepe nel piano delle rivalutazioni catastali varato dal Comune di Roma a fine 2013. L'operazione ha coinvolto migliaia di proprietari di alloggi inizialmente classificati popolari e, spesso, improvvisamente trasformati in case di pregio con aumenti arrivati fino al 200 per cento.
L'incremento non ha riguardato soltanto le micro-zone del centro storico, ma anche quartieri semicentrali di Roma, come Nomentano, Prati, Trieste Salario, Appio. Non tutti i proprietari hanno però accettato supinamente la revisione del classificazione dell'immobile e dunque l'aumento dell'imponibile che ne deriva. Anzi. In parecchi hanno deciso di contestare la decisione rivolgendosi alle commissioni tributarie, che in diversi casi stanno dando ragione ai proprietari.
Motivo? Per attribuire d'ufficio una nuova classe a un'unità immobiliare servono motivazioni specifiche, esplicitate nel dettaglio e riconducibili al miglioramento della qualità urbana e ambientale della zona in cui è situato l'immobile. Non basta, invece, fare un generico riferimento alla sproporzione del rapporto tra valore catastale e valore di mercato rilevato in quella specifica microzona, rispetto allo stesso rapporto rilevato nelle altre microzone comunali. Come invece è avvenuto a Roma.
È questa la motivazione alla base di una serie di sentenze gemelle con cui la commissione tributaria provinciale di Roma ha accolto i ricorsi dei proprietari contro la riclassificazione delle case. «Sono le prime decisioni in questo senso -spiega l'avvocato Manuela Veronelli, che sta seguendo molti di questi casi - segno che l'orientamento sta cambiando, sulla scia di una recente pronuncia della Cassazione».
Le sentenze, appena depositate, fanno riferimento a una decisione (n. 3156/2015) con cui la Corte ha chiarito che «l'atto con cui l'Agenzia del territorio attribuisce d'ufficio un nuovo classamento ad un'unità immobiliare a destinazione ordinaria deve chiaramente specificare a cosa sia dovuto il mutamento».
Da questo principio, per la commissione tributaria, discende il fatto che non basta motivare il provvedimento di revisione con la sproprorzione del rapporto tra valore catastale e valore di mercato,se dai provvedimenti «non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto in cui l'immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l'unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato), che in concreto hanno inciso sul classamento».
Al contrario, rileva la commissione tributaria, l'Agenzia del Demanio, non ha dato specificamente conto «delle caratteristiche intrinseche e specifiche» che hanno condotto alla rivalutazione delle unità immobiliari al centro della querelle.

Conseguenza? Ricorsi accolti e addio rivalutazione catastale. ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/lavori-pubblici/2016-04-13

Partito politico. Energia per l’Italia

Partito politico. Energia per l’Italia

Siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di ricerca, pienamente convinti che non sia più il tempo in cui gli scienziati possono chiudersi nelle loro torri d’avorio per dilettarsi con le loro ricerche, senza curarsi dei problemi della società in cui operano e di quelli dell’intero pianeta.
Per il privilegio che abbiamo avuto di poter compiere studi universitari, abbiamo la responsabilità di condividere conoscenze e informazioni scientificamente corrette e dobbiamo dare il massimo contributo per superare le difficoltà che caratterizzano la nostra epoca.
Ogni giorno di più ci rendiamo conto della fragilità del mondo in cui viviamo e possiamo dire, con Hans Jonas che “è lo smisurato potere che ci siamo dati, su noi stessi e sull’ambiente, ad imporci di sapere cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione vogliamo inoltrarci”.
E’ sempre più urgente, quindi, che gli scienziati guardino oltre i confini del loro laboratorio per contribuire a compiere scelte che permettano alla nostra e alle prossime generazioni di vivere in un pianeta più accogliente, in una società più giusta e in un contesto internazionale più pacifico.
Crediamo che, come accade nelle nazioni più progredite, i politici abbiano il dovere di consultare gli scienziati sui problemi che possono essere affrontati e risolti soltanto con una approfondita conoscenza della materia.
Uno dei problemi più delicati e più difficili che il nostro Paese ed il mondo intero hanno oggi di fronte è quello dell’energia; perché l’approvvigionamento e il consumo di questa risorsa sono direttamente collegati alla crisi climatica che minaccia gravemente l’intero pianeta, all’inquinamento dell’aria che respiriamo, al degrado del paesaggio, alla perdita di biodiversità, alla disuguaglianza fra le nazioni e a quasi tutte le crisi politiche e le guerre che devastano intere regioni.
Le decisioni che verranno prese riguardo il problema energetico condizioneranno non solo la nostra vita, ma ancor più quella dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Affinché il dialogo sulle scelte energetiche avvenga in modo pubblico, trasparente e autorevole, crediamo che il Governo, prima di assumere decisioni praticamente irreversibili come quella di procedere ad estese perforazioni del nostro territorio e dei nostri mari, debba promuovere una sede di consultazione tra scienziati e politici.
Chiediamo al Governo, e in particolare ai ministri della Pubblica Istruzione, dell’Ambiente e della Salute di promuovere con tutti i mezzi possibili una campagna per una maggiore sobrietà ed una maggiore efficienza nell’uso dell’energia.

In questo momento storico sobrietà ed efficienza sono le due colonne su cui dovrà poggiare lo sviluppo di nuove fonti energetiche, qualunque scelta si vorrà fare. Le risorse del pianeta Terra sono limitate e quindi i consumi, e ancor più gli sprechi, non possono crescere all’infinito. energiaperlitalia.it/

