Condizioni in grado di disturbare
il sonno
Gravidanza. Molte donne
incinte vanno incontro a difficoltà durante la gestazione; l’affaticamento e la
stanchezza sono per esempio molto comuni durante il primo e il terzo trimestre,
ma sono più comuni anche:
insonnia,
sindrome delle gambe senza
riposo,
sindrome delle apnee notturne,
bruciore gastroesofageo notturno,
necessità di urinare di notte.
Il sonno è un periodo di
sospensione della coscienza e della volontà durante il quale il cervello rimane
significativamente attivo; è un processo biologico complesso, che aiuta
l’organismo a elaborare nuove informazioni e rimanere in buona salute.
Una buona notte di sonno è
composta da cinque fasi e ognuna di essere è importante per assicurare un
efficace riposo per mente e corpo; alcune fasi sono necessarie per aiutare
recuperare le forze e sentirsi così riposati e energici il giorno successivo,
mentre altre fasi sono necessarie ad acquisire le informazioni apprese durante
la giornata e strutturarle nella memoria.
Una
carenza di sonno è
causa nel breve termine di problemi di apprendimento e può avere effetti
devastanti su salute e benessere a lungo termine.
Ridurre il riposo necessario
anche solo di un’ora può rendere più difficile concentrarsi il giorno
successivo e può rallentare il tempo di reazione; contribuisce inoltre ad
aumentare la probabilità di prendere decisioni sbagliate.
Il sonno influisce sullo stato
d’animo dell’individuo e un riposo insufficiente può causare irritabilità.
Aumenta inoltre il rischio di
depressione.
Il sonno è importante per
mantenersi in buona salute; la carenza di sonno, oppure un riposo di cattiva
qualità, aumenta il rischio di sviluppare
pressione
alta, malattie cardiache e altre condizioni mediche. La qualità del
sonno è influenzata da fattori ambientali e dalla possibilità di dormire in
modo continuo per l’intera notte. Poichè alcuni ormoni prodotti durante il
sonno influenzano l’utilizzo dell’energia da parte del corpo, questa è
probabilmente la spiegazione del nesso tra carenza di sonno e tendenza allo
sviluppo di
obesità e
al
diabete.
I ritmi del sonno sono
regolati da due processi che lavorano insieme in modo complementare: l’unità di
sonno e l’orologio circadiano (pronunciato sur-KAY-dee-uhn).
La necessità di dormire è
una sensazione legata al tempo trascorso da sveglio, maggiore è il tempo
trascorso da quando ci si è svegliati e più incisiva diverrà la sensazione,
aumentando fin quando non sarà possibile riposarsi.
L’organismo è dotato di una sorta
di orologio naturale, chiamato “orologio circadiano“, che aiuta a regolare il
ritmo sonno-veglia. La parola “circadiano” si riferisce a cicli biologici
ritmici che si ripetono a intervalli di circa 24 ore; l’orologio biologico è
fortemente influenzato dalla luce, che è la ragione per cui le persone che
vivono in regioni diverse hanno abitudini di sonno diverse, che possono
cambiare nel corso dell’anno a seconda delle stagioni.
Al momento di coricarsi questi due
fattori lavorano in sinergia per consentire all’organismo di addormentarsi;
dopo qualche ora, quando la necessità di riposo inizia a diminuire, l’orologio
biologico lavora per mantenere il sonno fino al mattino.
Cosa succede durante il sonno? Quando
una persona dorme il cervello passa ripetutamente e i modo
ciclico attraverso cinque fasi distinte, le fasi 1, 2, 3, 4 e la fase REM.
Durante le fasi non-REM (che
corrispondono a circa il 75% del sonno):
Fase 1. L’organismo è in uno
stato di dormiveglia.
Fase 2. Si cade in un sonno più
profondo e ci si astrae completamente dall’ambiente; la temperatura
corporea tende a diminuire leggermente.
Fasi 3 e 4. Si entra nella fase
più di sonno profondo, che risulta essere particolarmente riposante.
La pressione sanguigna scende.
La frequenza di respirazione
rallenta.
I muscoli si rilassano.
Aumenta la quantità di sangue
portata ai muscoli.
