Macron . Libia
Ma a differenza di quanto
sembrava il nostro governo non è affatto in ritirata. Anzi l'esecutivo di Paolo
Gentiloni - grazie alle strategie del ministro degli Interni Marco Minniti -
non solo risponde all'offensiva del presidente francese, ma riesce anche prevenirne
le mosse. E a vanificarle. Insomma costringe Macron a esibirsi in spettacolari
assalti all'arma bianca che però si rivelano strategicamente inconcludenti.
Tra questi la promessa, lanciata
ieri mattina, di aprire «entro questa estate» una serie di «hotspot» in
territorio libico. Gestire insomma dei centri di accoglienza, difesi, ça va
sans dire, da un corpo di spedizione francese, dove selezionare i migranti e
dividere quelli a cui spetta il diritto d'asilo in Europa a quelli irregolari
condannati al rientro nei paesi d'origine.
Una proposta pensata
espressamente per vanificare la missione navale in acque libiche annunciata
dall'Italia visto che il rastrellamento e la segregazione dei migranti nei
centri controllati dalle truppe francesi ne bloccherebbe l'arrivo sulle coste
rendendo inutili le operazioni della nostra Marina Militare. Ma come ammettono
da ieri pomeriggio le stesse fonti dell'Eliseo, il progetto è in verità un
bluff. Un bluff smascherato dallo scetticismo di politici, diplomatici e generali
d'oltralpe sconvolti dalla faciloneria di un Macron convinto di poter ottenere
da Tripoli e Tobruk il via libera a una missione militare sui propri territori.
Quel rigurgito di grandeur fa
però capire che il vero pomo della discordia è il via libera del premier Fayez
al Serraj alla missione italiana in acque libiche. Un pomo della discordia
maturato la scorsa settimana quando Minniti è riuscito a far digerire la
missione italiana ai capi tribù riuniti a Tripoli. Il sì delle tribù
rappresentava l'indispensabile salvagente promesso a un Serraj timoroso di
ritrovarsi defenestrato per mano dei capi milizia collusi con i trafficanti.
Proprio quell'intesa, subito segnalata dall'intelligence francese, ha innescato
la prima reazione di un Macron deciso ad allargare la sua sfera d'influenza
oltre i confini di quella Cirenaica dove Parigi opera al fianco di Haftar.
L'invito a Parigi e l'offerta a Fayez al Serraj di un accordo di pace - in cui
rientra un implicito patto di protezione in grado di metterlo al riparo non
solo da Khalifa Haftar, ma anche dalle altre milizie - rappresentava,
nell'ottica dell'Eliseo, la via migliore per mettere un piede nella trincea
italiana di Tripoli.
Ma l'inattesa tappa romana di
Serraj in cui è stata ufficializzata la richiesta d'intervento consegnata a
Roma già domenica scorsa (quindi con 48 ore di anticipo sul vertice parigino)
ha fatto capire a Macron che a Tripoli non c'era trippa per gatti. E così ieri
la doppia debacle ha costretto il presidente francese ad accettare l'onta di
una telefonata con Gentiloni sicuramente «rasserenante», ma indicativa della
precedente burrasca. Le tensioni con Parigi fanno anche comprendere perché il
governo abbia deciso di lanciare una missione tutta italiana anziché affidarsi
ad «Eunavfor Med» la missione europea progettata proprio per colpire i
trafficanti di uomini all'interno delle acque e del territorio libico.
Affidandosi a una missione a cui partecipa anche la Francia (negli ultimi due
anni ha messo a disposizione 7 unità navali) saremmo stati inevitabilmente
soggetti agli sgambetti e alle stilettate di un Macron che in Europa ha molto
più potere di noi. Dunque proprio per questo Gentiloni e Minniti hanno
preferito esporsi al rischio di un passaggio parlamentare. Un passaggio
parlamentare dove il nodo principale sarà far ingoiare a molti deputati del Pd
e alla sinistra delle regole d'ingaggio che assomigliano molto ai respingimenti
adottati nel 2010 da Berlusconi e Gheddafi.