giovedì 30 marzo 2017

Roma. Acea e Atac

Roma. Acea e Atac

Dopo giorni in cui, in seguito all’inchiesta del Corriere, sono stati i compensi dell’Ama a catalizzare l’attenzione del Campidoglio, da ieri anche le retribuzioni in Acea e Atac sono finite nella tempesta.
E’ stata la Uil, grazie a un dossier commissionato all’istituto Eures del sociologo Fabio Piacenti, a riaggiornare un tema che in passato ha già fatto scalpore. «Le retribuzioni dei dirigenti delle aziende capitoline superano i 37 milioni. Il compenso medio dei dirigenti è 125 mila, ma per i supermanager di Acea e Atac siamo a oltre 300 mila. Esattamente quanto guadagna il presidente degli Stati Uniti Barak Obama e 7-8 volte di più dei suoi collaboratori alla Casa Bianca».
L’affondo di Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil Roma e Lazio, colpisce l’immaginario. Anche perché seguono esempi concreti: «E’ di 790 mila euro, 36 mila in più dello scorso anno, lo stipendio lordo annuale dell’amministratore del gruppo Acea, Paolo Gallo. Il presidente Giancarlo Cremonesi si attesta a 408 mila euro e il presidente del Collegio dei sindaci Enrico Laghi a 286 mila...».
«I compensi dei vertici Acea sono tra i più bassi del settore multiutility», fanno sapere da piazzale Ostiense, da dove invitano a fare i confronti con società comparabili come A2A e Hera. Quanto a Gallo, il ridimensionamento è del 25%: «Percepisce 380 mila euro di retribuzione fissa e con la variabile può arrivare a 600 mila». E i sei direttori strategici per i quali la Uil calcola in totale 2 milioni tondi? «Macché, non più di 1,3...».
iL’Atac non è più rigorosa secondo i sindacati. E anche qui, rispetto all’Ama, le buste paga sono pesanti. Pur tenendo conto dello stipendio più basso, quello dichiarato nel sito aziendale, si scopre infatti che i dirigenti dei trasporti capitolini che superano i 200 mila euro l’anno sono ben 12, contro soltanto uno (il dg Fiscon) all’Ama. Distanziati Roberto Grappelli e Danilo Broggi, presidente e Ad Atac. Un paradosso: i «gettoni» per la presenza nel Cda non superano gli 80 mila euro l’anno, e così i «capi» finiscono per guadagnare tre volte meno dei loro collaboratori. Il direttore degli Acquisti, Antonio Abbate, batte tutti: 325 mila secondo Uil/Eures, 250 in base alla sua certificazione online. «Negli ultimi due anni ci sono state riduzioni del 20% e i premi di obiettivo non sono stati distribuiti», spiegano in azienda per spiegare il gap. Vero. Ma è altrettanto inconfutabile che all’Atac supervisionano e dettano ordini 75 dirigenti, contro i 23 dell’Ama.
Retribuzioni del genere, sintetizza Pierpaolo Bombardieri : «Sono un’offesa verso la maggior parte dei cittadini che non riesce a far quadrare il budget familiare. Nel Lazio abbiamo 52 mila lavoratori in cassa integrazione, una disoccupazione tra le più alte d’Italia e sprechi da record». Concetti chiari. Il problema è che non sempre la «linea» si mantiene coerente: uno dei quadri che in Ama ha beneficiato di promozioni e superminimo «coperti» dal codice segreto («sede 90») introdotto dall’ex Ad Panzironi è proprio un sindacalista della Uil, ex Ugl.
Un nuovo caso è appena scoppiato per restare alla municipalizzata rifiuti. Tre mesi fa il dirigente Leopoldo D’Amico è stato reinserito in Ama con uno stipendio di 149 mila euro, più alto di 34.081 euro rispetto a quello di due anni prima, al momento della richiesta di aspettativa. Una gratifica sorprendente, in contrasto con l’austerity predicato dal sindaco Ignazio Marino. Contraddizione che non è sfuggita all’opposizione. Giovanni Quarzo, di Forza Italia, in un’interrogazione all’assessore all’Ambiente chiede di conoscere «i motivi del riconoscimento economico e del prematuro rientro in Ama dell’ing. D’Amico», nonché di «verificare se nel periodo in cui il Cda era dimissionario fosse legittimo attribuire tale aumento retributivo».
Ecco la top 15 degli stipendi in Atac: 
Roberto Grappelli, presidente (79 mila), Danilo Broggi, a.d. (67 mila)Dirigenti:Antonio Abbate (250 mila), Gennaro Maranzano (220), Pietro Spirito (200), M. Grazia Russo (200), Gian Francesco Regard (200), Gianluca Ponzio (200), Giuseppe Cassino (200), Roberto Cinquegrani (200), Patrizio Cristofari (200), Angelo E. Cursi  (200), Giuseppe Depaoli (200), Francesca Zadotti (200),Luca Masciola (185), G. B. Nicastro (170),Franco Middei (160). Si tratta di retribuzioni lorde dal sito Atac.
La Uil riporta cifre più alte: il solo dato preso da quest’ultima è relativo a Maranzano, in quanto non disponibile online
Ecco, la lista dei supercompensi di Acea secondo il dossier Uil/Eures:Paolo Gallo, Ad (790 mila), Giancarlo Cremonesi, pres. (408), Enrico Laghi, C. sindaci (286), Corrado Gatti (227), Franco Balsamo, Paolo Zangrillo, Andrea Bossola, Alberto Ierace, Luciano Piacenti e Enrico Giglioli, direttori (totale 2 milioni). Fonte Uil/Eures.corriere.it/roma /14_febbraio_15.
Visto che l’ATAC è in attivo bene si giustificano questi stipendi. A quando un premio di produttività?



Economia Mef Retribuzioni lavoratori italiani

Economia  Mef Retribuzioni lavoratori italiani


Le retribuzioni dei lavoratori italiani, a tutti i livelli, sono in linea con la media europea ma a differenza della maggior parte della popolazione dei Paesi del continente, i nostri connazionali soffrono per un basso potere di acquisto dovuto al costo della vita. La conferma di quanto molti vedono alla fine del mese emerge dall'ultima indagine Global 50 Remuneration Planning della società di consulenza Willis Towers Watson.
Analizzando la media della retribuzione annuale lorda delle prime 20 economie europee, i manager di medio livello e i nuovi entrati nel mondo professionale italiani si posizionano al 14° posto del ranking, posizione che cambia però se ad essere presa in considerazione è la media relativa al potere d'acquisto: i primi scendono alla 17esima posizione, i secondi alla 15esima. L'alto livello di tassazione del Paese e l'alto costo della vita fanno sì che il "potere d'acquisto" di uno stipendio italiano sia notevolmente inferiore a quello della maggior parte dei Pesi europei compresi Paesi Bassi, Irlanda, Francia, l'Austria, e tutti i paesi scandinavi. Il report indica inoltre che in Italia, un middle manager tipicamente ha una retribuzione base annua di circa 69.000 euro, che scendono a 25.500 per un entry level. Considerando il potere di acquisto, i primi passano a una retribuzione di poco inferiore a 43.000 euro, gli entry level soffrono un po' di meno per ricchezza relativa posizionandosi con un salario vicino a 23.500 euro.
La Svizzera rimane il paese con le retribuzioni più alte. I dipendenti godono di retribuzioni lorde in media più alte di tutti gli altri Paesi europei, superiore di circa 50% rispetto all'Irlanda, seconda nel ranking. Nonostante i livelli retributivi nominali si siano ridotti, le basse tasse e il basso costo della vita rendono gli svizzeri la popolazione con il più alto potere di acquisto. repubblica.it/economia/miojob/lavoro/2017/03/28/