L’organismo va incontro a
riparazione e/o crescita.
L’energia viene ripristinata.
Si assiste al rilascio di ormoni.
Fase REM (25% del sonno): Circa
70-90 minuti dopo essersi addormentati, e poi a intervalli successivi di circa
90-110 minuti, si entra nel sonno REM, che tende a diventare sempre più lungo
con il trascorrere della notte.
Il cervello è attivo
e permette la genesi dei sogni.
Gli occhi sono caratterizzati da
un rapido movimento laterale.
L’organismo è immobile e
rilassato.
La temperatura corporea non è più
finemente regolata.
La durata di ciascuna fase cambia
durante la notte, in particolare all’inizio le fasi di sonno profondo sono
particolarmente lunghe, mentre con il passare delle ore tendono ad accorciarsi
a favore di un allungamento della fase REM; verso il mattino si trascorre
quasi tutto il suo tempo nelle fasi 1 e 2 e REM.
Quanto sonno è necessario?
Le ore di sonno necessarie al
giorno cambiano nel corso della vita. La necessità di dormire varia da persona
a persona, ma nella tabella abbiamo elencato alcuni consigli generici per le
diverse fasce d’età.
Età
|
Ore di sonno necessarie
|
Neonati
|
16–18 ore al giorno
|
Bambini in età prescolare
|
11–12 ore al giorno
|
Bambini in età scolare
|
Almeno 10 ore al giorno
|
Adolescenti
|
8–10 ore al giorno
|
Adulti e anziani
|
7–9 ore al giorno
|
Disturbi del sonno
Insonnia. È capitato a tutti di
vivere episodi di insonnia, che può verificarsi a causa di
stress,
dieta,
jet lag o
altri fattori. L’insonnia influenza quasi sempre le prestazioni sul lavoro e il
benessere generale di una persona.
La condizione aumenta la sua
diffusione con l’età e colpisce fino al 30% degli uomini e il 40% delle
donne almeno una volta nella vita. Per casi di insonnia a breve termine i
medici curanti possono prescrivere sonniferi, ma che devono essere
limitati a brevi periodi per evitare fenomeni di tolleranza e dipendenza. Per
casi di insonnia più gravi o di lunga durata si stanno esplorando altri
approcci, tra cui l’uso della fototerapia (terapia della luce) per alterare i
ritmi circadiani.
Sindrome
delle apnee notturne. Secondo la National Sleep Foundation circa 18 milioni
di americani soffrono di apnea del sonno, ma nella maggior parte dei casi
rimangono non diagnosticati. Chi soffre di questa condizione va incontro a
interruzioni del respiro durante il sonno; i cambiamenti fisici, come le
alterazioni nell’accumulo di grassi o la perdita del tono muscolare con
l’invecchiamento, possono contribuire alla genesi del problema.
La polisonnografia registra le
onde cerebrali, il
battito
cardiaco e la frequenza di respirazione di una persona durante un’intera
notte, consentendo una diagnosi certa. I metodi di trattamento includono la
perdita di peso e la perdita dell’abitudine a dormire sulla schiena. In
alternativa è possibil ricorrere a speciali dispositivi da indossare durante la
notte, oppure la chirurgia. In questi pazienti sono assolutamente
controindicati i sonniferi, che potrebbero impedire loro di svegliarsi per
respirare.
Sindrome
delle gambe senza riposo (RLS). Questa condizione tende a manifestare
una certa famigliarità e provoca sensazioni sgradevoli a livello delle
gambe, che obbligano il paziente colpito a muoverle costantemente sia durante
la giornata che durante la notte, andando quindi incontro a problemi di
sonno.
I sintomi possono verificarsi a
qualsiasi età, ma i casi più gravi si registrano di solito negli anziani.
I trattamenti prescritti includono farmaci che influenzano i livelli circolanti
di dopamina, un neurotrasmettitore cerebrale.
Narcolessia.
