Diritto al sepolcro Quesito
Sono titolare di concessione di cappella gentilizia dove
attualmente è sepolto mio padre.
La convivente, ad avvenuta sepoltura, cambia la serratura
delle porte d'ingresso della cappella senza preliminarmente chiedere la
necessaria autorizzazione.
Ho proceduto ad effettuare formale denuncia presso la
locale Stazione Carabinieri e provveduto successivamente al cambio delle
serrature.
La convivente a seguito di ciò reclama il diritto di possesso
di una chiave d'ingresso della cappella tramite un suo Legale, per effettuare
le dovute visite.
Premetto che mio padre e la convivente anche se abitavano
allo stesso indirizzo non costituivano anagraficamente una famiglia in quanto
non inseriti nello stesso stato di famiglia.
Con la presente chiedo se è legittima la sua richiesta,
stante che la sottoscritta ha assicurato il diritto alle visite, ogni qualvolta
ne avesse fatto richiesta.
Ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità e si
rimane In attesa di riscontro.
Cordiali saluti Staff.comune.Melfi.ag.it
Risposta
La risposta al suo quesito dipende dal fatto che la
convivente possa dimostrare il rapporto di convivenza di fatto.
Il diritto secondario di sepolcro, infatti, spetta a
chiunque sia congiunto di una persona che riposa in un sepolcro e consiste
nella facoltà di accedervi in occasione delle ricorrenze e di opporsi ad ogni
sua trasformazione che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella
determinata spoglia e ad ogni atto che costituisca violazione od oltraggio a
quella tomba.
La Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ordinanza
n. 9178/2018 è intervenuta ancora una volta sul tema delle coppie di fatto e ha
sancito per la prima volta che si può essere coppia di fatto anche senza
convivenza.
Il problema nasce infatti dall’art. 1 comma 36 della L.
76/2016, una coppia di fatto per essere tale deve essere formata da due persone
che siano: maggiorenni, stabilmente conviventi e legati fra loro da
reciproca assistenza morale e materiale.
La legge non dice cosa possa succedere qualora la
coabitazione sia interrotta per motivi diversi dalla rottura
del menage familiare. Si pensi al caso in cui uno dei due conviventi
debba trasferirsi per lavoro in altra città, ma la relazione della coppia
continui a distanza, come pure l’assistenza morale e materiale fra i due.
Una interpretazione eccessivamente formalistica potrebbe
portare ad escludere l’applicazione della nuova legge, mentre si ritiene sia da
privilegiare una interpretazione che tenga in debito conto l’estrinsecazione
dell’affectio familiae, come pure il dispiegarsi nel tempo dell’assistenza
morale e materiale all’interno della coppia.”
La Cassazione ha ribaltato una sentenza della Corte
d’appello di Milano sancendo che vi sono situazioni in cui “può esistere una
famiglia di fatto o una stabile convivenza, intesa come comunanza di vita
e di affetti, in un luogo diverso rispetto a quello in cui uno dei due
conviventi lavori o debba, per suoi impegni di cura e assistenza, o per suoi
interessi personali o patrimoniali, trascorrere gran parte della settimana o
del mese, senza che per questo venga meno la famiglia”.
Si può essere coppia di fatto anche senza convivenza, anche
se non si vive sotto lo stesso tetto.
Si apre la strada a una interpretazione che potrebbe portare
a considerare conviventi di fatto anche coppie che abbiano residenze
anagrafiche differenti.
Secondo i Supremi Giudici, la convivenza è un legame
affettivo e duraturo, caratterizzato sì da reciproci impegni di assistenza
morale e materiale ma che prescinde sia da una coabitazione effettiva, sia dal
dato anagrafico, con la conseguenza che si può essere coppia di fatto anche
senza convivenza.
La residenza anagrafica comune sarà semmai strumento
privilegiato di prova per dimostrare il rapporto di convivenza di fatto. Ma, si
ribadisce, non potrà essere l’unica prova a sostegno della presenza di
tale formazione sociale.