Interno. Immigrazione Isis

Interno. Immigrazione Isis

“A Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qua. Metti una bomba a Rialto“. È in una intercettazione che investigatori hanno individuato l’intenzione di quattro cittadini kosovari di portare a termine un attentato nel capoluogo veneto e colpire uno dei luoghi simbolo della città lagunare conosciuto in tutto il mondo.“
Nell’ambito dell’operazione antiterrorismo sono anche state eseguite dodici perquisizioni: dieci nel centro storico, una a Mestre e una a Treviso. La Nuova Venezia scrive che i quattro arrestati hanno tutti meno di trent’anni e che due di loro lavoravano come camerieri. I tre kosovari arrestati sono Fisnik Bekaj, Dake Haziraj e Arjan Babaj. Il gruppo, hanno spiegato gli investigatori, era particolarmente ispirato nell’ultimo periodo dall’attentato terroristico avvenuto all’esterno del Parlamento britannico. L’ipotesi di reato contestata è di terrorismo in associazione, confermata dall’attività digitale con contatti in tutto il mondo e dal materiale trovato nelle due abitazioni a disposizione degli indagati. Durante le perquisizioni sono state trovate alcune pistole, di cui si sta ora valutando l’effettiva efficienza. Il procuratore Adelchi D’Ippolito ha puntualizzato che, comunque, l’elemento delle armi per gli jihadisti è “del tutto secondario”, in quanto il modus operandi è quello di procurarsi armi o esplosivo alla vigilia dell’azione programmata.
Il magistrato ha spiegato che gli indagati si allenavano “per mantenere efficiente la forma fisica”. Gli indagati guardavano e commentavano i video “promozionali dell’isis” nei quali venivano spiegate le “tecniche di aggressione” come si uccide con coltelli e quali sono le tecniche aggressione più efficaci e veloci. Ma anche video sulla costruzione di bombe. In alcuni intercettazioni gli indagati si mostravano impazienti di agire: “Non vedo l’ora di prestare giuramento ad Allah”.
Tutta l’indagine e l’attività di intelligence sulla cellula è imperniata in abitazioni nel pieno centro della città lagunare, nella zona di San Marco, dove – ha spiegato il procuratore Adelchi d’Ippolito – gli arrestati incontravano simpatizzanti e pregavano. Inneggiavano all’Isis, parlando di ideologia rivoluzionaria, e ipotizzando una serie di attentati. L’indagine è partita nel 2016 quando uno degli indagati è rientrato da un viaggio in Siria dove avrebbe combattuto nelle file di Isis.
Matteo Salvini ha scritto sulla sua pagina Facebook. “Credo sia necessario blindare i confini del Paese, sigillarli e controllare chi entra e chi esce perché domani potrebbe essere troppo tardi”.Ilfattoquotidiano.30 marzo 2017.



Sangaré Adama Fanta

Sangaré Adama Fanta

Connaissait son nom, mais on ne l'avait jamais vu.
Vérifiez sur Google en tapant le nom du type et vous verrez.
Bobigny : Adama Fanta Sangaré est Malien, 4 femmes, 46 enfants, bientôt 47
Et  7.110 euros par mois d'allocations familiales auxquelles viennent s'ajouter diverses autres aides 
Comme celles, entre les multiples autres, dédiées au logement,
Soit plus de 10.000 EUR mensuellement nets d'impôts, logés, blanchis, nourris.
Oui, vous avez bien lu : 4 FEMMES et 46 ENFANTS pour un Malien dans la région parisienne.
Contribution pour la Rentrée Scolaire 2015 = 18.327,00
Cela explique en partie les 200 MILLIARDS ANNUEL DE L'IMMIGRATION...!!!!
La France est un grand pays...Une grande terre d'accueil...

CA VA ENCORE DURER LONGTEMPS ?

Banca. Popolari Venete

Banca. Popolari Venete:

Il Tribunale di Verona condanna la banca a risarcire l’azionista non adeguatamente informato.Tribunale di Verona, 25 marzo 2017, n. 687.
L’attore agisce contro una nota banca popolare assumendo di aver acquistato 660 azioni della banca stessa nel corso del 2009 dietro insistente suggerimento dell’impiegato che le rappresentava detto strumento finanziario come sicuro e facilmente liquidabile. Al momento dell’acquisto non era stato consegnato alcun documento.
Nel 2014 l’attore aveva chiesto di poter vendere le azioni ma la banca gli comunicava di essere impossibilitata al riacquisto, asserendo che per l’utilizzo del “fondo acquisto azioni proprie” nel corso del 2014 fosse diventata obbligatoria l’autorizzazione dell’autorità di vigilanza.
L’attore avanzava, in via principale, domanda di declaratoria di nullità del contratto quadro sottostante e degli ordini di acquisto con conseguente restituzione di quanto investito.
La prima questione affrontata dal Tribunale di Verona concerne la declaratoria di nullità del contratto quadro per difetto di forma scritta. La Banca convenuta aveva prodotto copia “per la banca” del contratto di negoziazione titoli (contratto quadro) recante la sola firma dell’attore.
Nel corso del processo, un teste, funzionario della banca, aveva dichiarato di aver consegnato l’originale del contratto sottoscritto dal direttore.
Correttamente il giudice veronese ritiene inammissibile che una prova testimoniale e presuntiva possa supplire la mancanza di un contratto la cui forma sia prevista ad substantiam dalla legge. Ritiene però che costituiscano evidenze documentali tali da provare l’adesione della banca all’accordo, la sottoscrizione (sia pure a fini di autentica) da parte dell’istituto di credito della domanda di ammissione a socio e un questionario MIFID recante la firma del direttore della filiale. Entrambi questi documenti, sottoscritti dalla banca, postulerebbero l’esistenza del contratto quadro.
Il documento non può quindi far proprio un altro documento che non sia sottoscritto dalle parti.
A perfezionare il contratto non basta, invece, la semplice esecuzione del contratto né una dichiarazione probatoria con la quale la parte riconosce l’avvenuta stipulazione.
La seconda serie di questioni affrontate dal giudice attengono una serie di violazione della Banca quale emittente e non quale intermediaria. In particolare si contesta il criterio di determinazione del valore delle azioni e il mancato riacquisto delle azioni.
Tali conclusioni dipendono evidentemente dal modo in cui è stata prospettata la domanda in quanto la determinazione in sé del valore delle azioni può non aver rilievo in tema di intermediazione finanziaria ma, adempiuti i necessari oneri probatori, potrebbe avere rilievo in tema di vizi del consenso. Così come può non sussistere l’obbligo per la banca, come emittente, di riacquistare le proprie azioni, ma esiste senz’altro, per la banca quale intermediaria, il dovere di trattare le domande di vendita in ordine cronologico.
La terza e principale questione che il Tribunale di Verona affronta inerisce agli obblighi informativi che la banca avrebbe dovuto dare all’azionista. In particolare l’attore si duole di non essere stato informato dell’illiquidità dei titoli. Trattandosi di azioni non quotate in un mercato regolamentato si trattava di investimento di difficile monetizzabilità e pertanto illiquido.
A nulla vale il fatto che la Banca avesse consegnato al cliente l’ “informativa precontrattuale per la clientela sui servizi e attività di investimento” che recava la spiegazione su che cosa s’intendesse per strumento finanziario illiquido, in quanto la doglianza dell’attore non riguardava la conoscenza della categoria dei titoli illiquidi, ma che quello specifico titolo acquistato fosse ad essa riconducibile. Il giudice ha ritenuto violati tutti gli obblighi informativi previsti dalla comunicazione Consob del 2009 n. 9019104, che viene ritenuta un documento privo di diretta portata precettiva ma esplicativo degli obblighi di legge.
Di particolare interesse risulta inoltre la considerazione del giudice in punto di appropriatezza dell’operazione. Come noto, la valutazione di appropriatezza cui la banca è tenuta, prevista dagli art. 42 e 43 del Regolamento Intermediari Consob, prevede che venga valutata l’esperienza e la conoscenza dell’investitore. L’intermediario avrebbe dovuto valutare la conoscenza e l’esperienza del cliente in materia di investimento nello specifico settore o servizio richiesto. L’attore, nel questionario MIFID, aveva dichiarato di conoscere le azioni e di non conoscere tutta una serie di altri prodotti finanziari, tra i quali i derivati OTC. Il giudice veronese, con ragionamento assai convincente, ritiene che le azioni illiquide siano più assimilabili ai derivati OTC con riguardo al tipo di mercato in cui sono trattate e alla rischiosità dell’investimento, piuttosto che alle azioni quotate. Pertanto conclude che l’intermediario non abbia adeguatamente valutato la capacità del cliente di comprendere gli specifici profili di rischio connessi ai titoli acquistati.
Riconosciuta, dunque, la fondatezza della domanda, il giudice ravvisa una diretta incidenza causale delle condotte inadempienti della banca sulle operazioni di investimento compiute. Se fosse stata effettuata correttamente una valutazione di appropriatezza e se l’attore fosse stato edotto del rischio liquidità, questi non avrebbe acquistato quelle azioni.
Il giudice quindi condanna la banca al risarcimento del danno consistente nell’intero importo investito, oltre a interessi legali e rivalutazione, e spese legali.
Sugli obblighi informativi dell’intermediario finanziario si registrano numerosi arresti della Cassazione negli ultimi anni. In particolare preme segnalare: “In tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore "un’informazione adeguata in concreto", tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.”(Cass. 9.2.2016, n. 2535).dirittobancario.it. 27.3.2017