Si stima che una percentuale compresa tra 0,02% e lo 0,07% degli americani
siano affetti da narcolessia. I soggetti con questa condizione sperimentano
“attacchi di sonno” durante il giorno, a prescindere dalla qualità del sonno
notturno. Gli attacchi durano da alcuni secondi a 30 minuti o più; oltre ad
addormentarsi in modo quasi imprevedibile, i pazienti possono andare
incontro a perdita di controllo muscolare durante situazioni di stress emotivo,
oltre ad allucinazioni, paralisi temporanea e disturbi del sonno notturno. La
narcolessia tende manifestare famigliarità, ma si verifica anche in alcune
persone che hanno subito traumi o lesioni alla testa. Una volta
diagnosticata la narcolessia può essere trattata con farmaci.
Ricordiamo infine le parasonnie,
che fanno parte anch’esse dei disturbi del sonno:
bruxismo,
che consiste nel digrignamento dei denti;
incubo, che consiste in sogni
angoscianti, talvolta accompagnati da una sensazione di oppressione al petto
e/o da difficoltà respiratorie;
pavor nocturnus (terrore
notturno);
sonnambulismo, caratterizzato da
attività motorie automatiche;
sonniloquio (parlare nel sonno);
sonno-disturbi-del-sonno-ed-insonnia/
Interventi non farmacologici nel trattamento dell'insonnia nell'anziano
Il primo tentativo terapeutico per i problemi di sonno dell'anziano deve essere
non farmacologico; a tale proposito è importante ricordare alcune norme
comportamentali, definite spesso some "regole per un buon sonno:
1. Non assumere caffè o sostanze
contenenti caffeina alla sera, evitare di fumare prima di coricarsi; alla sera
l'alcool deve essere assunto in quantità moderate perché può causare
frammentazione del sonno.
2. Stabilire l'ora della cena in
modo che sia almeno 3 ore prima dell'ora di andare a letto.
3. Andare a dormire e
risvegliarsi possibilmente sempre alla stessa ora, anche nei periodi di vacanza
e nei fine settimana.
4. Sviluppare e mantenere un
rituale serale prima di andare a dormire (bagno caldo, leggere qualche pagina
di libro bere una tisana o del latte), creando così condizionamenti positivi.
5. Evitare di avere troppo caldo
o troppo freddo nella stanza o comunque nel letto; fare in modo che la camera
da letto sia silenziosa e tranquilla per tutta la notte.
6. Pensare al letto, al cuscino
ed al materasso come al posto più comodo al mondo.
7. Usare la stanza da letto ed il
letto solo per dormire (non per guardare la TV, per mangiare, leggere,
riposarsi, pensare, scrivere); non dormire mai comunque davanti alla TV.
8. Evitare di pensare a ciò che
si farà il giorno successivo o ripensare troppo a lungo a ciò che è successo
nel corso del giorno; lasciare che la mente divaghi tra luoghi o scenari
liberi, casuali e immaginari, fuori dal quotidiano.
9. Se non c'è addormentamento,
evitare di rigirarsi a lungo nel letto, ma alzarsi e andare in un'altra stanza.
10. Evitare di utilizzare farmaci
che possono provocare insonnia e di soggiornare in ambienti poco illuminati durante
il giorno.
Bisogna poi ricordare che la maggior parte delle persone anziane dorme con il
coniuge; tutte le scelte su letto, cuscini, materassi, luce, rumori, finestre,
vanno condivise.
Anche se è faticoso e poco
gradito non recuperare le ore di sonno ritenute perse, la sveglia del mattino
deve essere rispettata comunque alzandosi all'ora prestabilita in modo che
l'organismo possa mantenere il suo bioritmo sonno-veglia.
Per lo stesso motivo sono da
evitare i sonnellini pomeridiani.
La sonnolenza diurna è sintomo da
non trascurare: nel Cardiovascular Health Study su 5888 anziani, tra i disturbi
del sonno, soltanto la sonnolenza diurna è risultata un fattore associato alla
mortalità e morbilità cardiovascolare.
Solo dopo aver lavorato su queste
condizioni si dovranno prendere in considerazione i farmaci.
Interventi farmacologici nel
trattamento dell'insonnia nell'anziano
Se si decide di iniziare una terapia farmacologica per il sonno dell'anziano, i
farmaci scelti dovranno essere valutati in merito alla tolleranza, all'insonnia
di ritorno (alla sospensione) e ai possibili disagi diurni.