E ancor più difficile sarà
spiegare quali siano le garanzie formali per i migranti riconsegnati con
l'ausilio della nostra Marina alle autorità di Tripoli. Anche perché la Libia
non ha mai firmato la convenzione di Ginevra sui rifugiati. ilgiornale.it28.7.2017.
Una forzatura giornalistica, un
equivoco, una fuga in avanti, difficile capire da cosa abbia avuto origine la
frase attribuita al presidente Emmanuel Macron sulla possibile creazione di
hotspot francesi in Libia nell'estate, ma queste parole sono bastate a
scatenare un incendio che l'Eliseo ha impiegato un'intera giornata a spegnere,
provocando anche l'irritazione dell'Italia ed un chiarimento. Una telefonata di
Macron al premier Paolo Gentiloni, per puntualizzare anche, dopo le polemiche
dei giorni scorsi, che la Francia "non ha voluto emarginare alcun partner
europeo, in particolare l'Italia, nella gestione della crisi libica". Ma
qualche puntino sulle i, a fine giornata, li ha voluti mettere anche la Commissione
europea, che ci ha tenuto a sottolineare come l'ipotesi di trattare le
richieste d'asilo nei Paesi terzi non sia proprio in agenda. Si lavora invece
ad un nuovo schema di trasferimenti in Europa ('resettlement') di 40mila
profughi da Libia e Paesi vicini, con un finanziamento dell'Ue da 40milioni.
Ricostruendo il film della giornata, in cui Gentiloni ha richiamato di nuovo ad
un "impegno comune" dell'Ue sui temi migratori, la 'bomba' Macron è
esplosa intorno a mezzogiorno, quando i media francesi hanno rilanciato:
"questa estate la Francia creerà degli hotspot in Libia" per
esaminare la candidature dei richiedenti asilo, attribuendo l'affermazione al
presidente, in visita ad un centro provvisorio d'accoglienza per richiedenti
asilo a Orleans. E proprio perché così inaspettata, l'affermazione ha gelato
molti anche alla Commissione europea, dove i portavoce, non sapendo che pesci
prendere, nell'immediatezza hanno preferito 'non commentare', in attesa di
sviluppi. Il premier Paolo Gentiloni ha subito reagito: "Noi abbiamo la
nostra agenda che ci impegna su accoglienza, discussione con le ong, e a
favorire la riconciliazione delle forze" in Libia. "Se poi c'è
l'impegno di tutti i paesi dell'Unione, tutte le iniziative sono benvenute ma
deve essere chiaro che i passi sono questi, le misure sono queste ed i problemi
di stabilizzazione non si risolvono in modo diverso". I campi là devono
essere gestiti dalle organizzazioni internazionali come l'Unhcr". Tempo
qualche ora, la responsabile francese per gli Affari europei Nathalie Loiseau è
intervenuta per circoscrivere l'incendio, chiarendo che Macron parlava di
centri realizzati in collaborazione Unhcr e Oim. Ovvero, quelli a cui sta
lavorando l'Ue. E solo alle 17,30 è arrivata la "netta smentita"
della Francia. A cornice finale, e per fugare qualsiasi dubbio, anche un
intervento ufficiale di Bruxelles, col responsabile alla Migrazione Dimitris
Avramopoulos che ha sottolineato "Francia e Ue seguono un approccio comune
sui migranti in Libia per evitare flussi spesso mortali nel Mediterraneo",
ricordando come sia basato sul lavoro "con le autorità libiche, per
migliorare la situazione dei migranti; assistere quelli irregolari bloccati che
vogliono tornare nei loro Paesi; ed aprire strade legali verso l'Europa
attraverso i reinsediamenti, per quanti necessitano la protezione
internazionale". Intanto la linea diretta tra il presidente Juncker e
Gentiloni resterà aperta durante tutto il periodo estivo, per far fronte
assieme a qualsiasi nuova emergenza. .ansa.it/sito/notizie/mondo/2017/07/27.
L’Ottimista. Macron lavora per
una Europa più unita a guida francese.