martedì 28 marzo 2017

De Luca Piero

De Luca Piero

Piero De Luca, figlio del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, è stato rinviato a giudizio con l'accusa di bancarotta fraudolenta nell'ambito dell'inchiesta sul crac della società immobiliare Ifil.
Il processo per il primogenito del governatore inizierà il prossimo 29 maggio davanti ai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Salerno.
A De Luca junior viene contestato di aver usufruito del pagamento di viaggi in Lussemburgo per complessivi 23 mila euro tra il 2009 e il 2011.
I biglietti, secondo la Procura, sarebbero stati pagati dall'imprenditore Mario Del Mese, socio al 50 per cento della società immobiliare Ifil e nipote dell'ex parlamentare Uder, Paolo Del Mese.
Mario Del Mese, coinvolto nella inchiesta, ha patteggiato la pena insieme al cognato Vincenzo Lamberti. Il gup ha fissato la pena in 3 anni e 8 mesi per Del Mese e 1 anno e 6 mesi per Lamberti. Rinviati a giudizio anche altre 5 persone coinvolte nella inchiesta. huffingtonpost.it/2017/03/16



Riforma Abusivismo

Riforma Abusivismo

La Giunta regionale, nella seduta di oggi, ha approvato una proposta di disegno di legge sul tema dell’anti-abusivismo edilizio in Campania. Si tratta di linee guida per il governo del territorio, a supporto degli enti locali che intendono utilizzare misure alternative alla non avvenuta demolizione di immobili abusivi. Le linee guida, non vincolanti e ferma restando l’autonoma valutazione dei Consigli comunali sull’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto alla procedura di demolizione, consentono all’ente locale di acquisire al patrimonio il bene per inottemperanza all’ordine di demolizione, e di locare lo stesso con preferenza per gli “occupanti per necessità”.
Quindi, il 14 marzo è una data storica per la Campania? Sì, ma tutt’altro che da ricordare. Nella terra nella quale l’abusivismo è una assodata consuetudine, ora esiste una misura alternativa all’abbattimento. L’acquisizione dell’immobile, e quindi la possibilità di locarlo. Con una sorta di diritto di prelazione per gli “occupanti per necessità”.
Il presidente della Regione, Vincenzo De Luca non ha mai fatto mistero di non essere un paladino dell’antiabusivismo.
Da vice ministro alle Infrastrutture e sindaco di Salerno, nel marzo 2015, era stato chiaro: “In Campania ci sono 80mila alloggi abusivi, soprattutto nell’area napoletana e casertana: c’è qualcuno in grado di demolirli? Se la risposta è sì, allora demoliamoli. Se, come appare certo, la risposta è no, si faccia un altro ragionamento da persone serie
Se l’abuso riguarda un quartiere periferico di una città, il ragionamento deve essere diverso: si impegnino i Comuni a fare piani di recupero e a mettere ordine rispetto a queste forme di abusivismo; in questo caso si dovrà far pagare una forte penale, ma si deve arrivare a una sanatoria, non c’è alternativa”.
Per De Luca non c’è alternativa. Da poco eletto governatore, spiega: “Ci vuole una sanatoria, si tratta di buon senso”. E poi: “Se c’è un povero cristo che nell’entroterra campano, senza danneggiare nessun paesaggio, ha fatto l’abuso, lo si sana perché non abbiamo alternative”.
In una Regione nella quale circa il 70% dei Comuni è privo di un Piano regolatore e, ad esempio, la zona rossa intorno al Vesuvio è intensamente popolata, sarebbe servito qualcosa di diverso. Sarebbe servita una ridefinizione delle regole, troppo frequentemente infrante. A guadagnarci forse non sarebbero stati quegli 80mila “poveri cristi” dell’entroterra, evocati dal presidente, ma l’intera Regione. Liberata finalmente da se stessa, dai suoi abusi.
Già, perché in questa terra che dovrebbe fare del suo paesaggio inimitabile un brand, proprio l’abusivismo è il nemico da sconfiggere. Non solo lungo l’arco litoraneo, imbruttito da costruzioni di ogni tipo. E neppure in prossimità o addirittura a ridosso di aree aree archeologiche e parchi naturalistici. Ma ovunque. In ogni spazio che si possa raggiungere con lo sguardo.
Almeno di avviso contrario è il Pd in Regione, che vota un disegno di legge che dà la possibilità di sanare 70mila abusi edilizi. Accade quasi in coincidenza con la Giornata del paesaggio, celebrata il 15 marzo.ilfattoquotidiano.it/2017/03/16.