L'azione dovrà essere di breve
durata, poiché se l'azione di un farmaco si protrae durante il giorno, l'azione
sedativa residua potrebbe essere dannosa tanto quanto l'insonnia. Inoltre, non
bisogna dimenticare che l'anziano trattato con farmaci per il sonno, spesso ha
la necessità di alzarsi la notte per urinare e potrebbe quindi presentare un
maggior rischio di cadute accidentali.
A tale propostito, la soluzione migliore sembrerebbe rappresentata da farmaci
basati sulla Melatonina, in grado di
sincronizzare meglio l'orologio biologico.
I farmaci attualmente più
utilizzati per il trattamento dell'insonnia nell'anziano sono le benzodiazepine. Le linee guida ne
raccomandano l'impiego per un tempo limitato (2 settimane) o con
discontinuità, per limitare gli effetti indesiderati come le compromissioni
funzionali descritte precedentemente. Tra gli effetti collaterali più segnalati
si hanno la sonnolenza diurna e le vertigini. E' utile ricordare che molti
farmaci utilizzati per facilitare il sonno hanno lunga emivita, rallentano i
riflessi e l'attenzione e agiscono come miorilassanti facilitando negli anziani
le cadute; oltre a questi effetti, se assunti a lungo termine, possono ridurre
le capacità cognitive (memoria procedurale) e possono dare assuefazione (ciò si
verifica con le benzodiazepine a breve emivita).
Si può affermare che l'uso di tali sostanze è sconsigliato per periodi
superiori alle due settimane e con continuità.
La melatonina è definita "A Sleep-Promoting Hormone"; la sua
somministrazione è abitudine consolidata in presenza di un disturbo del sonno,
soprattutto a livello di automedicazione.
La melatonina ha una concentrazione ematica almeno doppia durante la notte rispetto
al giorno. E' sintetizzata a partire dal triptofano, un aminoacido introdotto
nell'organismo con una grande varietà di alimenti.
La sua concentrazione ematica
diminuisce con l'invecchiamento fisiologico e ciò è stato correlato alle
alterazioni del sonno presenti in questa età.
La melatonina è utilizzata come
integratore alimentare, talora come vero e proprio farmaco, per la sua capacità
di indurre il sonno e di migliorarne la qualità.
Si prescrive di solito un
dosaggio di circa 1-3 mg/die.
E' disponibile una varietà "fast-release", che determina un rapido ed
elevato picco di melatonina circolante, agendo come un segnale circadiano in
grado di resettare l'orologio biologico, anticipando l'inizio del sonno; la
varietà "ritardo" induce livelli di melatonina più bassi ma più
prolungati durante la notte, modificando la durata ed il mantenimento del
sonno; se la formulazione contiene anche una frazione di melatonina rapidamente
disponibile il farmaco sarà ancor più maneggevole.
Solamente l'uso corretto dei
farmaci, prescritti dal proprio medico di fiducia o dal medico di base in
collaborazione con un esperto del Sonno, può ridurre al minimo i rischi.
L'uso di un diario del sonno e la
valutazione dei ritmi circadiani sembra comunque un primo, irrinunciabile passo,
per il trattamento di questo disturbo. polisonnografia.it.
La diagnosi dei disturbi del
sonno si basa innanzitutto sulla raccolta di una accurata anamnesi. E’ utile
richiedere la stesura di un “diario del sonno”: un registro di almeno due
settimane in cui la persona descriva il proprio sonno (il numero di risvegli
durante la notte, per quanto tempo ritiene di aver dormito eccetera) e le
abitudini nella veglia, come l’eventuale pisolino e l'attività durante il
giorno, l'uso di stimolanti, l’assunzione di ipnotici, il tipo di dieta o la
quantità di alcol giornaliera consumata, oltre al modo in cui percepisce il suo
stato d'animo e la vigilanza durante il giorno.
Per riconoscere i soggetti con
problemi diurni di sonnolenza è utile ricorrere alla
Epworth
Sleepiness Scale, scala a 8 punti che prende in considerazione varie
situazioni della vita quotidiana, per ognuna delle quali il soggetto deve
stabilire in che misura tenda ad appisolarsi o addormentarsi. www.ipasvi.it
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