Poesia. La terrazza della BAlde

La terrazza della Balde

Dalla terrazza fisso il sole alto nel cielo.
E’ incerto se salire ancora o se scendere
 dietro gli alberi alti sull'orizzonte.
Guardo fisso il sole caldo.
Una profonda tranquillità mi invade
E’ il primo pomeriggio invitante
e accogliente di primavera.
E’ una nuova stagione della mia vita
che voglio sia scandita dalla tranquilla
discesa del sole verso il tramonto.

Poesia. La casa 45

La casa 45

Eravamo in due e la casa sera silenziosa,
poi la casa si è riempita di voci.
Eravamo cinque e la festa era piena.
Ad uno ad uno se ne sono andati.
I capelli sono diventati più bianchi.
Siamo tornati come eravamo
all’inizio con la nostra felicità.
Aspettiamo il ritorno desiato con serenità.
Sicuri che le nuove vite intraprese
si incontreranno con la nostra
nei momenti magici che la vita riserva.





Poesia. Felicità

Felicità

La vita ti è scivolata fra le dita .
Dell’acqua che è sgorgata
neppure una goccia ne è rimasta.
Solo i ricordi di rombi di aereo,
di lunghe code sui nastri infuocati delle autostrade.
Telefonate, telefonate, telefonate,
la memoria è quella di interminabili telefonate.
Il tempo è passato, i capelli sono diventati d’argento.
Ora ti sei fermato, ma il tuo cuore corre
ancora veloce sulla tua auto fiammante
alla ricerca della irraggiungibile felicità.




lunedì 27 marzo 2017

Partito politico. Movimento Cinquestelle. Sondaggi

Partito politico. Movimento Cinquestelle. Sondaggi

I, Cinquestelle che metro dopo metro incrementano il proprio vantaggio. La tendenza dell’ultimo mese è confermata dai sondaggi di Ixè e di Index Research, diffusi da Agorà (Rai3) e PiazzaPulita (La7). Come tutte le rilevazioni di questo tipo il margine d’errore è intorno al 3 per cento e quindi conta non tanto il risultato “alla lira”, quanto la tendenza che in questo caso dura ormai da un mesetto. L’ultima settimana, in particolare, è stata quella del caso della mancata decadenza di Augusto Minzolini, salvato grazie al contributo determinante di una parte di senatori del Pd.
Per l’istituto di Roberto Weber, dunque, il M5s è al 27,9 (trend con segno più, +0,4) e distacca di un punto e mezzo il Partito Democratico (che perde lo 0,1). A seguire Forza Italia con il 12,8, la Lega Nord con il 12,2 e Fratelli d’Italia con il 4,9. Nel campo del centrosinistra sale di poco (0,1) il Movimento Democratici e Progressisti che questa settimana è dato al 4,3, mentre Sinistra Italiana è data al 2,6, non lontano dalla soglia di sbarramento della legge elettorale attualmente in vigore. Poco sotto Ncd che ora si dovrebbe cominciare a chiamare col nome nuovo, Alternativa Popolare.
Per Index, istituto guidato da Natascia Turato, la forbice tra M5s e Pd è ancora più ampio e arriva fino a oltre 5 punti percentuali, con i Cinquestelle a sfiorare il 31 e i democratici che perdono poco, ma restano impalati intorno al 25. Anche qui appare chiaro che tanta parte del bacino elettorale se ne sia andato con l’Mdp, accreditato ancora del 4 per cento anche se con una tendenza settimanale in discesa. Sempre nell’area di centrosinistra c’è il 2,5 di Sinistra Italiana e l’1 per cento del Campo Progressista di Giuliano Pisapia, entrambi stabili. ilfattoquotidiano.it/2017/03/24





Varoufakis Yanis. New deal europa

Varoufakis Yanis. New deal europa

Un New Deal per un’Europa in “avanzato stato di disintegrazione” è il progetto che l’economista ed ex ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, ha intenzione di proporre il 25 marzo, in contemporanea con le celebrazioni per i 60 anni dai trattati di Roma, presentando una serie di idee per rilanciare “verso altra direzione” il progetto di integrazione europeo, grazie a una “piattaforma economica e sociale comune, transnazionale” che ridia “dignità e speranza”.
L’occasione sarà l’evento organizzato il 25 marzo dal movimento pan-europeo da lui co-fondato, “Diem25”, al Teatro Italia di Roma, dove l’economista greco presenterà le sue proposte politico-economiche per provare a suscitare interesse tra i partiti politici di tutta Europa. Si tratta di un “innovativo programma politico” in grado di “salvare l’Europa” e i suoi cittadini, in particolare quelli che l’Ue ha lasciato indietro, che fungerà da base per una discussione sul processo di integrazione europeo, afferma Varoufakis.
Dapprima, verranno promosse proposte che per l’ex ministro greco sono già attuabili all’interno dei trattati vigenti. In un secondo tempo, invece, verrà incoraggiata la creazione di un’assemblea costituente paneruopea che possa elaborare una futura costituzione democratica in sostituzione dei trattati oggi esistenti.
Varoufakis, affiancato dal co-fondatore di Dem25 Lorenzo Marsili, ha dichiarato durante la conferenza stampa che l’Unione europea ha bisogno di “un’agenda sociale ed economica”. Questa agenda, ha spiegato, “potrà stabilizzare immediatamente la crisi sociale ed economica europea” e avrà come scopo quello di “trasformare la ricchezza inutilizzata in investimenti verdi, fornire beni di base a ogni regione europea, portare alla condivisione dei guadagni del capitale e della ricchezza, e ottenere la democratizzazione e razionalizzazione delle politiche economiche”. “Il punto non è quello di uscire dall’Europa”, ha aggiunto Lorenzo Marsili, “ma di ‘uscire’ da un modello che non funziona più”.
Per fare questo, il movimento Diem25, lancia quindi un appello a partiti, amministrazioni locali, sindacati e movimenti sociali di tutta Europa affinché nei prossimi mesi si dia un’espressione politica pan-europea al New Deal promosso dal movimento. Una mobilitazione, questa, che ha come obiettivo la riunione del 25 maggio a Berlino, quando si tireranno le somme e si farà chiarezza su quali forze politiche saranno intenzionate a portare avanti queste idee. “Noi li appoggeremo”, fanno sapere i fondatori di Diem25, nel caso decidessero democraticamente di presentarsi alle prossime elezioni europee del 2019.
Infine Marsili ha parlato del “collocamento” di Diem25 nello scenario politico del Vecchio Continente, ribadendo che essi “rappresentano il terzo spazio della politica europea, alternativo sia all’establishment, sia al razzismo e nazionalismo xenofobo”. eunews.it/2017/03/24/



Boccia Francesco

Boccia Francesco

Il deputato pd Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio alla Camera, si è aggiudicato un posto da professore associato presso il Dipartimento giuridico dell’Università del Molise presentando, tra le altre, anche una pubblicazione plagiata. La procedura selettiva che riconosce al deputato un posto da professore in Economia aziendale è stata approvata dal rettore dell’Università di Campobasso il 17 ottobre 2016. Agli atti del concorso la pubblicazione copiata risulta tra le 12 allegate dal candidato e sottoposte alla commissione.
Il testo in questione è The regulation of local public services between authority and market: United States and Tax increment financing. The case of Chicago, pubblicato nella collana LIUC Papers il 16 dicembre 2004. Il testo, uno dei tre in inglese presentati dal deputato, risulta composto dall’unione di interi brani contenuti in lavori scientifici altrui, che non compaiono tra le fonti. Si tratta della ricerca di Lori Healey e John F. McCormick, Urban Revitalization and Tax Increment Financing in Chicago, pubblicata su Government Finance Review nel dicembre 1999, e di alcune parti del capitolo di Rachel Weber Tax Increment Financing in Theory and Practice pubblicato nel 2003 nel volume Financing Economic Development in the 21st Century, curato da Sammis B. White e altri per l’editore newyorchese M. E. Sharpe. ilfattoquotidiano | 24 marzo 2017
Egr. Direttore
È possibile che un dipendente comunale se non si presenta in ufficio viene licenziato mentre un professore universitario se non si presenta ad un appello o ad una lezione viene gratificato dalla fattura che prenderà per la consulenza prestata nel frattempo.
Sarebbe opportuno che tutti i compensi siano approvati dalla preside di facoltà e siano pubblici onde verificare che l'attività universitaria sia compatibile con quella privata.
Cesare Fedeli

Rai. Compensi Tetto.

Rai. Compensi Tetto.

Il primo superconduttore Rai a farsi avanti è stata Lucia Annunziata: “Tagliatemi lo stipendio”. Ma potrebbe anche essere l’ultimo, perché rischia subito di saltare il tetto di 240mila euro ai compensi di artisti e giornalisti deliberato a febbraio dal cda di Viale Mazzini. La stretta entra in vigore ad aprile, tra 15 giorni.
Spunta la norma salva-artisti cui, secondo Repubblica, starebbero lavorando Palazzo Chigi, il ministero dello Sviluppo Economico e il Tesoro. Perché in Italia vige ancora una vecchia norma mai abrogata che autorizza la Rai a pagare i suoi artisti somme superiori al limite di 240mila euro. E’ un articolo dimenticato nelle pieghe della Finanziaria 2008.
Ci voleva un certo impegno a scovare quel buco di nove anni fa, e infatti la scoperta si deve ai legali di Bruno Vespa, il super conduttore di Porta a Porta che non ha mai fatto mistero di non gradire i tagli ai cachet che “impoverirebbero la Rai” con la fuga degli artisti verso la concorrenza privata. Vespa ha anche motivi personali per non offrire il petto alla decurtazione: il suo contratto con la Rai, infatti, vale 1,8 milioni di euro l’anno.
Il governo è spiazzato. Da una parte ci sono i tecnici che difendono la delibera Rai sostenendo che anche se c’è una norma non abrogata, come quella, viene comunque superata dalla più recente legge sull’editoria, approvata sei mesi fa, che ribadisce l’estensione del tetto a tutte le amministrazioni pubbliche. Ma siccome non si sa mai, si lavora anche per armonizzare le norme e secondo il quotidiano romano gli uffici sarebbero stati incaricati non di blindare la delibera con le sue riduzioni ma al contrario di costruire un appiglio giuridico più solido a un’azione salva Rai. Che ovviamente richiami la postilla della Finanziaria dimenticata.
E’ la legge 244 del dicembre 2007 che all’articolo 3 comma 44 interviene sul “trattamento economico” delle persone che lavorano per lo Stato e in particolare “per società a totale o prevalente partecipazione pubblica”. E di fatto estende il massimale retributivo equiparato allo stipendio del magistrato di più alto grado della Corte di Cassazione. Ma con una postilla, mai abrogata, per cui la limitazione non si applicava a chi offre una prestazione artistica o professionale che consenta di competere con il mercato in condizioni di effettiva concorrenza.
Leggi: i superconduttori della Rai. E che dice il direttore generale Antonio Campo dall’Orto? Tira dritto, fino a ordine contrario e senza chiudere all’inversione a U: il servizio pubblico tv riconoscerà agli artisti e ai giornalisti di grido compensi superiori ai 240mila euro “solo in presenza di un esplicito segnale esterno”. Che potrebbe arrivare a giorni. Due ministeri ci stanno lavorando. ilfattoquotidiano 24 marzo 2017.



giovedì 23 marzo 2017

L’esclusione della disciplina della prevenzione da parte degli strumenti urbanistici.

1.      L’esclusione della disciplina della prevenzione da parte degli strumenti urbanistici.



La normativa di piano può sicuramente imporre una disciplina delle distanze superiore in termini lineari a quella disposta dal codice civile.
Tale modifica non significa l’abrogazione implicita delle disposizioni dello stesso codice civile che consentono la costruzione sul confine, ex artt. 874 ss. c.c.
L’interprete deve verificare se i regolamenti comunali impongano una distanza assoluta fra le costruzioni o se permettano, invece, la realizzazione di fabbricati in aderenza.
Se sono consentite le costruzioni in aderenza il costruttore che edifica per primo può realizzare il proprio manufatto a confine, costringendo il prevenuto a edificare in aderenza o a realizzare l’opera rispettando le maggiori distanze imposte dai regolamenti locali.

Allorquando i regolamenti edilizi comunali stabiliscono una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile, detta prescrizione deve intendersi comprensiva di un implicito riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore a metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e quindi della operatività della prevenzione.
L'adozione di tale metodo di misurazione dei distacchi non è incompatibile con la previsione della facoltà di edificare sul confine ove lo spazio antistante sia libero fino alla distanza prescritta, oppure in aderenza o in appoggio a costruzioni preesistenti, con conseguente applicabilità del criterio della prevenzione
(Cass. civ., sez. II, 16 febbraio 1999, n. 1282, GCM, 1999, 351).

Nel caso in cui i regolamenti edilizi stabiliscano espressamente la necessità di rispettare determinate distanze dal confine, non può ritenersi consentita - salvo concreta, diversa previsione della norma regolamentare - la costruzione in aderenza od in appoggio, con conseguente inoperatività del principio della prevenzione, mentre, nell'ipotesi in cui tali regolamenti, come quello del Comune di Afragola, consentano, anche implicitamente, le predette facoltà di costruzione come alternativa all'obbligo di rispettare una determinata distanza dal confine, si versa in ipotesi del tutto analoga, sul piano normativo, a quella prevista e disciplinata dagli art. 873, ss. c.c.
In tal caso opera il principio di prevenzione, in base al quale colui che costruisca per primo potrà legittimamente farlo sul confine, obbligando all'arretramento a distanza legale il vicino che non voglia, a sua volta, costruire in aderenza o in appoggio
(Cass. civ., sez. II, 13 giugno 1997, n. 5339, GCM, 1997, 985).

Il criterio della prevenzione previsto dagli artt. 873, 875 c.c., è derogato dagli strumenti urbanistici locali nel caso in cui questi fissino senza alternativa le distanze delle costruzioni dal confine e non anche quando, pur prevedendo siffatto metodo di misurazione, si consenta anche la costruzione in aderenza.
In tale ipotesi, infatti, il primo costruttore ha la scelta fra il costruire alla distanza regolamentare ed erigere la propria fabbrica fino ad occupare l'estremo limite del confine, ponendo il vicino che voglia a sua volta edificare nella alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza ovvero, se ciò non voglia, di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dal regolamento locale
(Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1997, n. 8231, GBLT, 1998, 59. Conf. Cass. civ. sez. II, 28 novembre 1998, n. 12103, GCM, 1998, 2487).


Il rinvio ai regolamenti locali, che assumono conseguentemente carattere integrativo, disposto dagli artt. 872 e 873, c.c., in materia di distanze nelle costruzioni, si estende a tutta la disciplina predisposta da quelle fonti nella stessa materia, di guisa che anche il principio della prevenzione, sancito dagli artt. 875-877 c.c., può risultarne diversamente regolamentato e persino non più mantenuto in vita ove in tal senso sia disposto dai vigenti regolamenti e/o norme urbanistiche locali.
(Cass. civ., sez. II, 22 luglio 1991, n. 8172, RGE, 1992, I, 34.

La normativa di piano può derogare alla disciplina civilistica della prevenzione, impedendo di costruire sul confine al proprietario che per primo inizia a realizzare le opere sul suo lotto.

Il diritto all'osservanza delle distanze legali sussiste in capo al proprietario di una costruzione esistente nel fondo finitimo oppure - qualora il regolamento locale preveda una distanza minima dal confine - anche in capo al proprietario di un fondo non edificato rispetto alla costruzione sorta nel fondo finitimo
(Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 1999, n. 14081, GCM, 1999, 2538).

In materia di distanze legali tra costruzioni, il criterio della prevenzione non è applicabile quando la disciplina urbanistica locale, essendo diretta ad assicurare comunque uno spazio libero tra le costruzioni per soddisfare esigenze pubblicistiche, prescriva che le costruzioni stesse debbano essere tenute ad una determinata distanza dal confine.
In tal caso anche colui che costruisce per primo deve mantenere la costruzione alla prescritta distanza dal confine e può ovviamente pretendere il rispetto della medesima distanza da parte del vicino che costruisca successivamente
(Cass. civ., sez. II, 19 maggio 1997, n. 4438, GBLT, 1997, 4284).

I regolamenti possono, infatti, imporre distanze minime rispetto ai confini e togliere al proprietario che costruisce successivamente la possibilità di realizzare l’opera in aderenza a quella già eseguita.
In tal caso colui che costruisce per primo deve obbligatoriamente osservare una distanza minima dal confine del proprio fondo, non inferiore alla metà di quella prescritta dallo strumento urbanistico a deroga delle disposizioni del c.c. (Assini e Mantini 1997, 502).

Quando le norme regolamentari (come le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori) stabiliscono determinate distanze dal confine, non è consentito edificare sul confine medesimo e, di conseguenza, non opera il principio di prevenzione. Salvo che la stessa normativa regolamentare contenga una previsione derogativa ovvero tale previsione venga adottata con una successiva deliberazione, la quale può essere ritenuta applicabile soltanto dopo che sia giunto a compimento - con la pubblicazione nell'albo pretorio, dopo l'approvazione dell'autorità tutoria - il procedimento all'uopo prescritto dalla legge per renderla operante
(Cass. civ., sez. II, 25 settembre 1999, n. 10600, UA, 2000, 38).

Le disposizioni dei regolamenti comunali edilizi che impongono una distanza minima tra pareti finestrate e pareti degli edifici antistanti, con esclusione della facoltà di costruire in aderenza, rendono inapplicabile il criterio della prevenzione, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine, dovendo colui che costruisce per primo osservare una distanza minima dal confine del proprio fondo, non inferiore alla metà di quella prescritta.
(Cass. civ., sez. II, 1 luglio 1996, n. 5953, GCM, 1996, 929).

La prevenzione, invece, continua a regolare i rapporti fra proprietari confinanti qualora le disposizioni di piano vigenti nulla prevedano in proposito o quando, invece, espressamente consentano la facoltà di costruire in aderenza o appoggio.

In linea generale, la previsione da parte di strumenti urbanistici di distacchi tra edifici e confini non può tradursi nella limitazione del proprietario confinante di costruire sul confine in aderenza ad altro fabbricato nei casi in cui l'altro confinante abbia precedentemente costruito sul confine.
Qualora sia già stata realizzata una costruzione sul confine secondo il criterio di cui all'art. 873 c.c., a meno di espressa previsione da parte degli strumenti urbanistici circa il divieto di costruzioni in aderenza, tale possibilità deve essere riconosciuta a favore del proprietario del fondo finitimo.
A diversamente ritenere, l'eventuale prescrizione di distanze dai confini e dalle costruzioni si tradurrebbe in un privilegio per il proprietario che ha costruito per primo, con conseguente ingiusto sacrificio della posizione del proprietario confinante
(T.A.R. Calabria, sez. Reggio Calabria, 25 febbraio 1999, n. 175, CI, 1999, 1286).

In tema di costruzioni su fondi finitimi, il diritto di uno dei confinanti di edificare in prevenzione e, correlativamente, il diritto dell'altro di realizzare il proprio fabbricato in appoggio in aderenza sul confine, secondo la previsione degli artt. 874-877 c.c., trovano deroga nelle norme dei regolamenti locali soltanto quando queste fissino un distacco obbligatorio rispetto al confine o tra le costruzioni, ma non anche quando, invece, espressamente prevedono la possibilità di costruire in aderenza o appoggio. (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3263, GCM, 1995, 655).







2.       I temperamenti.



La disciplina urbanistica di piano per temperare il principio della prevenzione può imporre delle deroghe che consentano al proprietario che costruisce successivamente, soprattutto per gli immobili già realizzati, di mantenere i benefici previsti dall’art. 875 c.c.
A volte tali temperamenti sono concessi con riferimento a determinati manufatti, ad esempio, per la realizzazione di autorimesse per costruzioni preesistenti alla data di entrata in vigore dello strumento urbanistico.
Le norme pongono delle condizioni che devono essere tassativamente rispettate.

Quando le norme regolamentari (come le norme tecniche di attuazione dei piani regolatori) stabiliscono determinate distanze dal confine, poiché tali norme si caratterizzano come norme integratrici di quelle del codice civile in materia di distanze, non è consentito edificare sul confine medesimo e, di conseguenza, non opera il principio di prevenzione, salvo che la stessa normativa regolamentare contenga una previsione derogativa ovvero tale previsione venga adottata con una successiva deliberazione, la quale può essere ritenuta applicabile soltanto dopo che sia giunto a compimento - con la pubblicazione nell'albo pretorio, dopo l'approvazione dell'autorità tutoria - il procedimento all'uopo prescritto dalla legge per renderla operante
(Cass. civ., sez. II, 25 settembre 1999, n. 10600, GCM, 1999, 2009).

Le norme a carattere derogatorio non trovano limiti nella disciplina di piano, tuttavia la giurisprudenza ritiene che esse debbano essere interpretate restrittivamente.
Se la deroga è consentita per i fabbricati precedentemente edificati, purché il fronte delle nuove costruzioni sia realizzato in aderenza a costruzioni prima esistenti, la condizione deve essere rispettata testualmente ed il fronte degli immobili non può essere interrotto e ripreso, se si vuole ritualmente invocare la norma.
I temperamenti alla disciplina del divieto della prevenzione pongono un regime della proprietà che non può essere disatteso.
Spesso fra l’altro le norme di piano prevedono che gli interventi siano realizzati previa redazione di una convenzione con il confinante.

In tema di distanze nelle costruzioni, qualora le disposizioni regolamentari (programma di fabbricazione) impongano una distanza minima - non inferiore a 10 metri in applicazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 - tra pareti finestrate e pareti degli edifici antistanti ovvero una determinata distanza di 5 metri dal confine, prevista per soddisfare esigenze pubblicistiche che sovrastino gli interessi dei singoli e soddisfino gli interessi generali, rendono inapplicabile il criterio della prevenzione, con conseguente esclusione - salve le eccezioni previste nello stesso strumento urbanistico - della possibilità di costruire sul confine.
La nota 5 del programma di fabbricazione del comune di Toro (CB) che, dopo aver sancito per la zona B di completamento un distacco minimo assoluto di metri 5 dal confine, escludendo così la possibilità di costruire sul confine, consente in via eccezionale la edificabilità a confine "quando la costruzione viene a sorgere in aderenza a fabbricati esistenti già edificati a confine", non può essere interpretata nel senso che la deroga del vincolo di inedificabilità sul confine è tanto ampia da estendersi oltre il limite quantitativo della dimensione orizzontale dei fabbricati in aderenza, consentendo la costruzione anche per quella parte di confine priva di opere edificatorie
(Cass. civ., sez. II, 9 novembre 1999, n. 12443, GCM, 1999, 2212).


Le modalità di calcolo delle distanze.

     Le modalità di calcolo delle distanze.

I regolamenti edilizi possono disciplinare le distanze fra le costruzioni, ad integrazione delle disposizioni di piano (Centofanti 2000, 169).
L’art. 33, n. 5, l. urb., fissa tra i compiti del regolamento edilizio quello di stabilire gli eventuali distacchi dai fabbricati vicini e dal filo stradale, regolamentando diversamente la normativa civilistica.

Occorre fare presente che i regolamenti possono stabilire distanze maggiori di quelle del codice civile non minori, non potendo i regolamenti derogare al codice civile
(Mengoli 1997, 648).

La giurisprudenza attribuisce un effetto modificativo delle disposizioni del codice civile a tutte le fonti normative e regolamentari che traggono origine dagli strumenti urbanistici generali quindi non solo ai piani attuativi, ma anche ai loro strumenti esecutivi, come, ad esempio, le tavole planovolumetriche.
In tal caso le indicazioni grafiche contenute nelle tavole planovolumetriche, in quanto attuative sul piano tecnico della volontà della p.a., hanno valore immediatamente precettivo al pari delle disposizioni di piano, rivestendone la stessa natura di norme regolamentari.

Il potere regolamentare della p.a. di disciplinare, con efficacia derogatoria alle disposizioni del codice civile, le distanze fra le costruzioni può manifestarsi oltre che nella predisposizione di Piani regolatori generali e di piani particolareggiati (cosiddetti piani di zona) anche attraverso le tavole planimetriche allegate ai predetti piani.
Ne consegue che, quando il piano di zona per individuare la distanza rinvia al piano planovolumetrico e quest'ultimo prevede una determinata distanza dal confine, tale distanza ha carattere assoluto ed inderogabile trattandosi di norma integrativa del c.c.
(Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1999, n. 5666, GCM, 1999, 1310).

I regolamenti edilizi hanno individuato una serie di norme che fissano le modalità di calcolo delle distanze.
Essi, ad esempio, hanno precisato che la distanza degli edifici deve computarsi a partire dalla parte più sporgente del fabbricato: la cosiddetta fronte.

L'art. 6 del p.r.g. del comune di Casalmaggiore stabilendo che il distacco dai confini non deve mai essere inferiore a m. 5, qualunque sia l'altezza delle fronti, va interpretato nel senso che per "fronte" deve intendersi la parte anteriore o facciata dell'edificio comprendente i corpi sporgenti aggettanti, allorquando questi siano di natura e consistenza tali da ampliare in superficie o volume l'edificio stesso
(Cass. civ., sez. II, 13 aprile 1995, n. 4270, GCM, 1995, 835).

Le norme tecniche del P.R.G. del comune di Spoleto stabiliscono, ai fini della determinazione delle distanze dai confini e tra edifici, una distinzione tra fronti e testate, secondo la lunghezza del manufatto, con riferimento sia all'edificio singolo sia ai corpi di fabbrica in cui esso eventualmente si articoli, con la conseguenza che non può negarsi rilevanza, ai fini del computo della distanza dell'edificio opposto, all'arretramento di un corpo di fabbrica rispetto agli altri che compongono lo stesso edificio.
Le disposizioni del P.R.G. del comune di Spoleto, le quali fissano le distanze dal confine e tra edifici in riferimento all'altezza delle costruzioni, non prevedono alcuna deroga nei riguardi delle parti delle costruzioni parzialmente al di sotto del livello stradale, sicché anche queste concorrono a determinare l'altezza del fabbricato, ai fini del calcolo delle distanze
(Cass. civ., sez. II, 16 agosto 1993, n. 8725, RGE, 1994, I, 475).